Per anni abbiamo assistito a tifosotti del Milan scimmiottare ogni decisione arbitrale contraria nella loro assurda e sbagliata battaglia contro una società che ormai non c’è più. Ti derubavano ad Udine per un fallo di De Paul da rosso? Pazienza, meglio così – ragazzi si rischiava la Champions League con Galliani, non avrebbero mai potuto permetterlo. D’altronde, come ha ricordato Suma in uno dei suoi tanti video poco tempo fa, “non tutti nel 2012-13 erano contenti di andare in Champions“. Stavi pareggiando allo stadium e ti fischiavano un rigore inesistente contro al 97′? Pazienza, Galliani merda, giusto così, meritavano loro!
La cosa è degenerata ulteriormente perdendo Galliani, sia con la dirigenza Fassone-Mirabelli (che in lega è rimasta subito isolata con le proprie posizioni lontane da quelle delle altre big, vedasi il famoso Canale della Lega) sia dopo con Scaroni che tutto è tranne un vecchio volpone della politica calcistica. Si continua a pensare, erroneamente, di ridurre il calcio ai 90′ nel rettangolo di gioco dimenticando che le partite vengono anche e soprattutto decise fuori dallo stesso.
A controllare la stampa sportiva in Italia è rimasta solamente la Juventus in una escalation di sistema che è ormai sotto gli occhi di chiunque non abbia del prosciutto davanti. La Juventus perde? Fa niente, impara qualcosa. Vince? Parte il magnificat. C’è un avversario davanti? Lo si destabilizza. Icardi? Vergogna a metterlo fuori rosa. Manzdukic? Non esiste, sparito, come Iaquinta. Fassone provò ai suoi tempi a concedere gratuitamente due accrediti in tribuna ai caporedattori dei giornali per tenerseli buoni e accrediti vari alle altre testate fin tanto che si tenevano ‘almeno non ostili’ al Milan (ricordatevi del blog che non pubblicò l’intervista ad Intrieri perché era stato minacciato di ritiro accredito) ma non ottenne onestamente nulla (anche perché le posizioni di miracolosi soldi da miniere di fosforo e 200 milioni di ricavi dalla Cina erano difficili da sostenere di fronte ai fatti). Avremmo potuto, ovviamente, avere anche noi due accrediti facili in quel periodo ma la nostra dignità a differenza di quella di altri siti non era in vendita. Il tempo poi ci ha dato ragione.
E qua arriviamo ad Elliott. Come ben sapete Elliott come primissima cosa, nell’agosto 2018, chiede a Galliani di tornare al suo posto, ma lui senza Berlusconi non si muove. Vengono suggeriti (da lui) due nomi: Gandini e Gazidis. Si era proposto anche Marotta che Agnelli stava cercando di far fuori dopo il no a Ronaldo (che sta costando ai gobbi più dei ricavi che porta) e il Milan gli ha sbattuto la porta in faccia. Delle tre scelte Elliott ha fatto una scelta ‘da Elliott’ ovvero quella senza la minima lungimiranza nella parte sportiva. In Italia il calcio è soprattutto equilibri e conoscenze: Gandini e Marotta sarebbero stati sicuramente più avvoltoi in lega – basti vedere come è cambiata l’Inter con occhio vispo da un anno a questa parte e quanto è stato decisivo nella trattativa Conte.
I piccoli effetti di questa cosa? Guardateli, ad esempio, nel calendario: il Milan ha giocato due volte l’infrasettimanale al giovedì (mai vista prima una cosa del genere) arrivando al posticipo domenicale contro Fiorentina e Lazio (non certo Verona e Genoa, con tutto il rispetto) con un giorno di riposo in meno dell’avversaria (no, non è stato concesso il lunedì in entrambi i casi, strano). Andiamo invece a vedere la situazione disciplinare: il Milan ha 51 cartellini gialli (più di tutti) e 5 cartellini rossi (più di tutti), di questi solo 39 sono derivanti falli fatti. Il Milan primeggia nei cartellini per ‘other’ – ovvero tutto ciò che non è un fallo, con 16. La Juventus ne ha presi 5 e non è un mistero che i fischietti in giallo abbiano un occhio di riguardo per i bianconeri ogni volta che vanno a muso duro o sfanculano il direttore di gara. La difformità di giudizio, ad esempio, tra Bonucci e Romagnoli nelle ammonizioni per proteste, è evidente.
Andiamo a vedere la statistica alla voce ‘falli’. Il Milan è a metà classifica: decima, con 14.8 falli a partita. Gli stessi di Roma, Udinese e Cagliari. L’Inter è seconda con 15.3 e la Juventus 16esima con 13.9 (grazie, non gli fischiano mai niente contro…). La Roma ha però ricevuto 37 gialli e 4 rossi, l’Udinese 36 gialli e 3 rossi, il Cagliari 43 gialli e 2 rossi. I numeri che non mentono mani mettono quindi il Milan (una squadra a metà classifica per falli fatti) ricevere un cartellino ogni 4,2 falli simile solo alla Lazio (4,3) mentre trattamento diverso è riservato a Napoli (5,0) Roma (5,8) e Inter-Juventus (addirittura 6,0). L’importanza dei gialli è fondamentale, riceverli il più tardi possibile (qualcuno ha detto Pjanic?) permette di essere più aggressivi a centrocampo rispetto all’avversario. Se voglio favorire una squadra piuttosto che l’altra basta riempire di gialli al primo fallo il centrocampo. (Oh, la Roma è quella dello scorso anno, sesta, più Spinazzola: stai a vedere che pagare le tasse a volte serve….)
Perché quindi succede questo? Per una dirigenza innanzitutto incapace di mettere pressione mediatica sull’arbitro dopo le partite. Abbiamo visto settimana scorsa la Juventus lamentarsi del direttore di gara in una partita persa con due rigori negati alla Lazio. Ci vuole sempre la faccia di bronzo dopo la partita per mettere pressione e far si che l’arbitro non sbagli contro di te. Questo alla Continassa lo fanno da sempre con la complicità dei giornali che mettono insufficienze a raffica al direttore di gara quando la Juventus non vince (vedasi Lazio e Sassuolo) giustificandolo, invece, quando vince grazie ad episodi dubbi (vedasi Genoa ed Atalanta). Lo ha sempre fatto anche Marotta e lo fa anche Conte. Solo noi non facciamo mai niente. Se l’arbitro che arbitra il Milan non va in campo sapendo che se sbaglia a fischiare si troverà la dirigenza incazzata nera e i giornali a bocciarlo, fischierà sempre a mente libera contro il Milan. Non avrà mezzo pensiero sull’annullare un gol dove al terzo replay ancora non si capisce se Kessie la tocca di mani o col petto o a non rivedere al VAR un fallo di mano evidente in area. (Se non ve ne siete ancora resi conto il VAR si è trasformato in nemmeno sei mesi in un nuovo strumento per falsare le partite, con alcune squadre si applica solo in un senso, con altre sono in un altro).
Purtroppo al Milan sembrano non imparare la lezione: meno sorrisi, più facce cattive. Per tornare in Champions League non bastano i giocatori ma bisogna anche combattere un noto potere che vuole il Milan fuori dalla coppa il più possibile per evitare il ritorno di un’avversaria credibile (e che ha sguazzato finché le rivali erano le provincialissime Napoli e Roma). Lo stesso potere che ci ha negato i rigori netti lo scorso anno in Sampdoria-Milan, Juventus-Milan e Roma-Milan o che ha spostato a sorpresa Juventus-Atalanta dopo Milan-Frosinone per capire se in quella partita andava concesso un punto o meno ai bergamaschi – il tutto negando il rinvio al Milan della propria partita. D’altronde sappiamo bene che con 70 milioni ed una coppa in più anche i ricavi commerciali salirebbero di conseguenza, con una crescita simile all’Inter nei prossimi due anni.
Concludo con una riflessione: quale è stata la differenza tra le rincorse Champions League 2012-13 e 2018-19? Che nel girone di ritorno del 2012-13 i rigori a nostro favore sono stati dati tutti, senza esitare mentre nel 2018-19, invece, no. Quando sia i tifosi, sia i piani alti dirigenziali lo capiranno allora il Milan potrà fare la sua battaglia ad armi pari con chi sta lassù. Fino a quel momento potremo invece godere di gonzi a cui piace farselo mettere in quel posto che pretendono i palloni d’oro in squadra per poter battere il Sassuolo.
P.s. lo sapete che in Parma-Milan sullo 0-0 è stato negato un rigore netto su Bonaventura, sparito da tutte le moviole, dai replay e mostrato solo a Tikitaka in tardissima notte? No? Ecco, ora lo sapete.