Il coraggio di fare delle scelte

niangL’estate 2013 era stata presentata come quella del “progetto giovani”, e al raduno di Milanello i punti di riferimento erano Mario Balotelli (che, ricordiamocelo, è pur sempre un ’90) e Stephen El Shaarawy, la scommessa era M’Baye Niang, gli innesti si erano chiamati Saponara, Poli e Vergara e le novità dalla Primavera Vergara, Cristante e Gabriel. Fin qua tutto bene. Un anno di transizione, in cui svecchiare e rifondare una squadra che, priva dei necessari punti di riferimento per il progressivo e fisiologico stillicidio di senatori, stava andando allo sbando, ci può stare; a patto, però, che il comportamento, in campo e fuori, della squadra fosse quantomeno dignitoso, e che la scelta venisse seguita fino in fondo da tutte le parti. 

Ma qualcosa, in questa catena, non ha funzionato. Come fin troppo spesso in questi quattro anni, il primo problema è stato Massimiliano Allegri. Da un lato si è fossilizzato sui suoi pochi fedelissimi (leggasi Muntari a discapito di Poli), ignorando bellamente i giovani che scalpitavano (Cristante, Vergara dopo un paio di uscite infelici nel precampionato), buttandoli dentro alla carlona come estrema risorsa (Saponara, riesumato casualmente per il derby), accettando che venissero ceduti in prestito o mandati via (Petagna, ma soprattutto, a gennaio, Cristante) e soprattutto inserendoli senza alcun criterio in un contesto di gioco che evidentemente non è il loro, senza trovare alcuna soluzione per agevolare il loro ambientamento in prima squadra – il caso di Gabriel e Niang, i quali, a mio parere, sono e restano due giocatori dalle ottime potenzialità, che però hanno bisogno di essere inseriti gradualmente per crescere.

Dall’altro, nonostante il delicato equilibrio in avanti e le promesse di dare fiducia ai giovani, ha letteralmente preteso dalla società, in tempi di vacche magrissime, un lauto esborso per il proprio pupillo Alessandro Matri, non inutile ma deleterio per i meccanismi di gioco rossoneri. Inoltre, ha trascurato la componente umana, fondamentale per ragazzi che si affacciano al successo ancora adolescenti: non ha mai dato la giusta motivazione, né li ha saputi guidare sulla retta via, invocando magari l’aiuto dei più esperti – in un ambiente più serio mai Niang avrebbe potuto permettersi un giro in macchina a 17 anni con annessa sceneggiata del “sono Traoré”, mai i giocatori avrebbero passato il pomeriggio prima dell’ultima, decisiva partita di campionato a trastullarsi su Twitter.

Ovviamente, la responsabilità di quello che, già a gennaio, può essere letto come un fallimento del progetto giovani rossonero (che sembra già in smobilitazione, lasciando spazio all’arcinota politica degli sconti da amici e dei parametri zero), non è solo del nostro futuro ex allenatore. Milan Lab e il gruppo di preparatori atletici rossoneri si sono dimostrati incapaci di calibrare i carichi di lavoro per fisici ancora delicati e particolarmente da curare, e il rischio è quello di ripetere con El Shaarawy gli stessi errori compiuti su Pato (pompato eccessivamente nelle prime fasi, alcune ossa non hanno retto), nonché di cronicizzare (come peraltro avvenuto negli anni precedenti con Kakà) i problemi di Saponara.

Ma sembra che nessuno in via Aldo Rossi abbia voglia, per pigrizia, per mancanza di fondi o per semplice quieto vivere (e propendo per questa ipotesi) di effettuare dei cambiamenti radicali, sia sul piano dell’allenatore che su quello della preparazione fisica. I giovani che arrivano a Milanello sono spesso dei diamanti grezzi: basta saperli lavorare con cura, o il rischio è quello di sprecarne buona parte, o di osservarli, impotenti, brillare in altri palcoscenici. Ma affinché ciò avvenga serve il coraggio di rifondare, e di farlo radicalmente. La dirigenza del Milan è composta di persone capaci, che in altri frangenti hanno avuto tale lungimiranza – e penso al nostro Amministratore Delegato: il mio appello è soprattutto a lui, affinché faccia sì che, in concomitanza con l’arrivo di un ottimo DS come Sean Sogliano, l’estate del 2014 sia quella giusta.