Stavolta non ce l’hanno fatta

Quando nell’estate 2006 il Milan cedette Shevchenko al Chelsea per una cifra da capogiro gli abbonati del Milan passarono da 50mila a 37mila. 13 mila persone fecero disdetta nonostante un secondo posto, una semifinale di champions league e la prova di fronte a tutto il mondo che gli ultimi due scudetti non li avevamo persi ma ce li avevano rubati. E invece niente, 13mila persone si comportarono come dei bambini che piangevano perché gli avevano tolto il giocattolino – e non tornarono. In parte salirono sul carro della Champions – tornando a 43mila abbonati nel 2007-08 – ma 7 mila rimasero persi.

E’ stato quello, per me, l’inizio della fine del Milan in un calcio che si avviava verso i petroldollari e il ffp. Un tifo molto umorale, capitanato da capi curva che persi biglietti ed ingressi gratis non vedevano l’ora di introdurre movimenti poco evoluti per contestare una delle migliori proprietà e dirigenze della storia del calcio mondiale. Dopo Shevchenko potevano e dovevano partire Gattuso, Ambrosini, Seedorf, Nesta, Inzaghi – tutti giocatori che erano plurivincitori di Champions League e su cui il Milan ha fatto la bellezza di 0€. Quegli 0€ che nel 2012-13 hai poi pagato quando hai dovuto rimpiazzare tutto il patrimonio tecnico senza aver incassato niente.

Dopo Shevchenko arrivò Ronaldinho – uno dei migliori giocatori di sempre. I 7mila tornano? Per niente – nella stagione 2008-09 gli abbonati sono “solo” 42mila (e ai tempi non c’era limite). E poi arriviamo – appunto – al caso Kakà. Un giocatore che il Milan aveva ceduto a Gennaio 2009 per una cifra assurda e che si è impuntato per andare al Real Madrid – non al city. Nonostante una cessione ottima, perché Kakà non sarà mai più quello del 2007 (e in Champions league il Milan va subito a vincere a Madrid!) gli abbonati crollano da 42mila a 27mila.

15mila bimbiminchia capricciosi. Questo il prezzo per un affare ottimo che il Milan ha dovuto pagare al botteghino in un momento storico in cui in Serie A l’Inter andava a vendere Zlatan Ibrahimovic al Barcellona e nonostante questo vedeva crescere i suoi abbonamenti da 38 a 40mila. I tifosi di Inter e Juventus hanno capito molto prima di quelli del Milan come funziona il calcio moderno e che non esistono più le bandiere. 20 anni prima.

Gli abbonati di Kakà, quei 42mila, non torneranno mai più. Nel 2010-11 gli abbonati sono 29mila e nella prima parte di stagione – nonostante il Milan prenda Ibrahimovic – lo stadio va deserto. In quel famoso Milan-Lecce in cui Ibra si presenta a Milano ci sono solo 37mila spettatori in una stagione in cui raramente si passano i 42mila (ad eccezione dei big match). Lo stadio si riempie solo alle ultime in casa: Sampdoria (60mila), Bologna (74mila) e Cagliari (80mila) che arrivano dopo il famoso derby del 3-0 che di fatto decide il titolo. Insomma, uno dei più grandi salti sul carro del vincitore che la storia ricordi.

Abbiamo vinto lo scudetto dopo 7 anni, preso Ibra al posto di Kakà, i tifosi tornano? Ma nemmeno per idea! Il Milan campione d’Italia nel 2011-12 fa solo 31mila abbonati con una media intorno ai 40mila a partita. Dopo le cessioni estive del 2012 gli abbonamenti calano a 24mila, scendono a 19mila fino ai 16mila del 2016-17, anno della cessione. Proprio sotto Fassone-Mirabelli grazie ad un mercato che non aveva senso tecnicamente ma grattando la pancia al tifoso e cambiando la comunicazione si passa da 16mila a 34mila. Rimangono 30mila il primo anno di Elliott e 32mila il successivo.

Arriviamo quindi alla stagione 2022-23, la prima dove dopo la pandemia tornano gli abbonamenti. Una campagna che il 2 settembre 2023 va tutta esaurita con i 41.500 tagliandi esauriti con la squadra campione d’Italia e di fronte al mercato deludente. La stagione sappiamo come è andata: malissimo. Una semifinale persa malamente ottenuta grazie a sorteggi agevolati, un quinto posto in campionato sul campo e un rendimento da metà classifica da gennaio in poi. Alla fine di questa stagione arriva quindi, poi, la cessione di Tonali dopo la cacciata di Maldini.

Sulla cacciata di Maldini avevo già scritto cosa ne pensavo un mese fa – sulla cessione di Tonali, una cessione sacrosanta per una trattativa intavolata dall’agente a cui il Milan non poteva rispondere no i media, notoriamente nostri amici come l’algoritmo dei calendari, avevano subito ricominciato a partire col giochino. Dai riproviamo, riproviamo a seminare malcontento tra la tifoseria, riproviamo a svuotargli lo stadio avendo tifosi che fischiano ad ogni pallone perso, così tornano a perdere punti in casa, come qualche anno fa.

Non ce l’hanno fatta. Gli abbonamenti del Milan sono andati sold-out all’8 luglio. Con due mesi d’anticipo rispetto alla scorsa stagione, da campione d’italia in carica. Non ce l’hanno fatta. Non so cosa sia successo e francamente non me lo aspettavo – ma pare che il tifoso del Milan si sia finalmente evoluto e abbia iniziato a capire come funziona il calcio nel 2023. Un calcio dove per vincere devi avere il coraggio di muoverti, sacrificare e provare a rimpiazzare chi hai perso.

E’ proprio per questo che apprezzo la scelta del Milan di sacrificare un big a mercato per rimanere competitivi. Theo, Leao, Maignan partiranno prima o poi. Così come ai tempi partirono Suso e Piatek, i due migliori della squadra, e con quei soldi si prese altro. Usciamo da una stagione deludente e la risposta non può essere un colpo mediocre come De Keteleare senza cedere nessuno perché un dirigente che mette il suo ego davanti al Milan non vuole subire danni di immagine. (Salvo poi lamentarsi che non ha budget – nonostante nessuno ha speso più di noi in cartellini negli ultimi cinque anni).

Attenzione: questa scelta è un all’in. Può anche andare male. Ma è il coraggio di farla che fa la differenza – il coraggio di puntare a rivincere e non a cercare di vivacchiare toccando il meno possibile l’organico che ha vinto. Una cosa che già ci è costata nel 2007-12, ma a quei tempi era anche questione di popolarità del presidente del Consiglio in carica viste le reazioni dei bambini di 3 anni a cui tolsero il giocattolo. Oggi è una questione ancora più vitale per sopravvivere visto che il nostro calcio è ben lontano dalla Premier League e non può offrire certi ingaggi a meno di non rialzare quelli di mezza squadra.

I tifosi lo hanno capito e ci saranno nuovamente al botteghino. E’ questo il primo passo che fa ben sperare per la stagione.