Sono passati 14 giorni dallo scudetto e la situazione è ancora frizzantina. Opinionisti e tifosi avversari sono sul piede di guerra, si continua a parlare di Leicester e di miracolo quando in Italia non si è capaci di non riconoscere progressi e duro lavoro. Siamo il paese che più bolla un giocatore nei primi mesi e rimane attaccato a quei pregiudizi qualunque cosa faccia – basti pensare al cyberbullismo partito da account fiorentini (tra cui la parodia di un ex-allenatore della Sampdoria) su Montolivo, poi ripreso a Milano, per fare un esempio.
Il Milan quest’anno in Italia non è stata una squadra qualunque, è stata LA squadra che ha rotto il sistema. Ha scombussolato le redazioni da sempre orientate tra Juventus (squadra degli editori) e Inter (squadra dei redattori) – le stesse redazioni che ci tengono ogni volta che c’è Juventus-Inter a ricordare che quello è il derby d’Italia, in pura chiave anti-Milan, fosse anche la partitella di 15 minuti del trofeo Tim.
Il Milan si è permesso di fare mercato senza fare plusvalenze fasulle da società amiche e senza mandare avanti le velinate per far preparare i peana e i magnificat che ad esempio stiamo leggendo da Beppe Marotta in questi giorni, il quale si sta preparando più ad uscire come eroe da una situazione difficile che a fare un vero mercato per la nostra ex-competitor.
Non si spiegano come senza articoli a supporto, invenzioni di società che offrono milioni di miliardi per un Rugani o un Pinamonti qualunque i giocatori del Milan siano forti e valgono – e arrivano offerte vere, dall’Europa, non dall’Italia che ovviamente non vengono mai riportate. Un anno fa prima di andare su Hakimi, ad esempio, furono offerti 70 + Draxler al Milan per Theo Hernandez – ed è inutile che vi stia a dire cosa è arrivato su Leao da Gennaio. Le offerte per i giocatori del Milan non si devono sapere perché i giocatori del Milan devono passare come scarsi ed inadatti rispetto a quelli del Bayern Monaco Italiano (quando la realtà, come vi avevamo raccontato nel post precedente, è ben diversa).
Non si spiegano Stefano Pioli – perché quando uno rimane un perdente nell’immaginario collettivo lo resta sempre – ad esempio, Ancelotti ha dovuto vincere 2 Champions e uno scudetto prima di essere visto diversamente e per qualcuno Interista/Napoletano è ancora sostanzialmente un allenatore con molta fortuna che gioca un calcio vecchio di 20 anni. Pioli è stato presentato come il normalizzatore rispetto alle vaccate di Giampaolo e faceva già intravedere qualcosa nei primi giorni nonostante le vedove del tecnico più difensivista e scarso che il calcio ricordi e un Leao che ancora non aveva subito il “trattamento Ibra”, non saltava un uomo e sembrava la brutta copia di Niang.
Pioli si è dimostrato un allenatore che a differenza dei suoi colleghi non si fissa sul suo stile di gioco, ma cambia ed assimila dalle avversarie, italiane ed europee. Il Pioli di fine stagione non è quello di inizio stagione e per ben due volte quando è arrivato il momento della resa dei conti, mentre molti colleghi si affiderebbero a quello che è andato meglio finora, lui ha rivoluzionato due volte la formazione: l’anno scorso inserì Diaz al posto di voi-sapete-chi sulla trequarti, quest’anno dopo un’alternanza Kessie-Diaz ci ha messo Krunic.
Lo stesso Pioli è migliorato nel girone di Champions League dal quale ha portato in Italia il concetto di pressing alto con tutta la squadra, esasperandolo forse sempre di più nelle versioni che abbiamo visto a Bergamo, a Roma e riprendendolo nella parte finale della stagione. Quelle che qualcuno definiva “scansate” erano semplicemente squadre messe sotto tatticamente, incardinate nel loro dogma della costruzione dal basso e incapaci di rinviare un pallone per come il Milan era messo tatticamente e atleticamente in campo.
Le partite contro Lazio, Fiorentina, Verona ed Atalanta – ma anche quella col Sassuolo – sono e rimangono un esempio da applaudire. Due soli gol concessi contro squadre che si giocavano l’accesso all’Europa, un abisso visto in campo in quattro su cinque (solo con la Fiorentina – che aveva messo il Milan in difficoltà all’andata – c’è stato equilibrio). Sono invece state ridimensionate, quasi fatte dimenticare o cancellate troppo presto da chi aveva interesse mediatico ed economico a narrare la seconda stella degli amici di famiglia.
A proposito di costruzione dal basso, lo stesso Pioli ha saputo evolversi ed uscire dal dogma Guardioliano senza il quale sembra che non si possa giocare a calcio nel 2022 – contro le squadre di cui sopra lo ha detto lui stesso che sapendo che queste pressano alto era importantissimo qualche lancio lungo in più e se hai un portiere come Maignan in porta lo puoi fare mentre con quello precedente no.
E’ stato Pioli un allenatore perfetto? Tutt’altro: senza il cambio fondamentale nelle ultime cinque (che io onestamente chiedevo prima) non avremmo vinto il titolo e sarebbe stato giusto pensare ad altro per l’anno prossimo, gli ho anche rimproverato aver usato poco Kalulu e Tonali (vi ricordate che non giocava mai più di 45-50′ fino a dicembre?) nel girone d’andata – ma poi nel calcio contano i punti che fai e quei punti oggi sono 86 e potevano essere di più (vero Serra e Massa?) e sono tutti punti conquistati giocando un calcio bello da vedere e vicino più a quello europeo che a quello Italiano.
Il Milan ha vinto un campionato giocando bene: questo non succedeva in Italia da anni, probabilmente dallo stesso Milan di Ancelotti. Mancini, Mourinho, Allegri, Conte sono stati i soli quattro tecnici campioni dal 2006 al 2021 – due con squadre diverse e tutti con un calcio che pensava prima a non prenderle, culminando nell’anno di palla a Lukaku e speriamo che dio ce la mandi buona. Pioli ha invece portato la supremazia territoriale, il baricentro alto e tutto questo concludendo comunque con la miglior difesa – addirittura con un dato esagerato nel girone di ritorno, dove il trend Milan si era consolidato ancora di più.
Continuano a parlare di Leicester perché oltre al Milan non hanno capito nemmeno il Leicester. Il Leicester quell’anno aveva Mahrez e Kanté a centrocampo ed era allenato da un allenatore Italiano – ovvero allenatori che non si piegano a concetti estremi per il loro ego e sanno mettere in campo la squadra migliore possibile in quel momento: non è un caso che sia Conte che Ancelotti andati in Premier la vinsero al primo anno e persino Mancini riuscì a portare la vittoria del primo scudetto al City.
Ranieri ha semplicemente usufruito delle prestazioni di due tra i migliori giocatori della Premier che sarebbero diventati star di lì a poco – non è un caso che lo stesso Mahrez quell’anno fece 17 gol oltre a propiziarne molti di Vardy che è comunque un attaccante che è sempre andato in doppia cifra. Tre giocatori così come lo sono stati da noi Maignan, Theo Hernandez e Leao sono bastati per aprire un gap e vincere – così come sono bastati Hakimi e Lukaku un anno fa.
La differenza tra una piccola ed una big – o chi comunque aspira ad esserlo – rimane nel vendere i giocatori dopo che si è raggiunto un traguardo che mancava da anni. Insomma, il Leicester d’Italia è stato chi ha smantellato dopo aver vinto lo scudetto – un miracolo sportivo sul campo e nei bilanci.
Ai tifosi dico quindi di stare tranquilli e non credere a mezza parola di quello che vi stanno dicendo: da questo mercato noi ne usciremo rafforzati e la nostra ex-competitor a meno di un nuovo miracolo (quello sì, miracolo, non il nostro) combatterà con le romane per il quarto posto nonostante la si metta favorita per il titolo per far passare il nostro come miracolo. Guardate invece alla Juventus con preoccupazione – loro sì hanno una proprietà che se falliscono mette soldi per risanare e comprare giocatori. L’anno prossimo tornerà il derby d’Italia – ma quello vero.