We Are Ac Milan – Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi vanno ad Orlando

il-ritorno-di-kaka-a-san-siroStavolta sono deluso, per davvero. Kakà se ne va. Di nuovo. E stavolta è per sempre. Lo fa per lo stesso motivo per cui  se ne era andato via cinque anni fa: soldi. Non sono mai troppi, vero? Lo fa per scelta propria, esercitando una clausola da lui voluta – affinché nessuno punti il dito, stavolta, sulla società come erroneamente fatto 5 anni or sono. E lo fa  nel modo peggiore ovvero passando un intero mese in Brasile a vendersi al miglior offerente. Sono deluso, davvero, perché ha dimostrato che questa maglia per lui non vale più nulla – non è voluto tornare al Milan per cercare di riportarlo in alto ma solamente per un obiettivo personale: prendersi il mondiale 2014 – obiettivo fallito. Poteva, al Milan, essere ancora un giocatore importante, essere un uomo-spogliatoio, essere uno dei senatori e far capire ai giocatori di oggi cos’è il Milan dato che molti, tifosi compresi, sembrano essersene dimenticati. E ha mandato tutto all’aria per qualche milioncino in più.

E’ stato comunque un anno bello ed emozionante – ho pianto al suo primo gol, quello alla Lazio, è stato come tornare indietro ai tempi in cui si vinceva, e si vinceva parecchio. Quando si è trattato di metterci il naso in partite importanti lui c’era. Sempre. Soprattutto in quelle di notte, con la musichetta. E’ stato l’ultimo ad arrendersi al Camp Nou, è stato l’ultimo ad arrendersi a Madrid quando fummo massacrati dall’Atletico. E’ stato comunque un buon affare – e mi dispiace che vi siano stati dei tifosi che han sputato su di lui durante quest’anno solamente poiché arrivato in questo mercato. Facciamo un breve bilancio? Con soli 4 milioni di ingaggio e 0 di cartellino abbiamo portato a casa un giocatore che ha portato a casa 9 reti in 37 partite, meglio del primo anno a Madrid e del secondo anno al Milan. In calo, non come ai vecchi tempi, ma sicuramente non bollito, non finito, e che potrebbe ancora insegnare calcio a tutti gli altri componenti della squadra.

Mi dispiace che finisca così. Avrei voluto vederlo in campo fino alla fine. Avrei voluto vederlo da noi, con la fascia, a fare da esempio per gli altri. Hanno prevalso ancora una volta i soldi – quel Milan in cui una volta i giocatori si riducevano l’ingaggio per venire (vedi Crespo 2005) e per restare non c’è più. Oggi il volto del Milan è De Jong – un giocatore per quanto forte che non mi avrebbe mai entusiasmato 4 o 5 anni fa – un giocatore che più che sull'”AC Milan” lo vedrei bene sulla locandina del Film “i mercenari”. Perché questo, oggi, siamo diventati – siamo diventati come tutti gli altri e quando manca senso di appartenenza, quando si pensa solo al bonifico nel portafogli a fine mese i risultati sono questi. Persino Inter e Juve, oggi, hanno dei giocatori con più senso di appartenenza alla maglia dei nostri. E i tifosi ci stanno, anzi a De Jong vorrebbero pure dargli la fascia – io la fascia la lascio orgogliosamente a Riccardo Montolivo, uno che questa maglia l’ha voluta, che per questa maglia si è fatto un anno di panchina a Firenze, che per questa maglia si è messo davanti a tutto e tutti, allenatore compreso.

A proposito di tifosi ed allenatori questa settimana abbiamo assistito al linciaggio via social network da parte dei soliti – consentitemelo – quattro sfigati prima a Tassotti, poi a Pazzini, quindi a Poli, infine a Zapata per qualche sfogo contro la gestione di Seedorf. Invece di accusare cani e porci  sarebbe il caso di farsi due domande. Invece di mettere l’allenatore sul piedistallo e renderlo intoccabile, come fatto con Allegri, sarebbe il caso di chiedersi se un allenatore che fa 35 punti venga mandato via per mancati risultati o per motivi comportamentali. E quando vedi che il suddetto allenatore fa causa alla società per una cosa perfettamente prevista nel calcio, come un esonero, con l’obiettivo di avere i soldi, sempre quei maledetti soldi, tutti e subito per poi andare a svernare sulla panchina dei cugini per ripicca ecco che continuare con certi hashtag diventa oltremodo ridicolo. La mia idea su Seedorf continua a cambiare di giorno in giorno, mano a mano che trapelano nuovi particolari. Sono quasi convinto che questa situazione se la sia cercata da solo una volta che si è scoperto inadatto ad allenare – ovvero dopo Atletico e Parma quando si è trovato uno spogliatoio spaccato in due e senza l’intervento di Galliani che lo ha ricompattato garantendo prima l’esonero insieme a Berlusconi nella famosa cena di Arcore poi intervenendo direttamente in formazione (Montolivo per Birsa col Catania) quei 35 punti sarebbero stati al massimo 13, 14 o 15.

Il tempo, come sempre, sarà galantuomo. Certo che leggere tifosi di una squadra augurarsi che un soggetto terzo gli spilli più soldi possibili è un po’ triste. Leggere tifosi di una squadra insultare chi per quella squadra ha dato ogni singola ora della propria vita da 20 anni definendola “spia della società nello spogliatoio” ancora di più. Ma ormai, questo tifo, riflette una squadra i cui giocatori hanno perso ogni senso di appartenenza alla maglia per cui non c’è da stupirsi più di tanto. Basta coi mercenari, basta con le banderuole – ridatemi il mio Milan e i suoi tifosi.

L’articolo originale su Milanorossonera.it