L’Atletico Madrid del pre-Simeone è una squadra abulica, destinata a vivacchiare nell’ombra dei due colossi Messialona e Cristiano Real, godendo solo sporadicamente di comparsate europee e briciole di coppa. Forti però del proprio scouting e settore giovanile sono riusciti in tempi recenti a consegnare al calcio due fenomeni come Torres e Aguero, giocatori che da soli hanno trascinato i biancorossi e permessogli di non finire nel dimenticatoio delle squadre ormai mediocrizzate.
Torres e Aguero ora sono solo storia per l’Atletico, difficile rimpiangerli dopo le annate di Falcao e Diego Costa, ma soprattutto difficile rimpiangerli da quando a comandare le fila dei Colchoneros c’è tale Diego Pablo Simeone Gonzalez, per tutti il Cholo.
Si perchè il Cholo rappresenta il prototipo dell’allenatore perfetto, quell’allenatore che spreme i giocatori fino al midollo perchè per lui il calcio è una guerra. Una guerra che però non prescinde dalla tattica, e dalla tecnica. Si, tecnica, perchè l’1v1 difensivo dei giocatori dell’Atletico nessuna squadra al mondo può e riesce a farlo. La squadra del Cholo si schiera con un 4-4-2 totalmente agli antipodi del classico modulo che tutti identifichiamo. La fase difensiva è genio puro, è intuizione, è qualcosa di mai visto prima d’ora. Il baricentro dell’Atletico, infatti, è bassissimo e a differenza di quello che si può pensare di una squadra aggressiva è il pressing che, de facto, è inesistente. Linee vicinissime tra loro e gioco verticale impossibile per gli avversari, qualcosa di difficilmente attuabile e insegnabile, non per il Cholo e per i suoi giocatori. Giocatori che vengono plasmati da lui e per lui. Il lavoro di Simeone è infatti minuzioso, maniacale e zeppo di dettagli. Dettagli che gli permettono di arrivare a risultati devastanti. L’impostazione di gioco avviene centralmente, dove i due metodisti sono sempre aiutati dall’ala destra o sinistra, con la controparte speculare che va invece a inserirsi tra le linee per supportare due attaccanti classici.
Il gioco sulle fasce è bello da vedere anche per occhi inesperti ed è soprattutto efficace, con movimenti sincroni che trasformano la squadra costantemente in un 4-3-3; un po’ lo schizzo teorico e vaneggiante di quello che ha provato a fare il Milan senza avere però metodo, calciatori e intensità. Insomma, un po’ come voler costruire una macchina avendo a disposizione due assi di legno e non sapendoli neanche unire tra loro. L’esempio è quello giusto, una società modello Atletico è quanto di più positivo ci si può augurare allo stato attuale dove per il milanista avere un undici che si suda la maglia sputando sangue a ogni partita è tanto utopistico quanto, mai come ora, anelato.
Apr 16
8 commenti
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Infatti in Milano lo allena Broccoli non il Cholo.
Usciamo dalle ultime diatribe su Mihajlovic che, questa la sua colpa, non è riuscito a mettere insieme i cocci di un vaso di Pandora che si era rotto. Quel ‘dono di un dio’ si era dissolto con la fuoriuscita degli ultimi importanti giocatori donati dal ‘dio pallone’ al Milan. Il patron ha tentato di sostituirsi ‘all’immenso’ ma lui è umano anche se un po’ megalomane. Può aver ragione su Christian Brocchi? Forse si perché per me il ‘broccolo’ vede il calcio in modo più positivo di Simeone. Se prendo ad esempio il torneo, giocato quest’anno nel girone B, dai ragazzi rossoneri, direi di si. Ma il calcio giovanile in Italia è sottovalutato e le altre squadre italiane, nel torneo Primavera sono messe maluccio perché privilegiano il risultato rispetto al ‘giuoco’. Il Milan fa eccezione e fornisce una quantità industriale alle formazioni giovanili azzurre. La filosofia societaria è giusta ed è focalizzata sulla valorizzazione degli italiani, anche di seconda generazione, giovani e tecnicamente validi che se non si montano la testa(Mastour docet)avranno un grande avvenire.
Ma a Brocchi non può riuscire da subito di trasferire la sua filosofia di ‘giuoco’ in prima squadra. Mancano i fuoriclasse che la giovanile ha seppur nella sua categoria. Bisognava avere il coraggio di trasferire l’intero impianto giovanile in prima squadra. Ma sarebbe stato, almeno inizialmente, un salto nel buio. Ora se arriveranno i nuovi soci e si chiarirà la situazione finanziaria del club…il Milan è destinato a ritornare agli antichi splendori. Con Brocchi? Non saprei. Certo sette partite sono poche per valutare il lavoro del giovane tecnico ma il ‘giuoco’ che il Milan esprimerà…quello si…sarà lì sotto gli occhi di tutti. Per me l’importante sarà che certi interpreti, non me ne voglia l’amico diablo, a partire da Montolivo…siano accantonati. Il calcio di Brocchi non prevede lentezze di sorta. Velocità, sovrapposizioni, difesa alta incentrata su un fuoriclasse(De Santis seppur nella sua categoria) e tanta corsa unita ad una tecnica di base sopraffina(Crociata, etc). 4-3-1-2 oppure 4-3-3 ed all’occorrenza un 4-5-1. I moduli non contano…basta saper giocare al calcio!
Come mi piacerebbe Fabio Capello DT con Brocchi allenatore!
Borgofosco ti debbo rispondere per forza.Hai scritto una cosa “eretica” ……
“Quel ‘dono di un dio’ si era dissolto con la fuoriuscita degli ultimi importanti giocatori donati dal ‘dio pallone’ al Milan. Il patron ha tentato di sostituirsi ‘all’immenso’ ma lui è umano ”
Minchia! Il dio del pallone si sarebbe fatto prestare i soldi dal ” diavolo Silvio ” ?
Su questa delicata questione teologica dovrebbe intervenire il Direttore.
Se vi piace il tanto bistrattato catenaccio Simeone è l’allenatore che fa per voi.
Questo però è veramente merdazzurro nell’animo e la storia del Milan non si è mai incrociata con allenatori simili.
Giusto , Milanforever. Mai piu’ allenatori gobbi o merdazzurri.
Peraltro e’ vero che Simeone e’ bravo . Comunque imita , o cerca di imitare, Arrigo Sacchi.
Dare del catenacciaro a Sacchi è un’eresia però.
Arrigo il “catenaccio” lo faceva sulla linea di centrocampo… tutt’altra cosa…
Ma nemmeno Simeone fa il catenaccio. Non volerlo e’ un conto, come Murinho,ma e’ bravo. Il catenaccio prevede il “libero”, non dimentichiamo.