Il carrozzone

Mi risulta davvero complicato riuscire a capire perché l’ambiente Rossonero sia tanto intrinsecamente diviso. E’ sufficiente guardarsi (anche un po’ distrattamente) attorno per capire che la nostra rappresenta un’anomalia forse davvero inspiegabile. Per quanto sia profondamente sgradevole operare un confronto in tal senso, non posso che rilevare come, per fare un esempio realmente spontaneo, fino a poco tempo fa, l’ambiente interista risultasse sostanzialmente scisso fra coloro che accusavano Mazzarri anche per l’inarrestabile scioglimento dei ghiacciai e per il disboscamento della foresta amazzonica e coloro che invece sostenevano che i problemi della squadra nerazzurra fossero strutturalmente più profondi. Oggi, sebbene non posso affermare di conoscere neanche superficialmente le loro dinamiche interne, sembra che tutto l’ambiente sia stabilmente compatto attorno alla figura del nuovo (vecchio) allenatore, capace della mirabile impresa di ottenere, dal suo arrivo (ritorno) all’Inter due sconfitte, tre pareggi (oltre allo 0-0 contro l’FC Qarabag Agdam  in Europa League) e addirittura una sola incredibile vittoria in campionato contro il Chievo. Non conoscono le dinamiche interne dei nerazzurri, ma conosco quelle rossonere. E, diversamente dalla situazione appena descritta (che forse invidio più degli acquisti di Podolski e Shaqiri), sono costretto a rilevare un’eterogeneità spaventosa.

Descrivere una situazione così frammentaria e frammentata non è affatto facile. Alcuni sostengono Inzaghi, sperano in un progetto – nuovamente – vincente e attendono (forse anche vanamente, chissà) con pazienza una costanza di risultati che ancora, purtroppo, manca. Altri invocano Seedorf, ne rimpiangono la determinazione oltre che la fermezza e ricostruiscono scenari complottistici che forse nemmeno loro comprendono fino in fondo (senza arrivare a capire che l’uomo nero – cit. – non è stato fatto fuori, ma si è impiccato da solo per colpa di un progetto idealmente condivisibile, ma imposto brutalmente) . Altri ancora rimpiangono Allegri, cercando – a mio modesto avviso, molto incautamente –  di dimostrare che il vero valore del tecnico livornese si stia palesando soltanto adesso , alla guida di una squadra plasmata da un altro allenatore, in un campionato privo (fino ad ora) di avversari (a qualcuno, queste analogie, potranno ricordare qualcosa di familiare). A questi, si aggiungono coloro che sostengono Inzaghi e accusano Galliani. Quelli che difendono Galliani, pur implorando il ritorno di Seedorf. Quelli che vedrebbero bene Berlusconi in panchina e Barbara al Quirinale. E poi ancora tante, tante e tante altre combinazioni improbabili.

Come ho scritto dapprincipio, quindi, non riesco davvero a capire. Sembra quasi che gli anni gloriosi ci abbiano reso una tifoseria intellettualoide incapace di rapportarsi oggettivante con la realtà. Ciascuno si sente legittimato nella propria individualità ad avanzare richieste e ad esporre verità, nella falsa convinzione dell’assolutezza di quest’ultime. Non è certamente questo il momento per avanzare inutili pretese di unità. E non mi riferisco esclusivamente alla sconfitta contro il Sassuolo, ma al momento negativo che ormai viviamo dopo la conquista dell’ultima Champions League ad Atene (e quando Ibrahimovic si proclama dio tra i morali, forse sarebbe opportuno credergli : è l’unico riuscito a farci vincere qualcosa in questi anni di triste declino).

Non ho mai nascosto la mia personale visione delle cose né dietro sofismi, né dietro un’artificiosa retorica, né dietro l’apparenza di ragionamenti che mistificatoriamente lascerei aperti e che invece si rivelano già aprioristicamente predeterminati. Non sostengo Inzaghi in quanto Inzaghi. Sostengo Inzaghi in quanto allenatore del Milan, così come, illo tempore, ho sostenuto Seedorf, Allegri, Leonardo, Ancellotti, e ancora e ancora. Questo dato non si traduce nel fatto che osservo acriticamente il lavoro dell’attuale allenatore. Al contrario cerco, nel modo più razionale possibile, di coglierne gli aspetti positivi e quelli invece degni di essere biasimati. Per esempio, della gestione dell’attuale tecnico, come ho già avuto modo di affermare, apprezzo l’aver posto come obiettivo principale la ricostruzione di un’identità di Squadra (un aspetto realmente trascurato negli ultimi anni e di non poco conto). Credo, invece, che siano ancora da perfezionare determinati automatismi di gioco, soprattutto per quanto riguarda la creazione e lo sviluppo dell’azione nell’area tra la difesa e il centrocampo (oltre alla tenuta fisica dei giocatori, che non appare costante nell’arco dei novanta minuti).

Per quanto possa risultate esaltante la vittoria contro il Napoli e per quanto possa risultare oltremodo deprimente la sconfitta contro il Sassuolo, resto dell’opinione che non si debba gridare alla rinascita nel primo caso e non ci si debba abbandonare al più totale disfattismo nel secondo. Da troppi anni recitiamo un ruolo terziario sia sul palcoscenico nazionale che su quello internazionale. Da troppi anni non siamo più la squadra che siamo stati in passato. Da troppi anni vestiamo abiti fastidiosamente mediocri. Da troppi anni restiamo sospesi in attesa di un nuovo progetto, un nuovo ciclo, una nuova proprietà che investa denaro ed affetti. Eppure sono convinto, forse un po’ ingenuamente, che la passione per questi colori resti ancora qualcosa di irrazionale. E sostenere la Squadra, e il suo allenatore, dopo una – seppur umiliante – sconfitta non mi rende né un illuso né tantomeno uno scemo. Resto semplicemente consapevole del mio ruolo di tifoso. Uno di quelli che non è mai sceso dal carrozzone, e quindi non resta in attesa di risalire.

Ps. Questo editoriale nasce dallo stupore (più propriamente dallo sdegno) che ho provato nel leggere i commenti di alcuni (inqualificabili) dopo la partita di martedì. Nonostante si proclamino ancora tifosi rossoneri, avevano realmente l’aria di quelli che aspettavano – da tempo – di uscir fuori alla prima sconfitta. Non riesco davvero a capire.

6 commenti

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  1. Eppure sono convinto, forse un po’ ingenuamente, che la passione per questi colori resti ancora qualcosa di irrazionale.
    Basterebbe questa frase per spiegare tutto quello che hai scritto. Però se l’amore, la passione per il Milan è qualcosa di irrazionale, non può esserlo quando vedi la tua squadra giocare passando da prestazioni buone, se non quasi ottime, a quelle come martedì. Si dice che l’amore è cieco, ma anche che l’occhio vuole la sua parte.
    Ad esempio personalmente non ho amato e sostenuto indistintamente come te tutti gli allenatori del Milan. Tra gli ultimi, Leonardo e Allegri (detto la capra) non li ho mai ritenuti adeguati: uno perché pensavo e penso non fosse un allenatore, ma un ottimo dirigente, l’altro perché, scusa l’espressione brutale, non aveva una faccia da Milan.
    Pippo è stato uno dei miei idoli ed esempi di professionalità come giocatore, però avevo dei dubbi nel vederlo su una panchina. Ad oggi, mi dispiace, ma non sta meritando un voto di sufficienza. Parli di “ricostruzione di un’identità di squadra”, di “perfezionare determinati automatismi di gioco”, ma forse ci stiamo dimenticando che da quando ha preso la squadra in mano sono passati sei mesi, mezzo campionato. Quanto ci vuole per costruire un gruppo? Soprattutto nel dargli un’identità. Ti sembra che gli attuali giocatori del Milan abbiano la coscienza di indossare quella che è stata e che è una delle maglie più prestigiose al mondo? Conte ci ha messo molto, molto meno per dare l’identità di Juventus ad un gruppo che l’aveva smarrita. E stessa cosa ha fatto Mourinho all’Inter (quanto mi duole riconoscerlo).
    Leggiti l’editoriale di Luca Serafini di oggi su Milan News. Non si può per troppo amore chiudere sempre gli occhi facendo finta che tutto vada bene… madama la marchesa…

    P.S.: Oggi intanto se n’è andato una colonna del Milan degli anni ’60-’70: Angelo Anquilletti. Per chi se lo ricorda e per chi si ricorda di quando la formazione rossonera iniziava “Cudicini, Anquilletti, Schnellinger…” è un altro pezzettino della sua giovinezza che se ne va.

  2. La tifoseria è spaccata perchè c’ è chi la vuole spaccata.

    Non ci sarebbero blog o gruppi di tifosi che sistematicamente fanno terrorismo mediatico contro la propria squadra del cuore se non ci fosse un preciso disegno. L’ antipatia per qualche esponente della società è solo una scusa e non regge.

  3. C’e poco da capire . Il piu’ razionale e paziente dei tifosi , di fronte allo schifo di una partita regalata , si indigna e sfoga la sua rabbia che va a confondersi con quella dei criticoni prevenuti . Nulla di nuovo sotto il sole . Avviene continuamente anche nella politica ed altrove . Anche nel tuo scritto nulla di nuovo .Ci ficchi in mezzo , ben nascosto ,il tuo livore verso il Presidente .

    1. Ma perchè il tifoso non riesce a vedere oltre il proprio naso, ovvero l’ ultima partita?

      Possibile che solo pochi abbiano una visione d’ insieme e riescano a vedere le cose considerando periodi medio lunghi di almeno 5 anni?

      Io ogni giorno esulto per Casa milan per il contratto con lo sponsor per il progetto Inzaghi, per quello che fa Barbara Berluscon. Possibile che c’ è realmente chi si esalta o rattrista per qulche prestazione della squadra? Mi sembra una visione un pò limitata.

      1. Ma perchè il tifoso non riesce a vedere oltre il proprio naso, ovvero l’ ultima partita?

        Questo è il problema.

  4. Siete impazziti o nascondete qualcosa !
    Sono passati cinque anni di transizione con una sola fiammata dovuta ad un solo immenso giocatore e proponete che ne passino ancora altri cinque ???!!!
    Voi non state chiedendo visione d’insieme , paazienza , senso del lavoro prospettico e della programmazione aziendale : tutte cose chenpossediamo a iosa
    Voi state chiedendo il fallimento del Milan . Con ingenuita ‘ ? Deliberatamente ?
    Comunque e’ matematico che altri tre (non quattro o cinque , ne bastano due o tre ) anni senza gloria vera significano abbandono dello sponsor , introiti ridotti ad un terzo insieme a pari riduzione del numero di tifosi nel mondo . IRREVERSIBILE DECLINO ecco quello che chiedete . Per fortuna il Presidente e la sua famiglia sono importanti imprenditori , queste cose le sanno e qualunque cosa decidano sara’ anche a tutela del patrimonio investito . Che , in definitiva , e’ la chiave di
    volta per superare le crisi aziendali .

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