Dal ragazzino prodigio, all’esperienza negativa a Londra: El Niño cerca il riscatto con la maglia numero 9 di Inzaghi.

Nato il 20 marzo del 1984 a Fuenlabrada, alle porte di Madrid, El Niño cominciò a muovere i primissimi passi nel Rayo.
Fu così che iniziò la sua carriera all’Atletico, che impressionato dal provino che fece dopo la super annata al Rayo, lo prese nelle sue giovanili.
Una carriera che lo ha visto protagonista fin da giovane: all’età di 17 anni esordisce con l’Atletico.
Nei cinque anni seguenti, con la fascia di capitano al braccio sin dall’età di 19 anni, Torres si consacrò definitivamente all’ombra del “Vicente Calderon”, realizzando nella Liga 75 reti in 174 partite.
Voleva vincere però… Il ragazzo aveva fame
Così decisero insieme di separarsi… Fu preso per una cifra record dal Liverpool nel 2007 e qui ha il culmine della sua carriera vincendo e convincendo tutti: 81 reti in 142 presenze totali con il Liverpool.
“Talento grezzo fuori discussione, ma per qualcuno quasi un personaggio comico, capace di sia di gol stupendi sia di errori incredibili”. Sid Lowe sul Guardian presentava così Torres al pubblico inglese nel luglio del 2007.
E quest’avventura, lo portò dopo pochi anni in un’altra squadra inglese, dove però il suo talento e la sua capacità non emersero completamente.
Parlo del Chelsea, ovviamente, dove però in compenso ha vinto tanto: Champions, Europa League e Coppa d’Inghilterra.
Ragazzo sempre puntale e professionista, anche quando in Inghilterra le cose non andavano come sperava.
Anche quando i gol non arrivavano e le prestazioni non erano certe degne del suo nome.
Tanto che il signor Mourinho quest’estate lo definì come ”professionista come giocatore e come persona, con tutto il rispetto per tanti ex giocatori, Torres non è secondo a nessuno”.
La reale problematica era che ormai il suo ciclo, se mai ce ne fosse stato uno reale, a Chelsea era finito e aveva bisogno di cambiare, di trovare nuovi stimoli e di provare a rivivere un’altra giovinezza.
Ed ecco l’opportunità Milan, un Milan un po’ disastrato che arriva da un ottavo posto, fuori dalla Champions e con il solo campionato da disputare.
“E’ un onore e un privilegio vestire questa maglia – ha commentato -. Voglio riportare la squadra in Champions e magari stare qui tanti anni.
E glielo auguriamo tutti, di restare qui.

Siamo, penso, tutti d’accordo che ormai il Torres di Liverpool non tornerà più.
E non perché sia pessimista io, ma perché purtroppo in mezzo ci sono età e condizione fisica.
Però quando Inzaghi disse “prima l’uomo, poi il calciatore” fu netto e chiaro: prima mi interessa vedere il ragazzo, vedere i suoi stimoli, la sua voglia di lottare, la sua voglia di stare nel club che io amo più della mia vita, poi guardo l’età e la condizione fisica.
Quella la possiamo migliorare, insieme, il resto o lo hai, o non lo hai.
Io non posso dartelo.
E se non ce l’hai, la voglia, e se non hai tu lo stimolo di vestire questa maglia, qui non entri.
Ed è per questo che ad Agosto, Torres è venuto da noi.
Non certo per denaro, che comunque poco non è…
Guadagna due milioni in meno del contratto con il Chelsea.
Per la nazionale? Forse, ma chi non punta ad un posto con la propria nazionale?
Soprattutto se non sei più giovane e sai bene che hai poche occasioni per vincere qualcosa con la tua nazionale.
Un esempio recente che vi posso citare è proprio Kakà..
In fondo se lui è in nazionale, adesso, lo deve anche al Milan non solo al Brasile.
Questo però non mette assolutamente in dubbio la persona e il professionista che è Torres, per tornare al punto… Subito elogiato da Inzaghi non appena sceso dall’aereo.
Stesse parole di Mourinho, quelle di SuperPippo, solo provenienti dall’Italia: “Fernando è un grande professionista, è una persona positiva. A Londra è sempre stato il primo ad arrivare agli allenamenti e quando si hanno grandi uomini è più facile raggiungere gli obiettivi!”
Chiaro no?
E vi cito le parole di Nando, proprio di qualche giorno fa: “Io sono qui per vincere, per restare molti anni e per sfruttare un altro grande momento del Milan che mi ha dato una possibilità importante.
Il mio obiettivo è vincere prima di tutto lo Scudetto, un giorno.
Certo, mi devo ancora abituare bene al campionato italiano. A Empoli ho segnato, ma non c’è stata tanto margine per manovrare. Ci sono stati grandi affollamenti in area… Mi devo abituare a trovare il tempismo giusto sui cross che arrivano in area di rigore.”
E voglio anche citare le parole di Ferguson sul ragazzo nella sua autobiografia uscita poco tempo fa dove l’ha descritto come “benedetto da una scaltrezza grandiosa e dotato di “una furbizia ai limiti del machiavellico. He had a touch of evil.
Quale miglior parola per attirare Torres ai colori rossoneri?
E quale miglior parola si poteva usare se non “Evil” per provare a iniziare una nuova avventura con il Milan?

E pensare che proprio El Niño e Pippo, il vecchio numero 9 Milanista e l’attuale, avrebbero potuto giocare insieme.
Si, compagni.
Il Milan, infatti, nel 2001 cercò di prendere Torres dall’Atletico, ma in ballo ci furono troppi soldi..
Proprio nel 2001 arrivò Filippo Inzaghi alla corte di Ancelotti.
Provatevi ad immaginare i due ragazzi insieme, nella stessa squadra, con la stessa maglia….
Lo stesso Torres lo confermò pochi giorni fa dicendo che “sarebbe stato bello giocare in quel Milan, quello che battè il Barcellona per 4-0. Sono felice di esserci comunque arrivato adesso.”
Ve lo immaginate il Torres di Liverpool con il Filippo dell’era Ancelottiana?
Insieme?
E tra l’altro con l’addio di Sheva nel 2006 il Milan provò di nuovo ad affondare il colpo Torres, senza però riuscire nell’intento.
Comunque ci sarebbero volute due magliette numero 9 in campo e sicuramente uno stadio più grande.
E non sono sicura che sarebbe bastato…
Ora invece uno gioca l’altro allena.
Uno cerca di allenare i ragazzi trasmettendo il suo amore per questi colori e l’altro cerca di rubare al maestro i suoi segreti per (ri)emergere con i colori rossoneri.

Perché il problema reale, quello che i giornali si ostinano a chiamare “Problema Torres”, non è il ragazzo in campo, ma i giornalai fuori.
Vi devo citare il caso Honda?
Con i vari Boban, Serafini e compagnia che l’hanno insultato per mesi e mesi definendolo non solo “pippa”, ma per citarvi i due bomber, a partire da Boban, lo ha etichettato come “uno che non si adatterà mai al calcio italiano e non credo che possa dare al Milan quella qualità che dovrebbe dare un numero dieci”.
Quella di Boban dovevo citarvela e per onore di logica vi cito anche Serafini, il quale è andato giù ancora più pesante sul ragazzo: “Honda non è mai stato un calciatore da Milan e il suo curriculum parla molto chiaro. Il giapponese andrebbe bene in tribuna e non in campo.
In un altro Milan avrebbe giocato gli ultimi cinque minuti e solo per merchandising”.
Insulti su insulti e l’unica colpa che aveva Honda era non aver fatto la preparazione con noi e non aver riposato abbastanza tra CKSA, nazionale e quindi Milan.

Questo per porre l’accento sul fatto che Torres sta, purtroppo, svolgendo lo stesso percorso con l’unica differenza che ha un allenatore che lo difende e che cerca di non farlo stancare troppo sapendo che ha tre mesi in meno nelle gambe.
E come sempre la pazienza non è la virtù dei giornalisti.
E mi dispiace anche definirli tali quando vedo come poco ragionano prima di insultare un ragazzo a mani basse…
Un ragazzo d’oro come Nando, che cerca professionalmente di lavorare sodo, di lavorare a testa bassa per conquistarsi il Milan e la nazionale spagnola.
Un ragazzo che tutto merita fuorché questi inutili insulti o critiche anche da parte di chi dice che in campo è inutile (e qui il raggio è più ampio dei giornalisti, ci metto in mezzo pure i tifosi).

Volevo arrivare anche a questo punto: il falso nueve non va bene.
Andava bene e va bene per qualche partita, certo. Però non va bene sempre.
E non perché io abbia qualcosa a riguardo di Menez, che ritengo in questo periodo il più in forma là davanti con Honda.
Ovviamente poi i numeri parlano per me.
Ma perché con Torres in campo, molti dei gol sono più facili.
Prendiamo quello di Honda di domenica: Torres si porta via un difensore e Honda si trova a tu per tu contro il portiere.
O, sempre da domenica, poniamo l’accento su come una volta uscito Torres, abbiamo avuto zero occasioni da gol e soprattutto abbiamo faticato a gestire il possesso palla giacché nessuno in attacco la teneva.
O ancora come, senza un attaccante di primo ordine là davanti ci sia più difficoltà anche per i centrocampisti che, in momenti di difficoltà cercano di buttare la palla in avanti sapendo che Torres (o comunque la prima punta che gioca) la riesce a tenere.
Tutte cose che mi fanno pensare che, per quanto Menez sia in forma, sicuramente può anche giocare da esterno perché Torres a questo Milan serve.
Eccome se serve.
Non segnerà, per ora, quanto si voleva inizialmente o quanto si sperava, ma i suoi movimenti e il suo lavoro sporco servono al capocannoniere e ai suoi compagni per segnare.
Non a caso siamo l’attacco più prolifico.
E che non mi si venga a dire che se un attaccante non segna non è comunque utile.
Tolto che siamo solo alla settima giornata, e che su sette ne ha giocate solo cinque, su cinque ha fatto 1 gol.
E non le ha giocate tutte per 90 minuti.
Cosa che il bomber di tutti i tempi, Llorente, ancora non ha fatto.
E le partite le ha giocate tutte.

Ripeto: lungi da me pensare di recuperare il vecchio Torres, non è possibile per milioni di ragioni tra cui anche il tempo.
Ma a questo Milan è utile, molto, e m’infastidisce leggere di critiche enormi a un ragazzo che meriterebbe tutt’altro.
Proprio come Honda lo scorso anno.
Capisco che si facciano delle previsioni, che ci si aspetti sempre tanto dai giocatori soprattutto se si chiamano “Torres“.. Ma senza una preparazione, con un lieve infortunio alle spalle e con anni un po’ negativi a Londra direi che la pazienza deve prevalere e soprattutto che la gente, soprattutto i milanisti, invece che attaccarlo perché non segna, devono provare a sostenerlo.
E’ così che possiamo aiutarlo a tornare decisivo.
Ed è così che, sentendo l’affetto di una tifoseria, un giocatore dà il massimo per la squadra e per i colori che indossa.
Svolge tanto lavoro, é un professionista e lavora sodo tutti i giorni a Milanello e quando si fanno queste cose il gol arriva, sempre.
La ricetta è saper attendere.
Alla fine ripaga sempre.

1 commento

  1. Fernando Torres è un professionista serio più ancora d’essere un bravissimo ragazzo. Non vi è alcun dubbio che con queste caratteristiche è uomo da nuovo corso al Milan. Un pochino come ai tempi di Nereo Rocco al Milan ora si guardano prima le qualità umane intrinseche e dopo le capacità pedatorie. Il Milan del 1967/68 fu costruito con gli ‘scarti’ delle altre squadre (Saul Malatrasi, Fabio Cudicini, Kurt Hamrin, Romano Fogli etc). Quel Milan, magistralmente guidato da ‘Paron’, vinse tutto. Nereo Rocco soleva ricordare alla stampa, stupita dall’exploit del Milan, che quelli erano veri ‘omeni’. I veri uomini inseriti in un telaio base dove erano presenti fantastici calciatori del calibro di Rivera, Rosato Trapattoni, Schnellinger, Anquilletti, Lodetti ed una giovanissima rivelazione del vivaio, fatto tornare immediatamente dal prestito al Savona, tale Pierino Prati da Cinisello Balsamo. Quei ‘veri uomini’ costituirono uno dei Milan più forti di tutte le epoche. Non dico che Fernando Torres potrebbe essere il Kurt Hamrin d’allora. Non lo dico ma lo spero. Così come spero che Diego Lopez sia il Fabio Cudicini e che gli altri acquisti fatti in questa fortunata campagna si rivelino talmente efficaci dal riprodurre le situazioni che, un fortunato come me, ha potuto gustare in quegli splendidi anni rossoneri!

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