Giallo sul neroazzurro

Da Calciopoli in poi, ogni interista ha rinfacciato la scusa dell’”onestà”. Ma quanto poi questa voce sarà vera?  Del resto, Guido Rossi non è certo amico di Berlusconi o degli Agnelli. Ma di questo non voglio parlare. Notizia riportata solo da pochissimi giornali, e da nessun quotidiano sportivo, di pochi giorni fa: l’Inter ha perso la causa per diffamazione contro Ferruccio Mazzola, figlio del grande Valentino e fratello del ben più famoso Sandro, e contro la casa editrice che aveva pubblicato il libro del succitato “Il terzo incomodo”, grave denuncia riguardo all’uso di doping nell’osannatissima “Grande” Inter.

Alzi la mano chi, interista, non ha mai sognato quei tempi. Chi non ha sognato di essere lì, con quei colori, in quei momenti. Ma, con quelle rivelazioni mai portate veramente alla luce in tre anni da quando il libro è uscito, il nerazzurro delle loro maglie e l’argento delle due Champions si sfumano con una venatura di giallo…

Ferruccio racconta delle “pilloline” che il tanto amato Helenio Herrera somministrava ai giocatori. Ai panchinari, più che altro: strano come ragionamento, però potrebbe filare. All’inizio venivano date “sfuse”, ma qualcuno le vomitava di nascosto. In un mondo dello sport dove l’”aiutino” era una cosa naturale, non certo per onestà: come racconta Mazzola jr, Una volta dopo quel caffè, era un Como-Inter del 1967, sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico. Successivamente saranno sciolte nel caffè.

Quei caffè sono stati più micidiali di un’epidemia: tanti giocatori sono morti, ed altri sono in cattive condizioni di salute. E si ripete la solita solfa: tutti sanno, ma nessuno vuole parlare. Come riguardo al modo in cui Maradona è stato coperto da Ferlaino, ma non solo. La vedova di Bruno Beatrice, prima vittima del doping di squadra della Fiorentina di Mazzone, è stata messa a tacere. Anche uno degli allenatori migliori circolanti in Italia, Zdenek Zeman, dopo le dichiarazioni sulla “farmacia Juve”, si è viste chiuse in faccia le porte del grande calcio. E vogliamo parlare di Jean-Jacques Eydelie? Delle sue dichiarazioni secondo cui 10 giocatori su 11 del Marsiglia si fossero dopati prima della finale di Champions 1993? Nemmeno i suoi compagni, i suoi amici, gli parlano più, gli è stata fatta terra bruciata attorno. E da questa vicenda che ho appena citato si vede la differenza di stile:

Milan: Nessuna rivendicazione della coppa, tendenza a sotterrare la polemica ben suggellata da una famosa battuta (ora non mi ricordo di chi):”La coppa del 93 diamola agli interisti, che ne hanno poche”.
Inter: Sdegno totale e denuncia per diffamazione. La giustizia li ha smentiti e zittiti.
Nel derby dello stile vinciamo ben più di 6-0.

Possiamo concludere che è inutile foderarsi gli occhi di prosciutto. È inutile derubricare il fenomeno del doping come un problema di ciclismo e atletica. Perché questo, è quello che ci vogliono far credere. Girano troppi interessi intorno a questo sport perché si sappia, cosa succede dietro le quinte, dietro la faccia pulita di tutti. Ogni tanto esce uno scandalo, si epurano gli elementi scomodi per far entrare yes-men del nuovo potere. E soprattutto, si distraggono i media.