Ma torniamo a noi. Leonardo mette in scena un capolavoro tattico. Quello che si chiedeva vanamente ad Ancelotti l’anno scorso. Abate e Antonini terzini. E finalmente abbiamo gente che corre da entrambe le fasce. Le sovrapposizioni di entrambi hanno bucato la difesa del Genoa. Un centrocampo finalmente degno di tale nome, con due mediani Ambrosini e Gattuso che possono filtrare palloni e facilitare il lavoro di Nesta e Thiago Silva. Beckham, acquisto vero e non solo di marketing, che torna all’antico largo sulla destra. E Borriello centrale. Decisivo, forse ancora più di Pato. 6 gol in 11 partite di campionato. Certo, giocare in mezzo a Ronaldinho e Beckham è forse il sogno di ogni centravanti.
La partita si era messa male. Prima Ronaldinho sbaglia un rigore e poi il Genoa passa in vantaggio. Cominciano a comparire i fantasmi di Palermo, una gara sfortunata che abbiamo buttato via. E invece no. Altro rigore, ancora Ronaldinho, ci vuole freddezza per ripresentarsi sul dischetto dopo che Amelia te ne ha parati due consecutivi. E stavolta lo mette. Da lì in poi la partita è in discesa. A tratti imbarazzante la nostra superiorità. Ma c’è un altro merito di Leonardo, quello di aver ricreato prima di tutto un gruppo. Lo si vede ad ogni esultanza e lo si è visto anche nel rigore di Huntelaar. E’ una squadra che pare avere finalmente trovato fiducia in se stessa e che pare aver risolto quel problema psicologico che l’aveva bloccata a inizio stagione. 5-2. Genoa annichilito. Anche se da certi quotidiani sembra che il partitone l’abbia fatto qualcun altro.
Domenica sera, nel derby d’Italia, sarà la prova del 9. Lo sanno tutti: Vincere a Torino è difficile, ma quando vinciamo a Torino è scudetto. Perché quelli lassù ora, fanno meno paura. Anzi, stanno cominciando ad averla loro.