Self control

Un altro sabato* di sofferenza, con un’altra partita giocata molto sottotono, contro un’avversaria sulla carta (ma anche sul campo, vedendo le loro partite) inferiore: e i day after sono ogni volta più avvilenti. Siccome, come dice l’adagio popolare, al peggio non c’è mai fine, contro il Chievo abbiamo visto l’ennesima partita peggiore della stagione. Questi mesi si stanno caratterizzando per una continua scivolata verso l’indietro in cui la squadra prova a dimenarsi per tentare di sfuggire ad una stagione piatta, ma ad ogni movimento (che può caratterizzarsi bene con i cambi di modulo) corrisponde sempre una retrocessione. Roba tipo sabbie mobili.

Se oramai abbiamo imparato a conoscere le difficoltà che ha Inzaghi in campo, lo abbiamo fatto anche per le difficoltà che Pippo ha davanti ai taccuini. Si vede che è in difficoltà, che non sa come scrollarsi di dosso questa situazione scomoda. E quando non si è sereni, alla fine si possono dare delle risposte sfortunate. Come quella sull’Empoli che “non si poteva pensare di poter dominare” o quella su Sir Alex Ferguson che “ci ha messo 7 anni prima di vincere qualcosa”. Senza contare la pletora di ovvietà e di scusanti che quasi sempre Pippo tira fuori davanti alle telecamere.

Potrò sbagliarmi, ma mi sembra chiaro che Inzaghi sappia che il gioco espresso dal Milan è ben lontano da uno standard accettabile. E infatti non dimentica mai di ricordarlo, ripetendo che la squadra deve lavorare, deve migliorare, deve fare qualcosa in più. Sa che non è assestata (e ci mancherebbe, tra infortuni e ottovolante dei moduli) e che c’è ancora da fare, ma prova (probabilmente in modo maldestro) a sottolineare gli aspetti positivi del gioco (?) espresso. Perché l’autocritica è cosa buona e giusta, quando serve, ma se la fai tutte le settimane poi diventa controproducente. Mediaticamente io preferisco gli allenatori spavaldi, che in pubblico sanno anche inventare polemiche create ad arte per poi parlare di ciò che serve veramente negli spogliatoi. Come lo era Clarence Seedorf, ad esempio, che anche dopo la nefasta partita con il Parma ostentava sicurezza. Inzaghi non è sicuramente quel tipo di allenatore, e si ferma a metà del guado.

Il risultato è che poi quando fa il burbero, si nota, eccome. Dopo la partita col Chievo infatti, Inzaghi non ha saputo resistere ad una domanda (domanda?) di un giornalista in sala stampa, andandosene stizzito. Ora, la questione era effettivamente mal posta (anche se legittima) e sfido chiunque ad avere una reazione molto diversa. Dopo l’ennesima delusione, con l’incazzatura che sale, stare li ad ascoltare uno che ti dice cose che già sai e ti interrompe tre volte: il “vaffa” poteva scattare. Pippo decide di andarsene.

E i milanisti su Internet si infuriano. I commenti vanno dal morbido “Ci vorrebbe un po’ più di autocritica” al “Cocco della stampa, per una volta che gli dicono le cose come stanno”. Sembra quasi che Inzaghi debba mortificarsi ogni volta che va in sala stampa, fare una roba tipo Fantozzi alle prese col megadirettore durante la partita a stecca. Ecco, mi auguro che Pippo abbia un sussulto d’orgoglio e la stagione finisca come nella scena del film.

*Signori di Sky, ve lo chiedo per favore, non ne possiamo più di Sabato di Jovanotti tutte le volte

2 commenti

  1. Ho detto in altra occasione che trovo questo calcio più simile al gioco della pelota che non allo sport passionale che andavamo a vedere nei campi quandoero ragazzo(incredibile l’ingerenza delle scommesse, sia legali che clandestine, nel calcio dei nostri tempi). Inzaghi come Fantozzi? Ma il direttore, per la felicità di Vittorio, per caso è Adriano Galliani?

  2. Buona ! Ma caro Borgofosco non vi e’ speranza alcuna che finisca come nel film .
    Purtroppo le verita’ spesso si affacciano attraverso il subconscio . Il poverino sta rischiando davvero di avere assegnata la parte . L’altro ne e’ da anni consumato interprete .

I commenti sono disabilitati.