Occhio di falco: meglio tardi che mai

Partiamo da una premessa: il gol di Rami era veramente difficile da vedere. Lungi da me fare dietrologie, gombloddi, gombloddoni e scie kimike. Ma sembrava proprio gol. Per me, e per gli altri presenti domenica pomeriggio nel secondo blu l’esultanza è scattata automatica. Così come sono scattati gli improperi indirizzati all’arbitro Valeri non appena ci siamo resi conto che, per lui, non era stata una prodezza di Rami, ma una paratona di Karnezis.

Fortunatamente il gol non è stato decisivo per il risultato finale altrimenti, qualche anno dopo il gol di Muntari, ci sarebbe stato da imprecare per come questo tipo di situazioni avessero influito ancora una volta sulle partite del Milan.

A fine partita leggo che (finalmente, aggiungo) Galliani non ci sta. E da subito partirà con la crociata per portare la “Goal line technology” anche in Serie A dopo essere stata utilizzata anche al mondiale in Brasile e in premier league. E dalle parole Adriano passa ai fatti, con la lettera mandata nella giornata di martedì al presidente della FIGC Tavecchio.

Devo riconoscere che ho cambiato la mia opinione a proposito della tecnologia in campo. Un tempo il mio punto di vista era questo: il bello del calcio sta anche nel fatto che il materiale necessario per praticarlo è praticamente universale. Un campo, sei pali e delle linee tracciate. Mettere l’occhio di falco, per utilizzare il gergo tennistico, vuol dire rompere questa uguaglianza. Perchè un gol fantasma può essere visto solo in serie A e non sui campi di Eccellenza?

Con il tempo però questo lato utopistico ha lasciato il posto a quello pragmatico: nel calcio di oggi dove girano tantissimi soldi la tecnologia in campo deve esserci. Per dire, una vittoria in Champions vale centinaia di migliaia di euro in premi.

C’è una tecnologia affidabile e sperimentata: perchè non utilizzarla allora? Sicuramente deve prima cambiare la mentalità: non si deve vedere come una lesa maestà nei confronti degli arbitri, ma come un aiuto, una garanzia nei loro confronti.. E sono sicuro che gli stessi arbitri gradirebbero questa tutela addizionale nei loro confronti.

Poi, il prossimo passo sarebbe quello di mettere in pratica un sistema tipo quello già utilizzato nel rugby per le azioni sospette. Certo, modalità e disincetivi sono da studiare, ma se lo fanno i rugbisti lo possono fare anche i calciatori. Leggo però che il capo degli arbitri, Nicchi, non è dello stesso avviso. Ecco, se si continua cosí, rifiutando gli aiuti che le nuove tecnologie offrono senza dare motivazioni plausibili, poi uno inizia veramente a pensare male. Immaginando che ci sia (ancora) qualcuno che voglia condizionare le partite agendo sull’unico elemento che ha capacità discrezionale: l’arbitro.

Ma sono ipotesi a cui non voglio nemmeno pensare. Perciò bisogna stare con Galliani e la sua battaglia per la tecnologia in campo. Così, magari, riesce anche a cambiare lo sfondo del cellulare

1 commento

  1. Si c’è anche un apparecchietto di pochi euro grande com un accendino che potrebbe dare l’esatta distanza della barriera, 9,15 metri, senza attenersi ai passi che danno distanze diverse a seconda dell’altezza dell’arbitro. Inoltre basterebbe essere collegati con le pay-tv che trasmettono la partita, utilizzando compiutamente le abbondanti immagini trasmesse dalle molte telecamere. Una regia affidata ad un quarti uonmo, questo si avrebbe senso, potrebbe visionare in tempo reale le immagini contestate, come nel rugby, e stabilire con certezza la leicità della decisione arbitrale. La tecnologia smonterebbe il retro-pensiero che gli arbitri sono tutti juventini? Forse no ma certamente metterebbe a nudo le contradizzioni arbitrali forse non dovute a malafede ma a simpatie e/o antipatie nei confronti di questa o quella squadra e perché no di questa o quella propprietà. Se non lo si vuol fare e ci si ostina, come fa Nicchi, a negare l’evidenza… beh… i cattivi pensieri sono giustificati!

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