Parabole discendenti

Domandina: cos’hanno in comune Gattuso e Shevchenko? Molto di più di quanto possa sembrare. Innanzitutto un italiano balbettante, poi un grande passato e un presente durissimo, seppure in modo differente l’uno dall’altro.
Vivono un periodaccio, anche se definirlo periodo è riduttivo. Più o meno dallo stesso momento il loro rendimento è andato in calando e oggi tocca i minimi storici, tanto da farmi pensare che entrambi abbiano preso la strada di un lento, ma inesorabile declino, che li accompagnerà fino al giorno dell’addio al calcio.
E’ dura da ammetterlo, perché insieme a Kakà sono stati i giocatori più amati dell’ultimo decennio Rossonero e ognuno a modo suo hanno contribuito in maniera decisiva ai nostri successi.

Rino è un cuore Rossonero, uno che la maglia ce l’ha tatuata sul corpo, che vive come un tifoso i successi e le sconfitte, tanto da pensare di abbandonare tutto dopo la finale di Istanbul.
Ma la verità è che non è più lui dal mondiale 2006, a voler essere buoni possiamo dire dalla Champions del 2007. Da lì in poi non  è stato più un intoccabile, il rendimento è calato vistosamente, sono arrivati gli infortuni sempre più costanti.
Oggi è la terza scelta dietro ad Ambrosini e Flamini, cinicamente parlando è un lusso eccessivo tenere come riserva uno che guadagna non poco e rende meno di quanto non potrebbe fare un nuovo faticatore, per fare un nome, Mariga. Lui è scontento di questa situazione, non ci sta, se le voci di mercato sono vere, probabilmente una separazione gioverebbe ad entrambe le parti.
Quest anno si è visto poco: l’unico segno che ha lasciato è l’espulsione folle nel derby.
31 anni non sono troppi nel calcio d’oggi, ma di quei 31 anni la metà li ha spesi a correre per tutto il campo: non essendo un robot, il logoramento ci sta. Gli infortuni fanno il resto.

Sheva ha smesso di essere un campione dal giorno dell’addio al Milan. Al Chelsea non ha ottenuto niente di ciò che si aspettava, tanto da finire ben presto in panchina nonostante la protezione di Abramovich.
Il suo ritorno al Milan è stato un fallimento su tutta la linea. Per lui che non ha quasi mai visto il campo e per noi, che ci siamo ritrovati con un giocatore in meno in rosa.
Oggi sta svernando in patria, alla Dinamo Kiev, dove ci ha regalato l’effimera gioia del quindicesimo gol in carriera all’inter.
Probabile che aspetti gli Europei del 2012, che l’Ucraina organizzerà con la Polonia, prima di appendere le scarpe al chiodo. Sarà l’ultima grande occasione per lui e per la sua Nazionale, ieri eliminata dal Mondiale, anche se continuando di questo passo sarà dura vederlo titolare tra due anni.
Se fosse rimasto da noi, oggi non sarebbe più il migliore al mondo come è stato per anni, ma il suo l’avrebbe fatto. Tutto sommato però rimpianti zero. C’è voluto un anno e mezzo, ma l’abbiamo sostituito con Pato e nel frattempo ci siamo portati a casa un’altra Champions. Non male direi.