Privi di vergogna, ma ricchi di “onestà”

morattiTra tutti i tifosi, la categoria del frignone è quella più odiosa, da qualunque squadra provenga. Ma almeno dal 1989, anno dell’ultimo scudetto prima dell’uragano Calciopoli, la tifoseria e la dirigenza specializzate sono quella nerazzurra. L’ultimo episodio è di ieri: un noto presentatore televisivo che pontifica, dal sito ufficiale dell’Inter, sul “Milan che ha fatto degli investimenti” il cui ritorno sarebbe il terzo posto in Champions, “già deciso“.

La sua ricostruzione, ovviamente, fa acqua da tutte le parti: in Inter-Atalanta ci sono stati due errori di Gervasoni, uno pro Inter (il fallo nell’azione del 2-1 di Alvarez) e uno pro Atalanta (il rigore). Secondo, ci sono altre tre squadre che lottano per l’Europa, e cioè Fiorentina, Lazio e Roma. Terzo, mi fermerei un attimino a parlare del derby d’andata. Quarto, dove sono quelli che sfottevano Galliani per la storia della foto del gol di Muntari sul cellulare? La notizia dell’ultim’ora (mentre scrivo) è l’assurda squalifica di Balotelli, per un “c…o guardi” a un arbitro di linea. Tre giornate a Balotelli, una a Cambiasso per un fallo che ricordava molto quello di Taylor su Eduardo qualche anno fa. Tutto per favorire i rossoneriof course.

Tra l’altro, come già detto, a voler veder bene la squadra danneggiata di domenica è stata il Milan, non certo la Fiorentina, checché ne dicano gli improvvisati arbitri viola e azzurri, con questi ultimi che si preparano già alla seduta di pianto collettivo prepartita con il loro allenatore Mazzarri. Se escludiamo il giallo-e-non-rosso a Tomovic, questi personaggi reclamavano un inesistente rigore poco dopo e due espulsioni ai rossoneri (già che ci siamo, magari addirittura 5 così finiscono in 6 e si fa meno fatica). Tralasciando, ovviamente, di parlare dei due rigori molto dubbi alla squadra toscana e la parata di Roncaglia. Intanto il presidente della scissione povera del Milan dice che davanti a un errore del genere (solo quello contro di lui, s’intende) non esiste buona fede. L’Inter ha avuto il coraggio di lamentarsi perfino dopo il derby di andata, risultando forse più ridicola dei tifosi juventini (Juventus 1, Tagliavento -sempre lui- 3) dopo Juve-Inter dell’andata all’ipermercato Conad.

A proposito del concetto di “onestà” vi posto un interessante inizio di articolo, riferito a una partita del 2001. “Non può esserci calcio senza onestà, non c’è calcio senza giustizia, non ci sarà calcio senza credibilità” L’incipit di un articolo di un giornalista del Corriere, poi premiato con la direzione di Tuttosport, intitolato “Il Milan le usa tutte per sgambettare il Chievo” in cui si diceva che Cesari, contro il neopromosso Chievo, aveva “inventato” un rigore per il Milan “quando, e forse perché” il Milan era sotto 1-2. Dopo righe passate a descrivere le nefandezze dell’arbitro pro-Milan, ben 3, ecco che in una riga (al centro, in modo da renderla invisibile al lettore disattento) parla anche dei 2 errori pro-Chievo. In perfetto stile Moratti-Bonolis-Strama. Per Scarpini il Milan poteva lasciare la replica ad Abatantuono; e io aggiungo che in fatto di comici non c’è gara, almeno lui fa ridere per davvero.

3 commenti

  1. Piter ha messo in luce soltanto alcuni aspetti della idiosincrasia esistente tra il Milan ed i suoi derivati. La storia del calcio milanese racconta di una squadra che, nel ventennio, cambiò addirittura nome.
    Nell’estate del 1928, sotto la guida del presidente, Senatore Borletti, l’F.C. Internazionale si fuse con l’Unione Sportiva Milanese. ovvero la terza squadra di Milano, mutando nome e casacca: nacque così l’Associazione Sportiva Ambrosiana, con tenuta bianca rossocrociata (colori di Milano) e segnata dal fascio littorio.
    A differenza dell’Ambrosiana il Milan non volle rinunciare ai colori sociali, rosso e nero, che erano la ‘vera pelle’ dei popolani milanesi.
    Non hanno mai avuto senso storico e logico le rivendicazioni su chi era la vera squadra di Milano : CHE E’ IL MILAN.
    Questo ha comportato da sempre una sorta di sudditanza psicologica dovuta, come diceva anche Prisco, alle umili origini dell’Internazionale, poi chiamata Ambrosiana, sino a ritornare Internazionale ed aggiungendo, soltanto nel 1967. il nome della città in cui disputava le partite casalinghe.
    Agli interisti non parve vero, quando il Milan venne retrocesso d’ufficio, nel 1980, di poter rappresentare Milano nel mondo pallonaro.
    Allora. oltre allo stadio di San Siro, fatto costruire dal presidente del Milan Piero Pirelli, l’Internazionale credette di poter rappresentare anche i popolani milanesi.
    La squadra snob che giocava all’Arena e che aveva il suo massimo simbolo nel ‘Balilla’ chiese ospitalità al Milan per giocare a San Siro. Da lì non si mosse più!!!
    Gli aristocratici interisti si spostarono a giocare nello stadio plebeo dei ‘descamisados dalla ‘camicia rossa sbottonata sino all’ombellico’.
    Incredibile ed inconcepibile per una famiglia radical scic tollerare che la squadra plebea potesse essere la rappresentante di Milano che aveva conquistato la prima Coppa dei Campioni ed annoverava il primo calciatore italiano che era stato insignito del pallone d’oro: Gianni Rivera.
    I motivi delle ravanches dell’altra squadra di Milano sono palpabili così com’è stata sempre visibile la sua sudditanza psicologica.

  2. Passa il PSG, segnatevelo.

    • sadyq il 10 Aprile 2013 alle 22:58

    È passato il barcellona, segnatevelo!

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