Storie di Mondiale: il trionfo del tiki-taka (2010)

2010_world_cup_poster1E’ il 31 Agosto 2008, il Barcellona gioca a Numancia la sua prima partita della Liga 2008/09. E’ una squadra che sembra alla fine di un ciclo – è arrivata in semifinale di Champions League, sì, contro il Manchester United, ma è stata massacrata dai Red Devils che hanno praticamente fatto quello che volevano sia nella gara d’andata che in quella di ritorno. Il Barcellona si presenta con il suo classico 4-3-3 schierando Eto’o al centro con Bojan e Messi ai lati: il risultato è una sconfitta, netta, per 0-1. Pep Guardiola, alla sua prima partita da allenatore, andrà in sala stampa e dirà: “Sono il pieno responsabile della sconfitta. Questa squadra attacca male“. Guardiola prova quindi, nella seconda partita di quel campionato, in casa, contro il Racing Santander, un 4-1-4-1 con Pedro, Messi, Xavi ed Iniesta a supporto sempre del camerunense. Il risultato migliora – ma la vittoria non arriva: 1-1. Eto’o viene fatto fuori da Guardiola nella terza gara, contro lo Sporting Gijon: in mezzo viene messo Bojan, con ai lati Messi ed Iniesta: nella linea del centrocampo ci sono Caceres, Xavi e Gudijonsen – il risultato è un secco 1-6, senza appello. 

Manca ancora qualcosa – e Guardiola forse nemmeno lo sa – ma quella partita ha rivoluzionato il modo di giocare non solo di una squadra, il Barcellona, ma ha aperto un ciclo per una intera nazione che aveva sì vinto l’Europeo del 2008, ma non aveva convinto del tutto in quella rassegna. Lungi da me definire il tiki-taka la tattica definitiva: come tutte le tattiche ha pregi e difetti ma è stato il vestito perfetto di quella squadra. Sarà perfezionato con Xavi, Iniesta e Busquets a centrocampo (perché uno che picchia, anche nel Barcellona del bel gioco, ci vuole sempre) mentre davanti agiranno Messi, Pedro e Bojan. Il tiki-taka si basa su due fattori abbastanza semplici: quasi l’ABC del calcio – se la palla l’abbiamo noi, intanto, non ce l’hanno gli avversari. Dettiamo ritmo, loro devono venire a pressare e venire a prenderla con il pressing altro, noi cerchiamo spazio con le tre punte davanti che svariano su tutto il fronte d’attacco mentre i centrocampisti e i difensori hanno il compito fondamentale del palleggio. Centrocampisti e difensori, perché il Barcellona inserirà un giocatore come Mascherano e lo farà giocare stabilmente difensore centrale. I risultati? Due coppe dei campioni, che sarebbero probabilmente tre senza l’arbitraggio discutibile del signor Benquerença nella gara contro l’Inter.

Come ho già detto senza l’adatta ossatura questa tattica non avrebbe avuto l’effetto sperato. Il caso vuole che l’ossatura del Barcellona sia quasi interamente spagnola – Xavi, Iniesta, Fabregas, Bojan, Pedro… ai mondiali 2010, infatti, la formazione che va in campo è il Barcellona integrato coi giocatori del Real Madrid. Casillas – il miglior portiere al mondo – sostituisce Valdes, Ramos e Capdevila sostituiscono Daniel Alves e Abidal che non hanno la cittadinanza spagnola. Il centrocampo ha addirittura più qualità perché dal Real Madrid si va a pescare Xabi Alonso insieme a Xavi e Busquets permettendo ad Iniesta di giocare con Pedro e Villa (dall’Atletico Madrid) sul fronte d’attacco. Il possesso palla della Spagna, senza Messi, risulta quindi più lento e macchinoso di quello del Barcellona – ma non per questo meno efficace – l’11 luglio si presentano a Johannesburg per la prima finale mondiale della loro storia.

Ma andiamo con ordine – il mondiale si apre infatti un mese prima con la gara tra Sudafrica e Messico. Forse una delle gare inaugurali con meno appeal della storia del campionato del mondo. Nel gruppo A c’è la Francia che, come nel 2002, ritrova l’Uruguay e proprio come nel 2002 i francesi vanno a casa segnando la miseria di un gol e riuscendo a perdere anche contro il Sudafrica, anch’esso eliminato al primo turno. L’Uruguay, invece, pareggia coi galletti e viene trascinato avanti da Forlan e Suarez – 7 punti e primo posto mentre il Messico elimina il Sudafrica per differenza reti. L’Argentina di Messi non ha invece troppe difficoltà nel gruppo B contro Grecia, Nigeria e Corea del Sud – i greci sono lontani parenti di quelli del 2004 mentre l’Argentina riesce a sbrigare la pratica qualificazione concedendosi il lusso di panchinare Milito e di un Messi a mezzo servizio fuori da un sistema di gioco che non lo esalta. Maradona, tra l’altro, ha lasciato a casa da questo mondiale Cambiasso e Zanetti ma, per ora, il dies sembra avere ragione.

Gruppo C: l’Inghilterra di Fabio Capello è chiamata a riscattare la vergogna del 2008 con la mancata qualificazione all’Europeo in Austria e Svizzera. I giocatori di Sua Maestà, però, non decollano: pareggiano 1-1 contro gli USA, addirittura vengono fermati sullo 0-0 contro l’Algeria arrivando a giocarsi la qualificazione contro la Slovenia (risolve Defoe, per loro fortuna). Stanno anche vincendo il girone ma il gol di Donovan al 90° contro gli africani, nell’ultima partita, li condanna all’umiliazione del secondo posto – superati dagli americani a calcio – umiliazione che vorrà dire Germania agli ottavi. Già, la Germania, come sempre una gran bella squadra: si sbarazzano contro l’Australia ma perdono contro la Serbia. All’ultima giornata è tutto in gioco ma i tedeschi battono il Ghana solamente per 1-0 rendendo vana la vittoria dell’Australia contro i serbi con i socceroos che pagano la sconfitta per 4-0 nella gara inaugurale. Non fa sconti l’Olanda, che può contare su un girone sostanzialmente facile dove sorprende il Giappone trascinato da Keisuhke Honda che segna il primo gol sia con il Camerun che con la Danimarca (con questi, poi, finirà 3-1) – la gara per il primo posto si gioca quindi tra Olanda e Giappone e viene decisa da una prodezza di Welsey Snejider: un giocatore che ebbe in quel 2010 il suo anno di grazia.

Ai mondiali ovviamente c’è anche il Brasile che come nel 2006 arriva con l’entusiasmo della vittoria nel mondialino della Confederations Cup. Il girone è tutto sommato difficile – tolta la Corea del Nord, che torna al mondiale dopo il 1966, sono con la Costa d’Avorio tre squadre per due posti. Il Brasile vince solamente 2-1 con i coreani ma si sbarazza degli ivoriani col risultato di 3-1. Il Portogallo riesce invece a fermare Drogba e compagni sullo 0-0 e poi rifila un 7-0 perentorio alla Corea del Nord che fa si che l’ultima giornata risulti praticamente pro-forma. Brasile e Portogallo non si fanno male e, così, i Brasiliani vincono il girone. Arriviamo quindi al gruppo della Spagna e ci arriviamo con gli Spagnoli che partono male: perdono 1-0 con la Svizzera dopo aver dominato praticamente tutta la partita prendendo gol da Gelson Fernandez – si sbarazzano di Honduras arrivando quindi a giocarsi la qualificazione contro il Cile battuto 2-1 e superato per differenza reti. I cileni passano lo stesso anche e soprattutto perché la Svizzera è stata fermata per 0-0 da Honduras che realizza l’unico punto del mondiale mettendo fuori chi ha battuto i campioni del mondo e nel 2006 era uscito senza mai prendere un singolo gol.

Ovviamente al mondiale ci siamo anche noi. Arriviamo da una deludente esperienza alla Conferedations Cup. Donadoni è stato mandato a casa dopo l’Europeo 2008 ed è tornato Marcello Lippi che ha infarcito la squadra di Juventini. Cassano viene lasciato a casa e così anche Mario Balotelli, fresco campione d’Europa con l’Inter. Non c’è più Toni, la punta della nazionale è Vincenzo Iaquinta che gioca in un 4-3-3 con Gilardino e Pepe. A centrocampo Pirlo si infortuna al polpaccio nel pre-mondiale ed insieme a Marchisio e De Rossi gli viene preferito al suo posto Riccardo Montolivo, della Fiorentina. Giocherà un bel mondiale, tanto che alcuni giornalisti di Eurosport ne auspicano la titolarità al posto del numero 21 dopo la gara con la Nuova Zelanda – proprio come adesso, insomma. Il girone è facile – Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. Pareggiamo però la prima coi sudamericani e nella seconda dopo essere andati sotto attacchiamo a ripetizione ma non andiamo oltre l’1-1. Nonostante tutto ci basterebbe pareggiare l’ultima partita contro la slovacchia e potremmo passare lo stesso al turno successivo ma andiamo sotto e perdiamo per 3-2, ci segna due volte Vittek, Di Natale accorcia ma Kopunen mette il 3-1 a 1′ dalla fine. Nel maxirecupero Quagliarella riesce a segnare il 3-2 e abbiamo addirittura l’opportunità di pareggiarla con un tiro di Pepe che finisce a lato del portiere proprio sul triplice fischio. Le scelte di Marcello Lippi e l’eccessiva sicurezza del CT hanno portato l’Italia al peggior risultato mondiale della propria storia. Per di più nel girone più facile mai avuto dalla nazionale Italiana.

Il mondiale però intanto va avanti e agli ottavi passano praticamente QUASI tutte le prime del girone – quasi perché gli USA si fanno eliminare dal Ghana che arriva quindi tra le prime otto ed ottiene il risultato più prestigioso mai raggiunto ad un mondiale da una squadra africana. L’Uruguay elimina la Corea del Sud con una doppietta di Suarez, l’Argentina ne fa 3 al Messico con Tevez ed Higuain, l’Olanda batte 2-1 la Slovacchia che segna solo al 94° e solo su rigore, ed ai rigori esce il Giappone contro il Paraguay (decisivo l’errore di Komano). Il Brasile si sbarazza per 3-0 del Cile, in una maniera tutto sommato facile, mentre nei due scontri tra big, invece, la Spagna batte 1-0 il Portogallo che come due anni dopo all’Europeo non gioca una brutta competizione ma ha la sfortuna di trovare sul suo cammino sempre la squadra più forte del torneo. Lo scontro più atteso è però quello tra Inghilterra e Germania che va in scena il 27 giugno a Bloemfontein. La Germania conduce 2-1 contro l’Inghilterra con Upson che ha risposto a Klose e Podolski – un tiro di Lampard colpisce la traversa e finisce direttamente alle spalle del portiere tedesco per tutti ma non per l’arbitro. Esattamente 60 anni dopo il 1966. La Germania si prende così una vendetta “sporca” di quella finale – tale episodio risulterà poi ininfluente, andando a vincere 4-1, ma quel gol insieme al più celeberrimo di Muntari indurrà la FIFA ad introdurre la Goal Line Technology, in vigore al prossimo mondiale. 

La Germania ne dà 4 anche all’Argentina, ai quarti di finale, in una riedizione del 2006. L’Argentina viene umiliata e persino Maradona viene messo sotto accusa, è l’ennesima sconfitta di Lionel Messi in nazionale, giocatore quasi normale fuori da quel sistema perfetto che gli han creato a Barcellona. Esce anche il Brasile contro l’Olanda con un Felipe Melo caldamente voluto da Dunga che contro l’Olanda riesce nella non facile impresa di fare un autogol prima e di farsi espellere poi. Inutile dire che sia Dunga che Maradona lasceranno le rispettive panchine. Completano il quadro un Uruguay che spezza il sogno del Ghana, un Ghana che va vicinissimo alla semifinale perché Suarez salva sulla linea di porta con la mano un gol già fatto da parte degli africani al termine dei supplementari, cartellino rosso ma Adiyah, recentemente votato miglior giocatore del mondiale Under 20, sbaglia il rigore. E sbaglierà anche quello decisivo pochi minuti dopo, alla lotteria dei rigori portando la Celeste in semifinale ma senza il suo bomber.

Le semifinali vedono quindi da una parte l’Olanda sbarazzarsi dell’Uruguay. Segna Van Brockhost, poi Forlan pareggia, quindi Snejider e Robben portano gli Orange sul 3-1 prima di un gol tardivo di Maxi Pereira al 92°. E’ forse pesata l’assenza di Suarez ma l’Uruguay ha trovato, finalmente, una squadra assolutamente competitiva per il futuro. La Spagna, invece, continua la sua linea di 0-1 e si sbarazza della Germania nella rivincita della finale di Euro 2012 – stavolta è Puyol, di testa, ad eliminare i tedeschi a 17′ dalla fine. Si arriva quindi dopo la finalina (una delle più belle, con la vittoria degli Uruguagi) alla partita tra Spagna ed Olanda: nessuna delle due ha mai vinto il mondiale – sarà quindi una prima volta per chiunque alzerà al cielo il trofeo. E’ una finale chiusa, brutta, tesa. La paura di perdere è tangibile da entrambe le parti: finisce con 13 ammoniti ed un espulso. Che non è De Jong, per il famoso fallo su Xavi, per cui non viene nemmeno ammonito ma Heitinga, al 109° minuto. Sette minuti dopo si scrive la storia: cross di Torres, palla respinta che finisce sui piedi di Fabregas che vede l’inserimento di Iniesta e lo premia. Palla nel 7 e Barcellona campione di Spagna. Finirà con Iniesta che nel momento più importante, della partita più importante si toglierà la maglietta che contiene una dedica all’amico Dani Jarque, morto prematuramente. Dani Jarque, non è un giocatore del Barcellona ma dell’Espanyol, i rivali cittadini. Che tributeranno ad Iniesta un’ovazione nel successivo derby dove fischieranno contro tutti i catalani ma non contro Iniesta che quella sera ha unito, per la prima volta, la città e la nazione. Per la prima volta sul tetto del mondo.

La storia dei mondiali finisce qua. Da domani inizierà il capitolo più bello. Quello che ancora deve essere scritto. Benvenuti a Brasile 2014.