Storie di Mondiale – Lo spettacolo è di casa (1970)

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Primo mondiale “nordamericano”, almeno a livello di confederazioni. Il Mundial 1970 più o meno lo conoscono tutti; la Coppa Rimet viene assegnata definitivamente proprio in questa edizione. Come al solito 16 squadre; esordio assoluto per Israele, El Salvador e Marocco. Per la prima volta abbiamo quindi un’africana e due squadre del Nord e Centro America, con il Messico qualificato in quanto paese organizzatore; 9 europee, tre sudamericane –con il ritorno del Perù, che mancava dal 1930– e Israele che all’epoca era affiliato alla federazione asiatica. Classici 4 gironi.

Nella prima fase l’unico gruppo veramente combattuto sarà quello degli azzurri. L’Italia si presenta al mondiale messicano da squadra fresca campione d’Europa, sebbene il titolo sia arrivato da un sorteggio favorevole in semifinale (quando ancora non c’erano i rigori) e da un replay della finale, dato che entrambe le partite erano finite in parità. In tutto il girone, solo 6 gol e tanti pareggi. Al punto che l’Italia –squadra di autentici campioni, più che quattro anni prima; Albertosi, Facchetti, Rivera, Riva, Mazzola, Boninsegna sono solo alcuni nomi- vince la prima gara con la Svezia, per 1-0, e si limita ad amministrare con un doppio 0-0 nelle altre due partite, con Uruguay e Israele. Caso più unico che raro di una squadra che con 1 gol segnato passa il turno. Tra le altre, la spunta l’Uruguay, che pur perdendo lo scontro diretto con la Svezia passa per differenza reti. Gli svedesi, infatti, hanno buttato via un possibile primo posto –per numero di gol segnati- impattando 1-1 con Israele, l’anello debole del girone che però vende cara la pelle più del previsto. Azzurri e uruguaiani ai quarti.

Nel resto del tabellone la situazione si delinea da subito. Il gruppo A vede dominare URSS e Messico, che pareggiano la prima per poi stendere Belgio ed El Salvador, vera squadra “materasso” del mondiale. L’URSS arriva prima per il maggior numero di gol segnati. Nel girone C vola il Brasile, che le vince tutte e tre, un po’ meno l’Inghilterra campione uscente che però si qualifica ai quarti con due vittorie. Male la Cecoslovacchia, finalista europea appena due anni prima; perde uno dei tanti “derby d’oltrecortina” per 2-1 con la Romania ed esce poi contro l’Inghilterra, in una partita che avrebbe dovuto vincere 3-0 per passare; i sudditi della Regina vincono 1-0 e superano il turno. Senza però convincere. La squadra che più di tutte esce rafforzata dalla fase a gironi, oltre ovviamente al Brasile, è la solita Germania Ovest. Che vince tutte e tre le sfide del gruppo D, faticando più del dovuto con la matricola Marocco e stendendo le altre. Dietro i tedeschi, la sorpresa Perù, che batte 3-2 la Bulgaria e 3-0 il Marocco, per poi cadere con i teutonici.

Tanta America ai quarti. Una quadrupla sfida Europa-America sarebbe stata esagerata; tutte le sfide si giocano in contemporanea. Gli azzurri, trasfigurati rispetto al girone, liquidano con un 4-1 i padroni di casa. Una sana rivincita, dopo quattro anni, attende la Germania Ovest, che elimina l’Inghilterra per 3-2 ai supplementari, con l’ottavo gol in 4 partite (!) di quel vecchio marpione dell’area di rigore che è Gerd Müller; nella parte alta del tabellone l’Uruguay sconfigge 1-0 l’URSS, e il Brasile liquida 4-2 il Perù, in un turbine di gol dei vari Tostao, Rivelino e Jairzinho. Preludio agli ultimi due turni, i più importanti. La fredda rivincita nel ventennale del 1950, che comunque non potrà mai cancellare la disfatta del Maracanà, avviene con un secco 3-1 per i verdeoro a Guadalajara. L’Uruguay passa in vantaggio, ma il Brasile è semplicemente più forte. Sull’altra partita, ci sono stati abbastanza programmi tv, ritrasmissioni in differita, pubblicazioni; ma la Partida del siglo (Italia-Germania 4-3, rigorosamente omettendo l’Ovest) vista da 102.000 persone all’Azteca, quasi tutte pro-Germania visto che a eliminare il Messico erano stati gli azzurri, è indubbiamente un evento di maggiore portata anche della stessa finale. Un semplice 1-1, che sarebbe stato un 1-0 guardingo per gli azzurri senza il pari di Schnellinger nel recupero –fino a quella partita, mai visto ai mondiali- si tramuta nella partita preferita in assoluto degli storiografi. Muller porta i tedeschi sull’1-2; poi Burgnich pareggia, Riva mette la freccia del sorpasso con il 3-2, al 110’ segna ancora Muller, al decimo gol in 5 partite, e sul successivo contropiede Rivera mette a segno il definitivo 4-3. I palati fini (leggasi Gianni Brera, uno a cui perfino Rivera stava stretto) giudicheranno il gioco della partita “confuso e scadente”, certo, ma l’emozione dura ancora a 44 anni di distanza.

I tedeschi devono accontentarsi del bronzo, ottenuto per 1-0 sull’Uruguay con gol di Overath; la Coppa Rimet verrà assegnata definitivamente, dato che sia il Brasile sia l’Italia hanno già vinto i mondiali per due volte. E sono i verdeoro ad aggiudicarsela; un perentorio 4-1 consegna il titolo alla squadra probabilmente più forte di tutti i tempi, capeggiata da uno dei due giocatori più forti di tutti i tempi (per me il migliore; ma si sa, chi arriva dopo cancella quasi sempre il ricordo di chi è arrivato prima). Gli azzurri lottano e riescono addirittura a tenere il risultato sul pari, dopo che Boninsegna risponde al 37’ al gol in avvio di Pelè. Ma nel secondo tempo il Brasile dilaga, con Gérson, Jairzinho e Carlos Alberto. L’Italia torna grande al Mondiale dopo 32 anni da non pervenuta; il Brasile entra nella storia e allunga sugli azzurri e sull’Uruguay, che si erano spartiti le prime quattro edizioni del torneo iridato. Toccherà alla Germania Ovest ospitare il primo mondiale con la nuova Coppa.