Destinazione Superlega

E’ forse quella che tra le rivelazioni di Football Leaks ha fatto più scalpore: 11 club fondatori più 5 ospiti si sono accordati negli scorsi anni e sono pronte a fondare una Superlega Europea dal 2024. I grandi ispiratori sono Barcellona, Bayern Monaco, Juventus e Real Madrid che a loro volta hanno coinvolto Milan, PSG e le cinque big inglesi ovvero Arsenal, Chelsea, Liverpool, United e City. Per arrivare a 16 completerebbero l’organico Atletico Madrid, Dortmund, Inter più due tra Benfica, Marsiglia, Porto e Roma. L’obiettivo è chiarissimo: soppiantare la Champions League e aumentare i propri ricavi dai diritti TV.

Non è un mistero che l’attuale Champions League sia poco attrattiva per via di un divario tra grandi e piccoli club che il Fair Play Finanziario non ha fatto altro che ampliare. Chi aveva ricavi alti perché vinceva si è trovato la propria concorrenza inibita, fermata, spazzata via. Ha ampliato ancora di più i propri ricavi e ha continuato a vincere. In Coppa al momento ci sono pochissime squadre che possono ambire alla vittoria mentre prima la vincente usciva sempre da una rosa di 7-8 squadre. Si è parlato addirittura di rivedere la regola dei gol in trasferta proprio perché è diventato molto più facile segnare e vincere fuori casa. Sicuramente non è più la Champions League a cui eravamo abituati.

La UEFA in questo momento è tra due fuochi. Da un lato c’è la pressione dei grandi club che vogliono sempre più soldi per continuare a consolidare la propria posizione. Dall’altro tutto il resto che continua progressivamente ad indebolirsi. E’ molto difficile, se non impossibile, sanare la spaccatura creata in questi anni e cercare di creare un modello stile NBA: in primis, la Champions League non è una lega chiusa ed in secondo luogo molte restrizioni come la nazionalità dei giocatori o sui trasferimenti o di salario sono fortemente normate dall’UE.

La stessa UEFA ha probabilmente sbagliato a non mettere dei “paracadute” per i club storici che finivano fuori dalla coppa, permettendogli di mantenere comunque quei ricavi necessari a restare nel giro. Abbiamo il caso del Milan che è crollato dal terzo al sesto posto per un girone d’andata disastroso nell’anno dell’esonero di Allegri e da lì non si è più ripreso (può piacere o no, ma l’uscita è prima sportiva che gestionale. Nel senso che il castello è crollato mancando quei soldi). Abbiamo il Liverpool che ha faticato per tornare nel giro una volta uscito. Abbiamo l’Arsenal che col meccanismo qualificazione -> girone -> uscita agli ottavi -> soldi -> qualificazione ci è campato per anni e la prima volta che lo ha fallito è finito in EL due volte di fila. Dall’altra parte della bilancia abbiamo l’Inter che è riuscita a tornare nelle quattro spezzando il triopolio consolidato Juventus-Napoli-Roma grazie ad un quarto posto materializzato dalla riforma UEFA che prima non c’era e – quindi – grazie a quei soldi ha potuto rinforzare la squadra (un treno che passava una volta sola, grazie Mirabelli per aver bruciato 230 milioni).

Questo meccanismo pare ovvio non essere assolutamente equo e/o sostenibile. In altre parole: i più forti diventano sempre più forti. E – attenzione: una volta tornati nel giro Champions League, per raddoppiare i vostri ricavi dovete entrare nelle prime otto. Per farlo dovete avere anche gironi facili. Per averli dovete essere messi bene nel sorteggio. Per essere messi bene nel sorteggio dovete aver passato i gironi in passato – ed è molto più facile averlo fatto se questi erano facili. E’ già oggi un sistema conservativo al massimo della propria forma. Gli unici che riescono a sfuggirvi parzialmente, ma solo negli ultimi anni, sono i club della Premier League: andatevi a vedere il loro contratto dei diritti TV e capirete il perché. Tre miliardi di euro ogni anno, distribuzione più o meno equa. Quello che avrebbe dovuto fare la lega in Italia invece di favorire il solito padrone bianconero – ma Agnelli d’altronde ha messo i suoi uomini nei posti giusti perché ciò non accada mai.

Se la Champions è poco attrattiva l’unica opzione resta la Superlega. L’impianto già c’è: è l’International Champions Cup, il torneino estivo organizzato dalla società affiliata a Tebas. Lo stesso Tebas che è il grande capo della Liga che voleva giocare una partita di campionato a Miami prima del no della FIFA che ovviamente si oppone a qualsiasi tentativo di presa di potere dei club. Tebas che con Mediapro ha provato a mettere le mani sul calcio italiano cercando un nuovo modello di concorrenza – quella per cui lo stesso prodotto viene venduto a più piattaforme possibili che a loro volta dovranno farsi concorrenza coi prezzi (un po’, se pensate, quello che accade a livello di telefonia mobile) ma è stato respinto dal vecchio sistema e da Sky che è riuscita a prendersi esclusive di lusso portando in Italia DAZN per rispettare la legge Melandri. Non è un mistero che la cordata contro Tebas sia stata capeggiata da Agnelli che in Sky ha (aveva?) interessi così come non è un mistero che Sky alzi l’offerta rispetto a quella di un anno prima appena prima che Ronaldo sbarchi in Italia (dubito fortemente non sapessero della cosa, visti i loro rapporti con Torino) facendo così uno dei più grossi affari commerciali della sua storia. Prima o poi qualcuno indagherà sul possibile conflitto di interesse tra le due e ne scopriremo delle belle.

Difficile capire quale possa essere lo sviluppo della Superlega – al momento abbiamo un precedente importante nel basket con la creazione della Euroleague negli anni 2000 ma non fu una transizione troppo conflittuale. La nuova lega assicurava semplicemente qualche posto in più alle big ed era organizzata da una associazione di club anziché la federazione internazionale. Tutto questo fino a due anni fa quando è stato deciso una riduzione delle partecipanti da 24 a 16 ed un formato stile campionato che ha causato la furia della federazione che ha – a sua volta – creato una Champions League dove partecipano tutte le squadre delle federazioni nazionali. Questo ha portato per le 16 partecipanti ad una impennata dei ricavi grazie all’accordo commerciale per i diritti TV (circa 10 milioni per squadra, cosa che sta riducendo le differenze tra i team) ma ha anche portato la federazione a tentare di reagire con minacce per le federazioni che avessero concesso alle loro squadre di giocare quella coppa come l’esclusione dalle olimpiadi, poi mai attuate.

E’ forse questo lo scenario possibile, se non probabile nel calcio. Una competizione del genere potrebbe portare ad un incremento così forte dei ricavi per chi la gioca tale da ridurre fortemente le differenze attuali in breve tempo. D’altro canto bisognerà capire la posizione della FIFA, che è già in aperta lotta con la UEFA dopo il supermondiale per club (praticamente un’altra Champions League estiva ogni 4 anni) al momento bloccato proprio dai club e la sua opposizione al progetto Tebas. La FIFA può – teoricamente – bloccare l’attività delle nazionali i cui club affiliati alle federazioni prendano parte al progetto se non addirittura escludere i singoli giocatori dall’attività delle nazionali. Può puntare sul fatto che il mondiale di calcio è – al momento – ben più importante dell’anonimo mondiale di pallacanestro ed escludere i giocatori di queste squadre può essere una mazzata pesante per i giocatori stessi (dall’altro lato della bilancia, però, andrebbe considerato che un mondiale privo di stelle sarebbe comunque un mondiale monco).

L’altra vera domanda riguarda il futuro del calendario. 16 squadre sono 30 partite di superlega a meno che non si vogliano sperimentare altri format. Lo scorso anno, per capirci, la squadra che ha giocato più partite di tutti è stata il Milan con 57 gare per via dei preliminari di EL – le stesse che ha giocato la Juventus l’anno prima in cui ha fatto bottino pieno di partite ma non di trofei (grazie Casemiro e Asensio). Restano quindi 27-30 gare da giocare: impensabile una riduzione del calendario (meno partite, meno diritti TV e incassi, ma anche ricaduta del merchandising) e resta quindi difficile pensare che queste squadre lascino il proprio campionato nazionale soprattutto quello inglese e la sua ricchissima quota di diritti TV.

L’obiettivo da sempre di Agnelli e dell’ECA è spostare le partite di Champions League (o della nuova Superlega) nel weekend per massimizzare i ricavi. Il numero di partite si può aumentare, però, solamente giocando nella stagione estiva o riducendo le inutili soste delle nazionali che è ciò che – giustamente – vuole non solo l’ECA ma anche l’appassionato di calcio medio. Ridurre a due le finestre – una prima ed una dopo il campionato – sarebbe la soluzione più auspicata da tutti. Negli ultimi anni la Superlega era una minaccia per far ottenere ai grandi club quello che volevano dalla UEFA: sarà ancora così?

P.s. comprendiamo lo stupore dei cugini per essere inseriti nella lista degli invitati e non in quella dei fondatori. Vorremmo rassicurarvi: qualche derby vinto non cambia il fatto che il rapporto tra Milan ed Inter è lo stesso che c’è tra Real Madrid ed Atletico. Fuori dal magico mondo di Moratti e Prisco il “triplete” ed il “mai stati in B” non sono dei trofei e come tali a nessuno importa quando c’è da confrontarsi coi grandi.