Arjen Robber: Orange avanti, col regalino

RobbenSe la giornata di oggi può insegnarci qualcosa è, forse, che non bisogna mollare finché non è finita. Olanda e Grecia a cinque minuti dalla fine sembravano già fuori dal mondiale – e lo sembravano anche in maniera piuttosto meritata. Se per i Greci la sofferenza è stata solo rimandata, le sorti per Orange sono state, invece, radicalmente diverse. Il Messico era avanti 1-0, gol di Giovanni Dos Santos in una partita praticamente non dico dominata ma in cui l’avversario era stato contenuto, in cui tutto stava andando male – e non può che essere altrimenti quando un giocatore come De Jong esce dal campo per un’infortunio venendo sostituto con Martins Indi.

Il Messico era andato vicino al vantaggio con Olive Peralta, il giustiziere di Londra 2012, poi Herrera aveva sfiorato il palo quindi, nel secondo tempo, è arrivato il gol del vantaggio. Il resto sembrava ordinaria amministrazione di Ochoa – non mi stupirei vincesse il premio di miglior portiere del mondiale – che para prima su de Vrij e poi su Robben. Sembrava andare tutto bene, sembrava a portata di mano, finalmente, il passaggio ai quarti di finale per il Messico fino a quei maledetti cinque minuti finali in cui Snejider ha agganciato un pallone e l’ha sbattuto in porta con rabbia e violenza pareggiando una partita che era ormai persa. E poi c’è stato Robben, top player in questo mondiale forse al livello di Messi, Neymar e Rodriguez – sono loro le stelle di questa rassegna e lui lo ha dimostrato ancora una volta procurandosi quel rigore finale costringendo al fallo Rafa Marquetz, quel rigore con i supplementari sullo sfondo, quel rigore che trasforma Klaas Jan Huntelaar – con la freddezza di chi deve tirarne uno decisivo e fa sì che la partita rimanga solo come un pericolo scampato. Vi ha ricordato niente? Stesso turno, otto anni fa, Fabio Grosso contro l’Australia… chissà che non sia un segno. In effetti, in entrambi i casi, i rigori erano platealmente inesistenti.

L’Olanda ha infatti un’autostrada spianata verso la finale perché nella partita della sera, quella forse meno affascinante delle due, è la Costa Rica ad aver la meglio della Grecia. Ora – diciamolo – io non mi ricordo nella storia della nazionale greca una partita non dico bella ma almeno decente da vedere. Possesso? Lento. Azioni? Poche. Tiri in porta? Ancora meno. La Costa Rica è forse quella che delle due ha provato più a giocare a calcio anche se la Grecia è stata quella che ha avuto le azioni migliori e più pericolose. Il gol lo segna ancora Ruiz, il capitano con un tiro abbastanza strano che Papastathopulos lascia sfilare battenzandolo fuori – è forse uno dei gol più belli del mondiale, non per spettacolarità ma per gesto tecnico vista la traiettoria che viene impressa al pallone. La grecia però non molla, la Costa Rica rimane in 10 per un fallo abbastanza ingenuo e anche qua arriva il pareggio di Papastathopulos. Primo gol in nazionale per l’ex Milanista, il più importante – forse – della carriera. Nei supplementari i greci cercano il vantaggio arrivando proprio come accaduto ieri in Brasile – Cile a sfiorare il gol nell’ultima azione, all’ultimo minuto. Non basta. Si va ai rigori – rigori tirati meglio di quelli del giorno prima ed infatti ne entrano 8 su 9. Decide l’errore di Gekas, colui che aveva portato qui la Grecia segnando proprio un rigore all’ultimo minuto contro la Costa d’Avorio. La Costa Rica, data per spacciata nel girone dei tre campioni del mondo guarda tutti dall’alto, dai quarti di finale raggiunti per la prima volta nella propria storia. Si fermerà qua?