Viva la Superlega

Per anni le società calcistiche Europee sono state ostaggio degli organizzatori dei tornei, unici a poter regolamentare su competizioni in cui chi produce valore (i club) riceve una scarsa fetta del valore prodotto. Non è un caso che i campionati li organizzino le leghe degli stessi club, sotto l’egida federale, mentre la stessa cosa non è mai accaduta con la Champions League. A questo aggiungiamo quello che è successo negli ultimi anni dove – in cerca di voti sempre più necessari delle confederazioni minori – si sono dati posti su base geografica a squadre che oggettivamente non lo meritavano.

Il calcio non è più quello di 20 anni fa e non lo è proprio grazie alla stessa UEFA in primis. A creare club più importanti è stata la UEFA con la Champions League al posto della Coppa dei Campioni ed una ridistribuzione del montepremi della stessa sempre più iniquo. A rovinare l’equilibrio storico dei campionati che esisteva fino agli anni 90 è stata la UEFA. Quello a cui stiamo assistendo è quindi una trasformazione non più rimandabile.

Abbiamo visto nei quarti di finale di Champions League sfide come Real-Liverpool o PSG-Bayern Monaco, di altro livello rispetto a quelle dei campionati e a quelle della prima parte della competizione. Quello che va fatto per aumentare il valore della stessa è cercare di avere più sfide di questo livello e meno di livello Real Madrid – Malmoe o Liverpool – Dinamo Zagabria. 

Buttarla in vacca con un discorso meritocratico, come fa la UEFA, è certamente il miglior modo per contrastarla – ma dati alla mano l’attuale sistema è tutto tranne che meritocratico. Se una squadra come la Juventus che vince per 9 anni di fila lo scudetto fallisce un anno, finisce fuori dal giro. E’ successo a noi, è successo al Liverpool, è successo allo United. Rientrarci è difficile – e magari vai fuori solamente perché una squadra ha fatto due punti più di te in una singola annata di campionato. Meritocrazia? Opinabile.

E’ opinabile parlare di meritocrazia in un sistema dove una squadra quinta/sesta abitualmente può fare il miracolo e andare a prendere pizze in faccia l’anno dopo, a spese di chi ha alimentato il sistema fino a quel momento e si trova gravemente danneggiato per l’aleatorietà di una singola annata di un torneo a 38 giornate. E’ opinabile parlare di meritocrazia in una competizione a 32 dove le 32 non sono le 32 più forti d’Europa ma sono scelte in base alla collocazione geografica. Il campione di Croazia ha un pass pur non essendo più forte della quinta o della sesta della Serie A solo per collocazione geografica. Bel merito.

Non è merito nemmeno vedere che chi si è conquistato la qualificazione sul campo come il Milan ha dovuto rinunciarvi, o la Roma che ha dovuto vendere Salah per fare fronte al FFP. Parlare di merito dopo aver creato strumenti per fossilizzare le posizioni dominanti di qualche club è semplicemente ridicolo oltre ogni ragionevole misura. Grazie al Fair Play finanziario la Juventus ha vinto 9 campionati su 9, scavando un gap che solo quest’anno – per proprio ed esclusivo demerito nelle scelte di mercato – qualcun altro è riuscito a colmare. Ci sono concetti e concetti di merito, il merito di aver fatto un misero punto in più è sicuramente discutibile, così come quello di essere di una nazionalità diversa.

La stessa UEFA che fa orecchie da mercante ha cercato di incrementare la visibilità delle sue competizioni per nazionali con lo stesso meccanismo: la Nations League. Ovvero aumentare le partite tra le nazionali di una certa fascia. In Champions League ha sempre rifiutato di farlo per motivi geopolitici – ovvero ci servono più voti possibili delle piccole federazioni (a cui è stata pure data una coppa per fargli vincere qualcosa). 

L’ultimo aspetto è quello puramente legale: i club sono privati che investono, guadagnano e perdono soldi. La UEFA è solamente un intermediario che aiuta i club a creare valore ma che non può mai perderci. E’ la rivolta dei lavoratori contro il padrone senza il quale il padrone è impotente. Parla di valori e solidarietà chi semplicemente ha autodefinito una propria posizione di monopolio vietando ogni altra possibilità e associazione come nei migliori regimi.

Dal basket sappiamo due cose: che il modello è fattibile, funziona, e funziona bene. Funziona in campionati con i playoff dove ogni partita alla fine vale qualcosa. A proposito di questo, non mi parlate di meritocrazia in un campionato dove trovarsi la squadra di metà classifica già salva e fuori dalle coppe da un mese che non si impegna e ti regala i tre punti può cambiarti la stagione. La meritocrazia è semmai attribuire licenze pluriennali sulla base di risultati di lungo periodo e soprattutto di infrastrutture adeguate alla dimensione europea.

Non ultimo, fanno ridere i giocatori che si ergono a moralisti del sistema e del calcio del popolo. Ozil – che si è scagliato contro la Superlega – ha avuto trasferimenti per andare a prendere sempre di più tanto che la sua squadra ha dovuto chiedere aiuto ai tifosi per pagargli l’ingaggio. Noi abbiamo un portiere che vuole essere strapagato e una primadonna turca che tratta al rialzo. Le istituzioni non hanno fatto niente per bloccare questo o limitare il potere dei procuratori perché tanto il problema era solo dei club.

In conclusione, non bisogna automaticamente essere favorevoli alla Superlega come il sottoscritto per riconoscere che il sistema attuale è totalmente marcio e sbagliato ed una picconata al regime di monopolio invece di uccidere il calcio non farà altro che valorizzarlo al meglio. Come già accade in basket, rugby ed altri sport chi produce valore – il team – sarà unico proprietario del valore prodotto, senza intermediari a specularci. Come bonus, si potranno anche sperimentare regole più moderne senza dover stare all’imposizione dei quattro parrucconi fondatori del calcio che si arrogano il diritto unico di deciderne le regole, anche sopra la federazione internazionale. E non possiamo che esserne felici.