La vergognosa campagna anti-Rangnick

In Italia se non sei italiano non è facile dirigere o allenare. Se ne sta rendendo conto Gazidis ma lui è soltanto l’ultimo di una lunga serie. Lo stesso Fonseca viene atteso al varco, Mourinho ebbe problemi nel suo primo anno all’Inter e lo stesso Luis Enrique, che poi vincerà la Champions a Barcellona, veniva dipinto come uno scappato di casa. Purtroppo, in Italia, c’è questa concezione che il calcio sia stato inventato a Coverciano e che solamente chi ha allenato lì sia “degno” di sedersi su una panchina di Serie A.

A tenere in piedi questo sistema aiutano parecchio le amicizie coi giornalisti –  ognuno ha ovviamente le sue – in un paese dove la trasmissione di punta di calciomercato è diventata la lettura delle veline di Marotta e i quotidiani sportivi pubblicano sistematicamente ciò che gli arriva dall’ufficio stampa della Juventus (da non perdere gli articoli su quanto sia rivoluzionaria la maglia blu o le esultanze invertite su Tiktok di Dybala e Ronaldo, poi ovviamente la colpa è di Telegram e della pirateria se milanisti e interisti non comprano una fanzine juventina) – le stesse per cui Mancini è dipinto come se fosse il nuovo Guardiola mentre “quello piccolino, là, il marito della Parodi” per anni dipingeva Klopp come se fosse uno che di calcio non capiva nulla.

In questo contesto Gazidis risulta meglio o peggio di Maldini? Non lo so, e probabilmente non lo sapremo fino all’anno prossimo. Quello che possiamo sapere è che Maldini in Italia ha sicuramente amicizie tra i giornalisti, mentre Gazidis no. Da chi escono secondo voi gli articoli sulla Gazzetta al punto giusto e al momento giusto per destabilizzare la squadra? Da Montolivo? Da Abate? In fondo è sempre stato nello stile di Maldini cercare una poltrona da dirigente e difenderla prima di tutto. Magari per farlo tira in mezzo anche Ibrahimovic – ora nel ruolo di salvatore della patria – dimenticando che se si è dovuti arrivare a prendere un 39enne per salvare un attacco dove fino a dicembre avevi dei paraplegici che non segnavano manco con le mani, forse voleva dire che il progetto non era un granché.

Ibrahimovic, dall’alto della sua esperienza biennale a metà classifica nel cimitero degli elefanti della MLS oggi ci fa sapere che schifa l’Europa League e che non è un giocatore da Europa League. O meglio non sarà un giocatore da Europa League al Milan, perché andrà a giocarla nell’Hammarby che nello scorso novembre si è qualificata per l’Europa League 2020-21 con gli svedesi che vincendo la grande concorrenza di Real Madrid e PSG si sono assicurati il giocatore per la prossima stagione anche se non gli garantiranno i 6 milioni annui che prendeva al Milan. Che disdetta, eh?

In tutto questo stiamo rimettendo in discussione un progetto che si era già rivelato fallimentare per un mese di Birra Moretti a porte chiuse dopo una pandemia globale dove siamo usciti meglio fisicamente degli altri. Lo stesso errore fatto con Allegri nell’estate 2012-13, con Montella nel 2016-17 e con Gattuso nel 2018-19. Non ricominciamo con “Se ci fosse stato X dall’inizio“, insomma. Pioli è comunque un gradino sopra questi tre ed è sicuramente il miglior allenatore tra i peggiori allenatori, ovvero tutta quella classe di raccomandati dalla stampa che a livello internazionale non ha mai visto la Champions League o ha pochissime presenze.

Rangnick è forse il peggiore dei migliori allenatori. Non sappiamo se sarà in panchina, ma è un salto sicuramente in avanti. Quello che sappiamo è che sarebbe finalmente la fine di una serie di lotte intestine interne partite da Barbara Berlusconi (che ogni giorno Agnelli e co. ringraziano per aver distrutto il Milan dall’interno) passando per Gattuso-Leonardo e finendo con Gazidis-Maldini. 

Il Milan ha bisogno di tornare al più presto una società con una catena di comando chiara e senza eroi improvvisati all’interno che remano contro per ritagliarsi uno spazio personale andando contro le decisioni proprietà ed AD. Ha bisogno di una ricostruzione di una squadra che non sia un instant-team con toppe qua e là, perché – ad esempio – Ibrahimovic non ha risolto un problema, lo ha solo rimandato. Ha bisogno di dirigenti che vadano a metterci la faccia quando si subiscono decisioni arbitrali avverse e non parlino solo quando c’è da farsi belli o salvare la poltrona.

Per intenderci, a me non piace nemmeno Gazidis. Ma non si può negare che questo signore da quando è arrivato ha avuto persone che gli hanno remato contro e come prima cosa debba iniziare a ripulire la società da club intestini che cercano i propri interessi in modo da tornare ad essere un unico blocco monolitico dalla stessa parte. Poi magari Gazidis fallirà e arriverà un altro AD che farà meglio, ma che erediterà una struttura già compatta a sua volta.

In tutto questo è bene ricordare che le direttive di fare una squadra vendibile non arrivano dal sudafricano ma dalla proprietà il cui interesse è vendere il Milan recuperando i soldi persi finora. Questo spiega l’avere zero debiti ed evitare giochi di bilancio con plusvalenze o sponsor finti – per capirci altre squadre come Inter, Juventus e Roma hanno chiesto prestiti per pagare gli stipendi perché nonostante bilanci “migliori” non avevano un euro in cassa.

Quando arriva la cessione? Come ho già detto non arriverà mai prima della firma sul progetto stadio che Sala sta cercando in tutti i modi di ostacolare. Qualche indizio però lo abbiamo: dal 30/6 sono scadute tutte le cariche di amministratore in casa Milan, compresa quella di AD di Gazidis. Ad oggi sono in prorogatio per la gestione ordinaria, fino alla prossima assemblea soci – vale a dire che se un nuovo proprietario arrivasse oggi potrebbe mettere immediatamente il proprio board senza incorrere in alcuna penale.

In sostanza Rangnick non rappresenta un allenatore o un dirigente, ma rappresenta una idea di una società finalmente normale. Una società che può arrivare nei primi posti o a metà classifica ma che è sicuramente un punto di partenza più normale di quanto abbiamo vissuto – da guerre intestine per la poltrona di Galliani a finti cinesi i cui dirigenti venivano osannati in cambio di accrediti tramite accordi non scritti, da allenatori che remavano contro l’ultimo dirigente capace a narcisi che non vedono oltre la propria poltrona. Io ci credo, e voi?

P.s. complimenti a Lucas Biglia, MVP fondamentale nella partita contro la Juventus dopo essere stato schierato nel suo ruolo naturale, la panchina.