Il giorno in cui tornerà la competenza

La notizia di Rangnick direttore tecnico con eventualmente Nagelsmann allenatore potrebbe essere la cosa migliore capitata al Milan dai tempi in cui Barbara Berlusconi lasciò per sei mesi la società perché incinta – e in quei sei mesi vincemmo una supercoppa e passammo il girone d’andata nei primi tre posti (con tanto di fumo che usciva dalle orecchie dai futuri zerbini dei cinesi).

Potrebbe essere una buona notizia perché per la prima volta da Ancelotti il Milan potrebbe avere un allenatore con esperienza internazionale di Coppa dei Campioni – cosa che negli ultimi anni è mancata passando per inqualificabili e narcisisti esordienti ad eccezione della parentesi del disastroso Montella che comunque grazie a quel minimo di esperienza portò a casa una coppa prima di essere fatto fuori da un disastroso mercato che lo portò a dover giocare con una rosa non adatta al suo gioco (lo stesso errore si ripeterà con Giampaolo).

La stessa cosa succederebbe in fase di mercato, dove dopo Galliani e gli anni in cui si è provato a cavare il sangue dalle rape senza soldi, si è rovinato il bilancio prima sperperando i famosi 250 milioni e ci si è messa una pezza poi molto malamente fino alla cura “temporanea” con Ibrahimovic. Temporanea perché ad oggi siamo ancora senza un attaccante per la prossima stagione. In tutto questo l’unico mercato con un po’ di senso è stato fatto da Leonardo – che pensava ad un altro allenatore ma è riuscito comunque a fare una squadra che aveva senso nel non-gioco di Gattuso (anche grazie a qualche aiuto dall’alto, tipo il fatto che Lucas Biglia è per fortuna più fragile di un vaso di terracotta).

Ad oggi il Milan ha la rosa e la classifica peggiore degli ultimi tre anni. Peggio anche di Fassone e Mirabelli. Si è arrivati a questo punto in primis perché Maldini non si è fatto da parte e allora Gazidis lo ha promosso per poterlo fare fuori in futuro. Poi si è arrivati per una campagna acquisti insufficiente che non ha portato ciò che ha tolto e non ha risolto alcuno dei problemi (vedi giocatori della gestione cinese inutili e strapagati) dello scorso anni che anzi si sono acuiti con il non riscatto di Bakayoko e l’involuzione di Suso (che riceve quindi meno palloni) e Paquetà. Problemi che solo qualche illuso credeva di aver risolto grazie alle classiche 2-3 partite buone di Castillejo a gennaio e due tiri a culo nello specchio di Calhanoglu (che la gazzetta rivelerà poi essere quello con la peggiore precisione nel tiro).

Chi ha creato questa rosa? Paolo Maldini. Come l’ha creata? Da direttore sportivo con – sulla carta – meno competenza dell’ex Mirabelli. L’ha creata prendendo elementi più o meno a caso e l’ha creata soprattutto senza seguire il modo di giocare dell’allenatore che aveva scelto (Giampaolo). Un allenatore che ha poi continuato a difendere ad oltranza per paura di bruciarsi (cosa, poi, puntualmente avvenuta). Grazie al lavoro di Maldini siamo arrivati a giocare col trequartista senza averne uno, dovendoci mettere Suso e arrivando a bruciare anche uno dei pochi talenti in rosa, essendo poi costretti a cederlo.

Qualcuno dirà “colpa di Elliott“. Benissimo. Elliott però chiede quello che per anni si è chiesto a gran voce negli ultimi anni del cattivissimo Kalianih, ovvero che la rosa renda per ciò che costi. Ci si era arrivati nel 2016-17 con un sesto posto con il quinto monte ingaggi e ammortamenti pressoché nulli poi la gestione cinese ha rovinato quattro anni di lavoro certosino nel ridimensionamento di cartellini ed ingaggi con quello sperpero di denaro – la metà scientemente accumulato nella mese di giugno (quando peraltro qualsiasi pollo sa che i cartellini costano il doppio) al fine di scaricare sulla gestione precedente i problemi con la UEFA creati da Fassone.

Se il Milan non arriva a ridurre le enormi perdite, il Milan non è futuribile. Quello che si può imputare ad Elliott non è tanto la scelta logica di ogni azienda, semmai il non aver ridotto le perdite tramite sponsor più o meno legati alla capogruppo e/o fittizi come ha fatto Suning all’Inter. E’ chiaro che Elliott stessa essendo di passaggio non vuole assumersi direttamente questo impegno, probabilmente considerando di vendere la società (o cercare un compratore) un minuto dopo chiuso l’accordo per il comune con lo stadio (a proposito: sarebbe ora che il Comune la smettesse con la storia delle volumetrie, di fronte ad un investimento così importante per la città ci sarebbe solo da ringraziare i club e concedere ogni struttura commerciale di supporto richiesta). 

Nella situazione in cui il duo tedesco arrivasse al Milan quindi la società avrebbe finalmente unità di intenti nell’area di amministrazione, cosa che non succedeva dalla parentesi temporanea di Scaroni prima ma storicamente da quando Barbara Berlusconi non era ancora entrata in società (da lì, l’inizio della fine), tornerebbe ad avere un direttore sportivo competente dopo Leonardo che però opererebbe secondo linee guida concordate (le uniche possibili con le regole attuali) ed avrebbe un allenatore di esperienza internazionale in Champions League (nulla contro Pioli, che ha migliorato qualcosa con lo scarso materiale a disposizione e con la rosa dell’anno scorso ci avrebbe probabilmente portato in Champions, ma serve un upgrade) che manca da Montella (disastroso per altre ragioni). Tutto in una volta sola, insieme, con un blocco unico che sa rispettare i ruoli e lavorare in un progetto comune.

Se c’è qualcosa che ci sta insegnando questa, purtroppo tragica, esperienza del COVID-19, è che finalmente si deve tornare alla competenza in ogni ambito, a partire da quello politico. Che è ora di finirla con bibitari che diventano parlamentari e ministre o casalinghe che sproloquiano complotti no-vax o 5G nell’aula del Senato. Non è un caso che in Germania, paese non colpito dalla pandemia più pericolosa, quella del populismo, il campionato di calcio sia già ricominciato mentre noi abbiamo un ministro dello sport a cui lo sport non piace ed è visto come un manipolo di atleti viziati e non come la terza industria del paese. Un disastroso ministro che non vede l’ora di fermare tutto per pura partigianeria personale, in uno stato che ormai, ad eccezione dei governi di Berlusconi e Renzi, ha visto principalmente governi fondati sull’assistenzialismo e sull’invidia sociale trionfare su altri temi come la ricerca della meritocrazia, sul far avanzare i migliori e non i raccomandati o i più anziani e che ci ha lasciato indietro anni luce rispetto al resto del continente.

E allora, che competenza sia anche al Milan. Dentro chi ha passato, lavori, titoli. Fuori i permalosetti che vanno a rilasciare interviste alla gazzetta perché non concordano con la linea della società. Fuori chi voleva solo comandare a pieni poteri nascondendosi dietro ‘il bene del Milan’ – chi si offende per interviste rilasciate alla Gazzetta su questa società ma faceva lo stesso, se non peggio, per destabilizzare quando era fuori. I calciatori sono calciatori, gli allenatori sono allenatori, i dirigenti sono dirigenti

E’ chiaro che il progetto Lipsia non può funzionare a lungo termine. Ma è altrettanto chiaro che avere una società che pensa e lavora come un blocco unico, come non accade dalla stagione 2010-11, una società che i panni sporchi li lava in famiglia e non tramite frecciate sui giornali è sicuramente la buona e la migliore base per ripartire e cercare di avere un futuro. Una situazione che, inoltre, toglierà ogni possibile scudo all’AD mettendolo finalmente al centro del progetto – con onori e oneri. Se andasse male, il prossimo a saltare, sarebbe (giustamente) proprio lui.

P.s. signor Maldini, lei ha detto ai giornali che lavorerebbe da dirigente solo al Milan. Ci spiega, però, quale altra squadra di calcio le darebbe i pieni poteri che ha ottenuto al Milan?