Il moralizzatore Allegri e la guerra agli ultras che nessuno vuole fare

Surrealismo puro. Il mercoledì di santo Stefano non si può definire diversamente con quanto successo tra Bergamo e Milano nell’arco di poche ore. A Bergamo è successo che la Juventus non ha avuto i soliti favorini – infatti non ha vinto. E come sempre quando la Juventus non vince i suoi tifosi ed i suoi tesserati straparlano di arbitraggi. E così vediamo Allegri tirare in ballo la partita con la Roma dove sono stati annullati due gol che dovevano essere annullati messi in mezzo come fosse un atto di lesa maestà.

Vediamo Marocchi a Sky – tv oramai sempre più di parte – dire che è assurdo che i giocatori dell’Atalanta facciano capanello intorno all’arbitro per chiedere l’ammonizione di Chiellini – ovvero ciò che i suoi beniamini in maglia bianconera fanno da anni. Ora, in tutta sincerità, l’allenatore di un club che ha diseducato mezza italia alla cultura della sconfitta e il cui presidente ha portato solo arroganza e disprezzo per tutto ciò che non è bianconero dovrebbe avere la decenza di stare zitto.

Che la Juventus debba chiudere il campionato prima possibile per concentrarsi sulla coppa lo ha capito qualsiasi tifoso dotato di un numero di neuroni enumerabile. Che l’allenatore di questo club parli di cambiare il calcio dopo che hanno sgamato il suo presidente con le mani in pasta con la n’drangheta nello smerciare biglietti e il suo responsabile della sicurezza fare entrare striscioni offensivi della memoria dei morti di Superga al derby è quantomeno ridicolo. Godetevi il vostro scudettino truffaldino ma abbiate la decenza di festeggiarvelo tra voi, in silenzio, senza disturbare l’italia sportiva facendo pure le vittime e gli offesi. Per cambiare il calcio, intanto, bisognerebbe sradicare il vostro abuso di posizione dominante. Non facile.

E così arriviamo alla sera. Inter-Napoli. Da dove partiamo? Dal morto o dai cori? Partiamo dai cori offensivi o razzisti. Vergognosi, punibili, tutto quello che volete – ma con un morto fuori dallo stadio e ultras di tifoserie che non c’entrano nulla con la partita come Nizza e Varese che si appostano per menarsi fuori dallo stadio il grande problema dell’Italia sono dei cori. L’unico giocatore preso di mira è Koulibaly – come fosse l’unico giocatore di colore del campionato. Se questi cori sono razzisti – allora devono esserlo sempre: quando sono allo Stadium si fa finta di non sentirli (tra cui il moralizzatore Allegri di cui sopra), quando invece sono a Balotelli allora lì non c’è un giornalista che sollevi il ditino, lì se li è meritati.

La verità è che su questi cori rimane una grandissima ipocrisia in ambo i sensi. Ci sono giocatori che se li lasciano scorrere addosso e ci sono giocatori che alla prima prestazione brutta o al primo errore o alla prima ammonizione li usano come scudo e come scusa. Ieri, ad esempio, Koulibaly è stato espulso per aver applaudito l’arbitro e ha detto che applaudiva ironicamente il pubblico. Una strumentalizzazione bella e buona. Sospendere la partita in caso di cori? E per quale motivo? Perché un insulto di questo genere è più grave di un epiteto sulla professione delle madri del calciatore o cori come Milano in fiamme (mai puniti, a differenza dei famosi lavali col fuoco). Quando si va a Napoli in trasferta – se si va, perché un sacco sono vietate – si finisce per andare in guerriglia in Iraq, entrando spesso in ritardo alla partita (ne è stato testimone Angelo qua da noi ad Agosto), ma il problema della violenza degli stadi sembra limitata ai tifosi del Napoli, improvvisamente diventati vittime.

Le grandi soluzioni per questi episodi? Saltata, per sfortuna (o sfortuna, ci avrebbe fatto molto comodo) l’ipocrita giornatina di sospensione del campionato per lavarsi la coscienza e ricominciare da quella dopo come se nulla fosse, ha pagato e pagato male l’Inter con due turni di chiusura dello stadio. Un po’ come se chiudessimo una banca per prevenire le rapine. In Italia c’è questa cultura diffusa di far pagare alla collettività le colpe individuali. Un po’ per non voler individuare i veri colpevoli, un po’ per un grande rito di espiazione collettiva. Il paese va male? I politici sono ladri. Non trovo lavoro? Devono darmi il reddito di cittadinanza. Si parte dalla scuola elementare con le note di classe quando due singoli fanno casino e la tradizione non si abbandona mai.

In Inghilterra, il 3 dicembre, in Arsenal-Tottenham, un tifoso ha gettato una banana in campo ad Aubameyang. Il tifoso è stato preso, messo in cella subito (gli stadi hanno le celle) e punito con un daspo a vita dagli stadi. L’8 dicembre invece è stato vittima di insulti razzisti Sterling – anche qua grazie alle immagini è stato prontamente trovato ed individuato il responsabile dell’accaduto. Era un manager, della British Telecom. Non solo lo hanno buttato fuori dallo stadio, ma ha perso anche il lavoro.

L’inter avrebbe dovuto individuare uno ad uno i responsabili di quei cori e punirli invece di nascondersi dietro a comunicati. Anche a costo di togliere l’abbonamento a 20mila persone. I posti sono nominali, numerati – e se al tuo posto c’è qualcun altro, vista la responsabilità individuale, al prossimo giro il biglietto lo prendi per un altro settore. Lo ha fatto il Real Madrid sradicando il tifo organizzato della curva. C’è voglia di combattere questo fenomeno in Italia? Ne dubito fortemente. Non ce n’è da parte arbitrale dove l’arbitro Gavillucci, unico a sospendere una partita per insulti razzisti è stato inspiegabilmente dismesso e oggi è tornato ad arbitrare ragazzini.

Ce n’è da parte delle società? Meno di zero. Le società ad oggi sono vittime di quell’abominio giuridico che è la responsabilità oggettiva e che le pone sotto scacco delle curve che possono minacciare di fare casino e far quindi chiudere settori, danneggiando incassi e/o risultati. Le società non possono nemmeno respingere i tifosi, facendo entrare allo stadio chi vogliono che entri e lasciando fuori chi non vogliono che entri in assenza di un provvedimento di un giudice.

In questo senso mi chiedo quale sia la posizione della società Milan sull’avere ancora nel proprio stadio il signor Lucci, diventato famoso per la foto con Salvini – è un 37enne capo ultras che pestò a sangue in un derby Virgilio Motta, tifoso interista, tanto da fargli perdere un occhio. Uno sorpreso a Sesto San Giovanni fuori da un Milan Club trattare 600 chili di droga con bande albanesi e calabresi tanto da prendersi un anno e mezzo – poi uscito con patteggiamento. Tanto da essere tranquillamente lì a Sassuolo-Milan a prendere a schiaffi un ragazzino che ha preso la maglia di Calhanoglu prima di lui. Che cosa ne pensa la società Milan del fatto che questo signore fosse presente alla festa della curva trasmessa anche dalla TV ufficiale?

Ora, capirete tutti che due cori non possono essere il problema e prima di punire quei due cori razzisti, c’è tutto un mondo da riformare. C’è da capire perché un padre di famiglia va a cercare di far risse prima di Inter-Napoli finendo travolto da un van – non il classico bravo ragazzo morto tragicamente in un incidente. Li si chiama ultras, ma vanno chiamati con il nome corretto: criminali. Non ci sono altre parole per descrivere chi va all’assalto di gruppi e bus rivali o spaccia nelle curve. Il calcio può e deve vivere bene anche senza questi gruppi, mai troppo veramente contrastati.

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E’ inutile continuare ad indignarsi quando accade qualcosa e poi fare finta di niente dalla settimana successiva. Lo stato e la federazione vogliono insieme alle società combattere il fenomeno? Benissimo, allora via la responsabilità oggettiva per ciò che succede fuori dallo stadio e via all’identificazione per ciò che accade dentro lo stadio, con decisioni delle società ancora prima di quelle della giustizia ordinaria. Si abbia il coraggio di provare a identificare e scardinare il branco in modo che le responsabilità ricadano sui singoli e che questi ultimi non possano più farsi scudo dietro al gruppo. Si diano pene lunghe e certe. 

La realtà rimane, però, che ad oggi le società sono vittime di questi gruppi e nulla possono. Chi ha cercato di dividere ed isolare – Galliani, Lotito, De Laurentiis è spesso stato fatto oggetto di contestazioni strumentali amplificate dai media senza alcuna ragione. Si sfrutti l’occasione per aprire una guerra a questi gruppi criminali e far diventare gli stadi dei luoghi sicuri per famiglie che già nel giorno del 26 dicembre hanno dimostrato di poterli e volerli riempire. Il calcio sopravviverà volentieri senza qualche coro e qualche coreografia.