C’era una volta…

Voglio raccontarvi una storia.
C’era una volta il Milan, quello dei sogni. Quello di cui ci siamo tutti quanti innamorati.
Quello in cui non potevi avere un solo giocatore preferito perché dentro il tuo cuore sentivi come un vuoto…
Alla domanda “Che giocatore ami di più?” si avevano dentro di sé mille emozioni e il cuore palpitava.
Poi ti usciva spontaneamente un nome “Kakà”, e avevi un blocco al cuore.. Come solo Kakà? E Inzaghi? E Sheva? E Dida? E Nesta? E Maldini?
E quindi la risposta finale era ‘un po’ tutti dai..Non puoi sceglierne uno!’ E partivano le risate tra amici, concordi del tuo pensiero e vogliosi di arrivare a domenica per vedere la partita.

Quando poi ti guardavi ancora più indietro per vedere la storia della tua squadra avevi Van Basten, Donadoni, Ancelotti, Baresi e via di pianti e di rimpianti.. “Perché non li ho visti giocare?” o “Ma ti immagini Maldini Baresi e Nesta insieme?” e sempre più fiero prendevi il tuo pallone da calcio, la tua maglia stropicciata e andavi nei campetti vicino casa a tirare due calci per liberare quel magone in petto che ti era venuto nel pensare a che grande storia aveva la tua squadra.
E non importava se il campionato lo vinceva la Juve o l’Inter, tu prendevi comunque la tua maglietta rossonera e andavi a giocare con quella, sporca, stropicciata o rotta.
La indossavi con orgoglio perché erano gli anni d’oro. Perché era la squadra più bella del mondo e nessuno poteva negarlo, nemmeno i nemici.
Così, seduti sull’erba del prato che fungeva da campetto, ci si scambiavano opinioni su giocatori (sempre in relazione all’età che si aveva), squadre, calcio in quei 10 minuti di pausa tra una partita e l’altra fino ad arrivare alle sei di sera, stanchi, puzzolenti e pieni di fango e erba con tua mamma che ti sgridava per essere stato fuori così tanto o per aver riportato a casa i pantaloni e la maglietta sporca da lavare.
Ma si andava a letto con il sorriso e con la voglia di ricominciare, perché si, tutti i giorni la storia era sempre quella: pallone, maglietta, amici e partitella.

Ieri sono andata a fare un giro intorno a casa, con il cane, così per fare una passeggiata e mi sono ricordata di tutti questi momenti.
Mi sono fermata un attimo in una panchina e solo il cane che tirava il guinzaglio mi ha svegliata dal mio sogno e mi sono accorta del vuoto e dei cambiamenti.
Oggi c’è twitter, c’è facebook, c’è instagram.
Oggi c’è il social network preferito, le pagine sociali, il gioco di calcio sul proprio telefonino (rigorosamente iPhone o un bell’iPad).
Mi sono girata e rigirata per un po’, pensando che magari qualche bambino poteva arrivare da lì a poco, poi ho guardato l’orologio ed erano già le cinque del pomeriggio e no, era tardi, non sarebbero più venuti.
E quasi mi scendeva una lacrima.

Intanto nel mio castello della memoria mi sono venuti in mente i litigi su Internet, gli spacconi, quelli che fanno i leoni da tastiera, quelli che invece non tifano Milan ma si spacciano per Milanisti e me li sono immaginata bambini.
Quei bambini innocenti che non conoscono ancora l’odio, ma che amano giocare a pallone e non importa se tifi Juve o Inter o Milan, tutti sono amici e si rispettiamo.
Fuori dal campo da calcio, dentro qualche calcione arriva e faceva anche male.
Mi sono ricordata delle mie discussioni, dei tifosi ‘so tutto io ed ho sempre ragione’ e del tifoso medio che cambia idea in base ai like, o alle visualizzazioni o alle condivisioni e ve lo dico: ho fatto fatica ad immaginarmeli come i miei amici del campetto.
Loro tifavano ed amavano a priori la propria squadra, piangevano se perdeva e gioivano se vinceva ma era amore incondizionato.. I tifosi di oggi (qualunque tifoseria tu prendi) odiano, insultano e sono maleducati.
E per parlare dei panni sporchi, i milanisti si stanno distinguendo particolarmente in questa ultima categoria e questo editoriale l’ho scritto proprio perché me ne voglio tenere alla larga.
E siccome siamo in un periodo, ormai lungo anni, che sicuramente non navighiamo nell’oro come una volta e ne siamo lontani anni luce, vengono fuori tutti gli elementi marci, quelli che tifano contro perché discordi con la società, quelli che “oggi la pensano x, scriviamo x così riceviamo più like” e quelli che invece di criticare con raziocinio preferiscono insultare e maledire tutti.
Tutte persone nelle quali non mi riconosco e voglio tenere a distanza.
Rivoglio quei bambini, miei amici, quelli con cui mi sedevo dopo una partita per parlare di Zanetti contro Maldini o Del Piero contro Inzaghi senza odio e senza insulti.
Rivoglio quei bambini che cantavano ed urlavano il proprio inno a squarciagola indipendente da chi vince, da chi perde a dalla società, dai problemi o dagli errori fatti. E magari insieme anche un pezzo del Milan vecchio, riaverlo, non mi farebbe schifo.

3 commenti

  1. Si Margherita anch’io vorrei un mondo che non esiste più. La semplicità e la spontaneità di un sorriso e l’ingenuità di una fanciullezza andata perduta dietro la cosiddetta evoluzione tecnologica. Vorrei che un portiere che vede dentro il pallone di un metro non abbia l’indecenza di andare a dire in tv che chiunque si sarebbe comportato come lui. Vorrei che si osannassero campioni che non fanno uso di cocaina oppure che si dopano per esaltare le loro prestazioni. Vorrei che i calciatori, anche se professionisti, provassero gioia nel fare quel che per me sarebbe stato il più bel lavoro al mondo. Ma la realtà è quella che viviamo giornalmente con procuratori che condizionano certi ‘mercenari’ al punto che i tifosi di quella squadra non possono neppure sperare di rivedere il proprio beniamino vestire ancora i colori della squadra amata. No Margherita…ai miei tempi c’era un giocatore che amavano tutti i calciofili indipendentemente da qualsivoglia squadra tifassero. Era un punto di riferimento e quella squadra finì anche nella serie inferiore… ma c’era ancora lui…era un dirigente…ma era ancora li. Poi c’era un ragazzo del bresciano che aveva qualcosa nel sangue… rischiò di morire oppure di abbandonare la carriera. Ma anche lui rimase sempre con tatuata sulla pelle la stessa maglia. Poi ancora un altro ragazzo…nato a Milano e con il padre triestino…anche lui non volle mai sentir ragione d’andare da un’altra parte. Più in giù a Roma una altro ragazzo di borgata… uno che era nato, come Rivera, con il dono d’essere un predestinato al gioco più bello del mondo. Anche lui…aveva ed ha ancora quella maglia tatuata sulla pelle. Cara Margherita quei giocatori si chiamano bandiere… l’ultima sta per essere ammainata a Roma. Ma quei giocatori non esistono più ne tanto meno ne nascono più. Il mondo è cambiato ora si può ancora parlare del calcio come gioco più bello al mondo o forse non sarebbe meglio dire che questo calcio non stimola più la fantasia proprio perché sono state ammanniate le bandiere?

    • vittorio il 18 Marzo 2016 alle 16:06

    Ma quanto romantico qualunquismo, Margherita e Borgofosco ! I bambini del cortile non ci sono piu’ come non ci sono quelli del villaggio di capanne.
    Poi le bandiere….! Ma che fai, amico ? Fingi di non capire? Avevamo due possibili future bandiere. Giovani e dotatissimi. Li abbiamo bruciati. NOI LI ABBIAMO BRUCIATI! Tifosi impazienti , cattivi di animo, pieni di preconcetti, insieme ad un dirigente incarognito ed allenatori incapaci di seminare perfino cicuta. E mi parlate di bandiere! Gli altri le hanno le bandiere. Antiche, gloriose , vessilli di vittorie infinite , non straccetti per la polvere. Hanno Totti, De Rossi, Buffon, Marchisio, Barzagli, Chiellini, Bonucci, Di Natale, Hamsik. Noi osanniamo Bacca appena arrivato……..Appena.

    1. Anche noi ne abbiamo avute tante di bandiere, ma chissà perchè in società non ne è rimasta nemmeno una. La lasciamo ai posteri l’ardua sentenza?

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