Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?

Le critiche (non molte, a dire il vero) pronunciate riguardo del gioco espresso dal Milan nell’1-1 del San Paolo, appaiono un po’ anacronistiche. L’impressione, la prima immediata impressione, è che gli ultimi risultati positivi ottenuti abbiano quasi fatto dimenticare l’attuale realtà del Milan (oppure sarà colpa delle “feste” di cui ha parlato Sinisa?). La classifica, infatti, palesa freddamente un dato matematico e indiscutibile nella sua realtà: siamo sesti, dietro a Juventus, Napoli, Fiorentina, Roma e Inter. E i punti di distacco tra questo Milan e il Napoli di Sarri sono tredici.

Noi abbiamo impiegato – anche se sarebbe il caso di dire sprecato – un intero girone per trovare forma e formazione, parvenza di gioco e modulo,  convinzione e, ovviamente, risultati. Il Napoli, invece, dopo un paio di false partenza ha dato vita ad un campionato, fino ad ora, quasi perfetto, abdicando dal primo posto soltanto dopo la sconfitta contro la Juventus della scorsa settimana.

Il profilo brevemente tracciato risponde indirettamente alla domanda “che siamo?”. Non è certamente facile fare i conti con questa nuova – ma ormai abituale – realtà, soprattutto nella settimana in cui abbiamo festeggiato il trentennale della presidenza di B. (nei giorni, cioè, in cui tutti abbiamo avuto l’occasione di rivedere, in un modo o nell’altro,il Milan di Sacchi che trionfa a Barcellona davanti al popolo rossonero, il Milan di Capello, quello di Ancelotti, Baresi, Maldini, Ancelotti, Donadoni, Van Basten, Gullit, Weah, Sheva, Kakà e adesso basta altrimenti mi metto a piangere). Ma così è. E, riesco con difficoltà a immaginare un Milan che vada al San Paolo, oggi, a fare quello che più attizza i desideri calcistici del nostro amato presidente: imporre il nostro giuoco.

Rispondere poi all’altro quesito è più facile, ma anche più doloroso. Da dove veniamo? Veniamo dal periodo di crisi più lungo degli ultimi (già ciati) trent’anni gloriosi. Tra il 2007 e il 2010 è stato (semplicemente e dolorosamente) distrutto un gruppo vincente, storico, storicamente vincente e vincente storicamente senza che nessuno abbia mostrato l’interesse o avuto la capacità per ricostruire, rifondare, rigenerare. Si è scelto di navigare a vista e di affrontare la tempesta giorno per giorno. Chi vuole resta, con fede cieca, su questa povera e malandata zattera in attesa di condizioni migliori e di dei più benevoli.

Dove andiamo?

In Champions League? In Europa League? A giocarci l’Intertoto o la Mitropa Cup? La confusione, a riguardo, è sì un po’ ridicola e suscita sì un po’ di imbarazzo, ma, almeno questa, è comprensibile. Con un allenatore già “pronto questa rosa, la rosa costruita questa estate da AG con i danè gentilmente concessi da SB, avrebbe potuto, come ho già più volte espresso, tranquillamente e comodamente potuto raggiungere il terzo posto.  Non credo, infatti, che questa squadra sia inferiore a tre delle cinque squadre che al momento ci precedono in classifica. Mihajlovic, purtroppo per noi, ha fatto molto o molto poco (a seconda dei punti di vista) per complicare la sua e la nostra vita. In questo momento gli vanno riconosciuti dei meriti indiscutibili (diversamente da quello che afferma il mai troppo prevedibile presidentissimo) . Forse, alla fine del campionato, non basterà. Non basterà aver vinto contro Fiorentina e Inter, non basterà aver pareggiato contro il Napoli, non basterà essere rimasti imbattuti per otto giornate, non basterà aver raggiunto la finale di Coppa Italia (la scaramanzia è nemica di ogni logica), non basterà aver scoperto Donnarumma, non basterà aver amato Bacca, Bonaventura e Romangoli. Ma, quanto meno, forse per la prima volta dall’Allegri-ter, sapremo da dove e da cosa ripartire il prossimo anno. Presidente e Cina permettendo, ovviamente.

Dopo essersi domandati da dove veniamo, che siamo e dove andiamo e dopo essersi dati (quasi come in una trasmissione di Marzullo) una risposta, credo che il pareggio ottenuto al San Paolo non sia affatto e in alcun modo da mettere in discussione. A tutti noi piacerebbe rivivere, anche per un solo istante, l’emozione del ventiquattro maggio millenovecentottantanove. A tutti noi piacerebbe rivivere la stagione millenovecentonovantuno-millenovecentonovantadue, perché anche se eravamo squalificati dalle competizioni europee, abbiamo vinto il campionato con ventidue vittorie, dodici pareggi e soprattutto zero sconfitte. A tutti noi piacerebbe rivivere l’attimo primo e l’attimo dopo del rigore battuto da Shevchenko, Vento dell’est che guarda l’arbitro a più riprese e poi spiazza Buffon.

Questa non è una resa alla mediocrità e non lo sarà mai. Chi ha vissuto, anche solo indirettamente, le emozioni abbozzate sopra non si arrenderà mai alla mediocrità. E’ una condizione di resa al realismo imperante e contingente. Additatemi come cinico e rinunciatario, ma questo pareggio, nonostante tutto, me lo tengo stretto. Al di là della prestazione. Al di là del giuoco.

Ps. Chiedo scusa a Gauguin.

1 commento

    • vittorio il 24 Febbraio 2016 alle 16:04

    Pero’, 18 Maggio , ti sei preso il vizio di ragionare con un colpo al cerchio ed uno alla botte. Insomma ondivago e relativista. Non eri cosi’ . Te lo ho detto pure prima.

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