#WeAreAzionistaGatti

Ieri abbiamo assistito, probabilmente, all’ultima assemblea dei soci della società A.C. Milan con la proprietà di Silvio Berlusconi. Un passaggio attesissimo, soprattutto per vedere ufficializzato il passivo di bilancio. È infatti una consuetudine quella di “aggiustare” i conti di una società poco prima di una sua cessione. E di aggiustamenti ce ne sono stati. Prima la scelta di non avvalersi del bilancio consolidato con Fininvest, poi quella di far gravare sull’anno fiscale 2014 tutto lo stipendio del personale esonerato: leggasi Clarence Seedorf.

Il passivo totale della società è quindi di 91 milioni (molti dei quali dovuti ai mancati introiti della Champions League). Una cifra enorme, per una società che in fase di mercato ha speso pochissimo, praticamente nulla.

Le notizie arrivate da Casa Milan, comunque, non erano inaspettate. Era previsto che Galliani annunciasse un forte passivo, ma leggere di certe cifre fa sempre impressione. Anche perché, appunto, quest’estate James Rodriguez e Luis Suarez non hanno certo preso la via di Milanello.

La cosa che noi “infognati” di Milan aspettavamo con più ansia era però un’altra: l’intervento di Giuseppe Gatti, ormai mitologico azionista di minoranza. Da anni (diciamo più o meno da quando la china del Milan ha imboccato una parabola discendente) questo signore di mezz’età si presenta all’assemblea degli azionisti per contestare duramente la dirigenza. Un atteggiamento che prelude poi al voto negativo per l’approvazione finale del bilancio.

Anche ieri non sono mancate le scintille: prima ha rivangato il passato ricordando la cessione di Pirlo e sottilineando il fatto che, secondo lui, dall’anno dello scudetto la dirigenza non ne abbia azzeccata una. Poi si è scagliato direttamente contro Galliani, dandogli del vecchio arnese, e consigliandoli caldamente l’uscita di scena per non rovinare i bei ricordi. Infine la stoccata finale: “Quando Farina cedette la società c’erano dei campioni in rosa. Ora quanti ce ne sono?”. Lascio immaginare la reazione di Galliani.

L’azionista Gatti ha un valore simbolico per noi plebaglia da social network, che può essere riassunto in questo tweet:

L’azionista Gatti è la sublimazione del tuttologo che c’è in ognuno di noi (perché a tutti piace opinare in libertà su argomenti che conosciamo solo tangenzialmente spacciandoci per fini intenditori, non bisogna negarlo), ma portato nella stanza dei bottoni. Fino a quando non metteranno un la possibilità di interagire attraverso un hashtag, tipo #beGatti oppure #AskGalliani, questa sarà una delle poche (se non l’unica) possibilità in cui le domande da “gente comune” verranno fatte nelle sedi adeguate.

Per questo invidio tantissimo l’azionista Gatti: lui può andare da Galliani e chiedere spiegazioni per questo e quello. Noi possiamo soltanto lanciare un messaggio su Twitter e sperare che qualcuno lo stellini. Nello specifico, ritengo che Gatti sia stato troppo ingeneroso con l’attuale A.D. (peraltro l’unico presente in assemblea: Barbara, se bisogna prendere gli schiaffoni bisogna prenderli in due), ma una voce fuori dal coro serve sempre, almeno come pungolo.

Tempo fa, Berlusconi aveva detto che gli sarebbe piaciuto per il Milan avere una sorta di azionariato popolare. Certo, in quell’intervista aveva negato la possibilità di cedere ad un imprenditore straniero, mentre oggi si incontrerà con Mr. Bee. Tuttavia avere una piccola parte della società aperta agli azionisti privati sarebbe un’ipotesi affascinante. Non conosco bene quali potrebbero essere i possibili meccanismi, speriamo che Bee, Lee o Silvio ci pensino su. Perché, parafrasando Bowie “we could be Gatti, just for one day”.