Il senso del Milan per i portieri

Eravamo partiti bene. Poi ci siamo persi un po’ per strada. Per contestualizzare, sto parlando della categoria portieri del Milan. E quello di cui vi sto parlando è un lontano ricordo, di quelli che si hanno di quando si era bambini. Tra i primi ricordi vaghi che riguardano il calcio ho quelli di Italia’90, poi solo Milan, per via delle tante vittorie e di Marco Van Basten. Di ricordi nitidi però, pochini. Solo la consapevolezza di essere sempre stato milanista. Uno dei primi, dicevo, è la partita contro la gobba al “Delle Alpi” della ‘92/93  (si vede che sarà stato l’odio ai bianconeri a farmi l’imprinting di quelle immagini). Erano i tempi in cui Bruno Pizzul commentava una partita della domenica in semi-differita verso le 18.00. Io mi ero subito affezionato a quel portiere giovincello, Francesco Antonioli. Dura poco però, dopo un quarto d’ora Casiraghi lo sfascia ed entra un ragazzo alto alto coi capelli biondi, Sebastiano Rossi. Segna Marco Simone (questo non lo ricordavo) e tutto sembra lasciar presagire ad un’altra, facile, vittoria targata Fabio Capello. Invece, di punto in bianco, rigore per la gobba. Panico. Tira Vialli, ma Sebastiano Rossi vola alla sua sinistra e para. Apoteosi. L’indomani sarei potuto andare a scuola e sfottere i miei molti compagni juventini. Non so cosa avessi pensato in quel momento, ma uno stramaccioniano “Bene bene” non andrebbe troppo lontano dalla realtà.

Invece la storia dei portieri del Milan (Berlusconiano) non è sempre stata rose e fiori. Anzi, se c’è un ruolo in cui il Milan non abbia avuto con continuità un Top Player, quello è proprio il portiere.

Sebastiano Rossi sicuramente non lo era: bel portiere, per carità, ma nei primi anni novanta quelli fortoni erano altri. Poi, dopo Taibi, Lehman e Pagotto ecco arrivare il primo Abbiati e lo scudetto di Perugia. Sembrava potessimo contare su un portiere futuribile, invece Christian si fossilizza, mantenendo le sue qualità tra i pali, ma continuando ad essere un gatto di marmo nelle uscite e con la palla fra i piedi. Infatti gli soffia il posto Dida, redivivo dopo il terrificante biglietto da visita di Leeds. Lui, tra il 2003 e il 2005 diventa si un top-player, ma un petardo in un derby lo spegne e un colpo della strega a Parma lo consegna al baule dei (felici) ricordi. Quindi di nuovo girandola: Kalac, Eleftheropolous (!) e Storari prima di riconsegnare le chiavi della porta al discontinuo Abbiati di questi ultimi anni. Si può perciò dire che il Milan raramente ha avuto tra i pali un portiere che facesse da riferimento per gli altri: un Buffon, un Julio Cesar. Tutto questo mentre il ruolo del portiere si evolveva fino a rendere necessari dei giocatori che sapessero fare anche bella figura con i piedi.

Questo era vero fino al 13 agosto di quest’anno quando, in uno dei suoi numerosi blitz, Galliani ha portato a Milanello Diego López. E la cosa ancora piú straordinaria è che lo ha fatto senza dover tirar fuori neanche un euro. Le caratteristiche tecniche di Diego López non le scopro certo io: grandi parate e una ancor migliore precisione nei passaggi e nei rilanci. Ma se ci sono delle cose che ammiro in questo 33enne di Paradela (Galizia) sono la costanza e la continua voglia di migliorarsi. Arrivato in prima squadra al Real Madrid dalla “cantera”, si trova subito di fronte il coetaneo Casillas. Capello lo apprezza e gli fa giocare le partite di Coppa del re, ma lui, conscio di essere dietro nelle gerarchie, decide di andarsene. E al Villarreal diventa uno dei portieri più bravi della Liga, giocando anche in Champions League. Poi, nel gennaio 2013, la grande occasione. Casillas si fa male e il Real Madrid se lo riprende per farlo giocare titolare. E lui sfrutta l’occasione, facendo grandi parate e restando titolare anche quando Iker si riprende. Grandi prestazioni frutto di una incredibile dedizione al lavoro e delle spalle larghe così che gli permettono di resistere alle critiche della stampa spagnola che tifa spudoratamente per il titolare della nazionale. Gioca titolare (in Liga) anche con Carletto, poi decide di dire basta alle pressioni e lasciare le merengues. Ma se continua con la stessa applicazione dimostrata nei suoi anni madridisti, possiamo dire di avere finalmente un grande portiere.

Certo anche da al Milan dovrà sopportare gente che tifa contro e decisioni “strane” dell’allenatore (sabato pomeriggio Milan Channel dava Abbiati titolare), ma sono sicuro che con Diego López tra i pali, almeno in porta il problema è risolto. E pazienza per figura non proprio brillante fatta sull’autogol di De Sciglio a Parma. Anche Dida si presentò così così, ma poi ci portò due Champions League.

2 commenti

  1. Si. Il paventato o supposto difetto di comunicazione tra Diego Lopez ed i compagni della difesa era più ridicolo che credibile. L’errore di Parma lo si deve anche ad una buona dose di sfortuna ed alla disabitudine ad giuoco del Milan(al Real Diego non riceveva palloni indietro da un suo compagnpo quando la sfera era più vicina alla metà campo che non alla sua porta). Io da subito ho pensato che Diego nob non si aspettasse quel passaggio all’indietro. Nelle azioni in fase offensiva delle squadre cui difendeva la porta Diego lo si vedeva quasi sempre nei pressi del limite della sua area (dimostrazione è il gol preso a Valencia, in amichevole a causa della solita castronata di Zapata). Se cattiva comunicazione è questa allora chiamiamola così. Piuttosto direi che si trattava di conoscere i pregi ed i difetti dei suoi nuovi compagni di squadra. Quindi assolvo in maniera totale Diego Lopez e ringrazio chi ha portato al Milan uno dei migliori portieri europei!

  2. Si comunque questo Diego Lopez ogni volta che gioca subisce almeno 2 reti e statisticamente anche parecchi piu tiri in porta di Abbiati (coincidenza o e’ lui che non riesce a coordinarsi al meglio con la difesa come Abbiati?)

I commenti sono disabilitati.