In cerca della Viktoria

San Siro, ore 20.45. E’ tempo che inizi la nostra Champions League, è tempo quindi di valorizzare il nostro pareggio Europeo di Barcellona. Per farlo occorreranno tre vittorie: due contro Viktoria e Bate in casa e poi la terza contro gli stessi in bielorussia in modo da arrivare allo scontro casalingo con i catalani con due risultati su tre. L’incognita di oggi è legata principalmente alla formazione, che vede recuperare il solo Ibra (dalla panchina?) per la gara di oggi con la concreta possibilità, per mantenere le due punte, di vedere il giovane Ganz di fianco a Cassano. La formazione non sarà quindi molto diversa da quella di Cesena con le sole eccezioni di Inzaghi ed El Sharaawy non schierabili nella massima competizione Europea.

FORMAZIONE – Torna quindi titolare Zambrotta a sinistra e Nesta al centro della difesa, dopo la buona prova di Mario Yepes contro il Cesena. A centrocampo agiranno quindi Seedorf, Nocerino e Van Bommel dietro Aquilani con Cassano ed Ibrahimovic davanti, nella speranza di portare in ghiaccio la partita già nei primi 45 minuti di gara. Una doppia vittoria nostra e del Barça metterebbe il girone in discesa, così come deve inevitabilmente essere. Un pareggio o una sconfitta manderebbe a donne di facili costumi l’impresa di due settimane fa.

“AIUTA L’INTER”, NESSUN RIBALTONE – Ci si aspettava un ribaltone, così non è stato. Moggi ha provato per l’ennesima volta a discolparsi con altre intercettazioni non meno gravi dell’ormai famigerato “metti Collina”. La posizione della Juventus in calciopoli resta indifendibile, superiore a quella delle altre a capo della cupola. L’errore è stato fatto a monte, non deferendo l’Inter e accorgendosi troppo tardi degli illeciti commessi dalla società nerazzurra: la squadra evidentemente danneggiata da questo processo non è tanto quindi la Juventus quanto il Milan che a parità di reati si è vista comminare una ingiusta condanna a cui altri sono scampati. C’è una cosa molto semplice che non è sovvenuta a tutti, nemmeno ai legali di Moggi: le prime intercettazioni dell’Inter escono a Marzo 2009: a quattro anni esatti di distanza, tempo calcolato ad-hoc per far scattare la prescrizione che una eventuale apertura di una inchiesta da parte della FIGC avrebbe bloccato come da codice di giustizia sportiva. Inchiesta che dovrebbe essere comunque aperta: la prescrizione è una eccezione che va fatta scattare in aula: l’Inter andava deferita e dovevano essere eventualmente i legali di Moratti a comunicare ufficialmente davanti ad un giudice di avvalersi di tale facoltà.

I NUOVI PIANGINA? – Nel frattempo il tifoso milanista si è evoluto ancora. Ho dato un’occhiata nella giornata di ieri a Critica che – nonostante la cantonata colossale su Fabregas (ma chi non ne ha prese? due anni fa il Night postava <alla fine arriverà Dzeko>) – rimane il blog rossonero di riferimento, almeno per il sottoscritto. Mi è caduto l’occhio sul seguente commento: Scambiate per realismo quello che è interismo. Cioè l’innata propensione ad essere perdenti, prima nella testa, e poi nella realtà. E’ bastata uno scudetto per trasformare alcuni tifosi in inguaribili viziati dalla bocca buona, pronti a lamentarsi se non si hanno titolari e riserve almeno pari a quelli del Barcellona e a sparare a zero sulla società se non è stato comprato il giocattolino da 30 milioni di cartellino e 12 di ingaggio. Un passo avanti, se vogliamo, dell’evoluzione del Milanista incontentabile: questa evoluzione interistica io non l’avevo ancora notata.

Microcosmo peculiare

Pareggio, sconfitta, pareggio, vittoria. Cinque punti in quattro partite: direi che c’è di peggio. Microcosmo peculiare, questa serie A: c’è chi ne ha di meno, c’è chi ha già cambiato allenatore, c’è chi è in crisi di nervi. C’è chi sta a fatica trovando un equilibrio col mercato, chi ha lo stadio nuovo e si sente galvanizzato, chi si mangia le mani per le decisioni per la giustizia. Giocatori che non si trovano, giocatori che danno tutto all’inizio, giocatori che si rompono al primo contrasto. Scioperanti che picchettano le discoteche di Corso Como, ragazzi terribili che scalpitano in panchina, carneadi stranieri pronti a fare del meno peggio.

Tanta confusione, dunque. E la colpa non è di altro, se non della sosta per la Nazionale. Nonostante quest’anno, causa sciopero, il campionato non è stato realmente interrotto, c’è stato comunque un trauma per la preparazione. E ciò penalizza chi, come i Rossoneri, fornisce tantissimi giocatori alle Nazionali. E le piccole ne vivono di rendita, cercando di piazzare il colpo grosso per un po’ di visibilità sul campo e per guadagnare già qualche punto in ottica salvezza. Un mese, finchè non si stabilizza la situazione. A meno che non sopraggiungano gli infortuni.

Proprio quelli sono stati e sono il nostro grande cruccio, dato che hanno evidenziato due cose. La prima: forse la nostra panchina non è così lunga come ci sembrava quest’estate. Come l’anno scorso in difesa (risolto) quest’anno in attacco (da risolvere) e potenzialmente a centrocampo (quasi irrisolvibile, come stiamo già vedendo). La seconda è che a livello staff medico deve cambiare qualcosa. Sì, la sosta ha inficiato, ma una grande non dovrebbe perdere mai per un momento forma e concentrazione. E comunque, Nazionale o meno, Coppa America o meno, non possiamo sopportare l’ennesimo infortunio di Pato. Infortunio muscolare, non traumatico. Eppure si erano strombazzati tanto i grandi progressi fatti dal suo corpo, le tanto agoniate tabelle di allenamento che dovevano ridurre al minimo i rischi. Eppure, eccolo là, ad entrare ed uscire dall’infermeria.

Ma torno alla Nazionale: che senso ha questa sosta a inizio settembre? Lo so che tra Champions, campionati, coppe nazionali ed altro le squadre sono ingolfate. Ma bisogna regolarsi in altro modo: io le abolirei proprio, queste inutili soste, ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, dunque mi accontenterei di soste messe decentemente. Non è comunque l’unica cosa da fare: bisogna assolutamente passare ad un campionato a 16 squadre. Per il pessimo stato fisico in cui si trovano, le squadre italiane più di 30 partite non le reggono.

Forzare o no?

Zlatan sta tornando. L’uomo-scudetto ha infatti quasi recuperato totalmente dall’infortunio che lo ha costretto a saltare la prima parte di stagione. Rimane il dubbio ad Allegri se forzare o meno il rientro e vederlo già tra i titolari mercoledì, quando si giocherà contro il Viktoria Pilzen. Il campionato si è riaperto, ma la gara di Champions è ancora più fondamentale dati i presupposti di tre vittorie consecutive (2 con i cechi e una col Bate) che devono essere realizzate per ottenere la qualificazione con due giornate d’anticipo e giocarsi a San Siro il primo posto con il Barcellona non vanificando così il pareggio del Camp Nou. Di contro un succoso posticipo domenica a Torino che ci permetterebbe, in caso di vittoria, di annullare il divario con i gobbi racimolato nelle prime giornate (e magari, agganciare anche i Napoletani, a meno di una loro vittoria a San Siro) riportandoci in testa tra le grandi nella lotta scudetto.

Va detto che se contro la Juventus saranno disponibili tutti gli attaccanti mentre mercoledì non saranno a disposizione né El Sharaawy, né Inzaghi (che potrebbe tornare utile contro la sua ex-squadra), motivo per accelerare il recupero dello svedese. La sensazione per le prossime due gare rimane comunque quella di affidarci a chi va in campo per strappare i tre punti senza pensare alla qualità del gioco, migliorabile dopo la sosta delle nazionali.

Due note tattiche sulla partita di sabato: la prima riguarda Emanuelson che – personalmente – mi auguro di non vedere mai più trequartista o punta aggiunta. Sabato è stato lasciato tra le linee tutta la gara senza che facesse un inserimento degno di tale nome (ma schierandolo fuori ruolo è il minimo). La seconda riguarda l’asse Seedorf-Cassano su cui è passata obbligatoriamente buona parte del gioco (sulla destra) tagliando quindi fuori Taiwo che agiva dall’altra parte e che vorrei aspettare prima di bollare come bidone nonostante sembri il gemello scarso del miglior terzino sinistro della scorsa Ligue 1.

Nel frattempo Mazzarri, a una sola settimana da Napoli – Milan piange per l’arbitraggio mentre la Juventus pareggia a Catania mentre il giornale di casa inventa subito un finto sondaggio per rilanciare le presunte ambizioni nerazzurre. Insomma il rumore dei nemici, di una serie A ribaltata e di un duello Napoli-Juventus è subito rientrato, con buona pace di tutti.

Ciapa su e porta a cà

Prendiamo i 3 punti e portiamoli a casa, senza fare troppo gli schizzinosi. La vittoria non era più rimandabile e così la prestazione passa inevitabilmente in secondo piano. Non è stata una partita di quelle che passeranno alla storia e verrano prese ad esempio del gioco spumeggiante, ma al momento noi siamo questi, difficile chiedere di più. L’agonia prosegue e proseguirà anche per questa settimana, speriamo almeno con un Ibra in più. Poi, dopo la sosta di ottobre, dovrebbe cominciare la nostra stagione, lì sarà possibile pretendere e non accontentarsi. Tra l’altro, per quanto dimezzati, falcidiati, incereottati, emaciati, scoppiati, scarni, scarsi, stanchi, abbiamo ripreso in 4 giorni al Napoli, i 3 punti lasciati al San Paolo. E gli scaramantici gongoleranno a sapere che anche lo scorso anno si partì con 5 punti in 4 partite.

La formazione iniziale vede in campo i pochi giocatori che possano far rifiatare chi nelle ultime partite è stato particolarmente spremuto. E così Yepes sostituisce Nesta, mentre Taiwo ed Emanuelson scalzano Zambrotta e Aquilani. El Shaarawy al battesimo da titolare. Fortuna vuole che il gol arrivi subito, grazie a un cross di Seedorf che finisce nella porta di Ravaglia. Da lì in poi il copione della partita rimane fisso: teniamo il pallone tra i piedi per il maggior tempo possibile, sapendo che non possiamo permetterci in questo momento di lasciar ripartire l’avversario, la nostra fase difensiva non è ancora ai livelli conosciuti qualche mese fa (e in tal senso, se mai ce ne fosse il bisogno, si potrebbe rivalutare la prova di Barcellona, con questa scarsa vena lasciare campo sarebbe risultato mortifero). Qualche occasione arriva da entrambe le parti, le nostre hanno il pregio di essere un po’ più pericolose, ma ogni ripartenza del Cesena mi fa attaccare alla poltrona e ciò non dovrebbe succedere. Succede così, che tra un retropassaggio e un fallo, si tira il novantesimo. Tre punti e a casa, per lo spettacolo passare più avanti.

Due nomi: Cassano e Seedorf. Sono loro a prendersi sulle spalle la squadra (finchè ne hanno) e ad accendere la luce. Si trovano molto bene sul campo, buon feeling, anche in risposta a chi scriveva di un Cassano stizzito con i mafiosi dello spogliatoio. Antonio fa una partita da standing-ovation per quanto mi riguarda, giocando di fatto da prima punta, da costante riferimento, si fa trovare, difende il pallone e si prende una marea di falli. Cose che quando le fa Ibra (con altro fisico), ci manda in visibilio, quindi… Per sacrificio e umiltà, la miglior partita in rossonero. C’era un rigore evidente, peccato avrebbe meritato il gol, ma forse è meglio non criticare troppo l’arbitro, che ci ha salvati dall’espulsione di Taiwo. Attorno a Clarence ed Antonio, vanno a sprazzi Emanuelson (pochino) ed El Shaarawy, poco anche lui, ma giocate da giocatore vero.

Dobbiamo tirare avanti arrancando per altre due partite. Non conosco il Viktoria Plzen quindi non saprei cosa aspettarmi (spero non corrano!), se recupriamo Ibra possiamo confidare in una zampata e poi gestire la gara. Dopodichè domenica ci sarà la Juventus in trasferta, impegno difficile ma che non mi fa tremare. 4 punti prima della sosta, per poi iniziare a fare sul serio, a meno di avere 11 infortunati per tutto l’anno..

Pagellone: Abbiati 6, Abate 6.5, Thiago Silva 6.5, Yepes 5.5, Taiwo 5, Zambrotta 6, Nocerino 6, Van Bommel 6, Seedorf 7, Emanuelson 5.5, El Shaarawy 5.5, Cassano 7.5, Aquilani S.V, Inzaghi S.V.

MILAN-CESENA 1-0 (Primo tempo 1-0)
MARCATORI: Seedorf (M) al 5’ p.t.
MILAN (4-3-1-2): Abbiati; Abate, Yepes, Thiago Silva, Taiwo (dal 7’ s.t. Zambrotta); Nocerino Van Bommel, Seedorf; Emanuelson; Cassano (dal 37’ s.t. Inzaghi), El Shaarawy (dal 21’ s.t. Aquilani). (Amelia, Valoti, Nesta, Ganz). All.: Allegri.
CESENA (4-3-3): Ravaglia; Comotto, Von Bergen, Rodriguez, Rossi (dal 34’ s.t. Colucci); Guana, Martinez (dal 1’ s.t. Ghezzal), Parolo; Martinho, Mutu, Candreva (dal 1’ s.t. Eder). (Calderoni, Ceccarelli, Lauro, Bogdani). All.: Giampaolo.
ARBITRO: Giannoccaro di Lecce
NOTE – Spettatori 39.225 per un incasso di 1.028.000 euro. Ammoniti Guana, Taiwo, Yepes, Seedorf per gioco scorretto. Recuperi 0’ p.t., 3’ s.t.

Cominciamo a vincere?

San Siro, ore 20.45. Si ritorna in campo a tre giorni dalla sfortunata prova con l’Udinese, con un Pato in meno e una emergenza che continua. Dopo un calendario penalizzante, però, l’avversario è il Cesena – ultimo a zero punti – sconfitto fin qui in serie da Napoli, Catania e Lazio. L’occasione è troppo ghiotta e – considerato il possibile rientro di gran parte della rosa già domenica a Torino – tre punti oggi potrebbero segnare la differenza tra il ritorno alla lotta di vertice e una prospettiva terzo posto che non ci deve toccare.

Infortunato Pato sarà El Sharaawy, autore del gol contro l’Udinese, a partire dal primo minuti di fianco a Cassano con Inzaghi in panchina. Per il resto si conferma – scelte obbligate – l’11 titolare che ha pareggiato con i Friulani. Quattro i ricambi a disposizione: Taiwo, Emanuelson, Yepes e Inzaghi oltre al secondo portiere, a testimoniare ulteriormente lo stato di emergenza. Serve quindi una prova di cuore da parte dei giocatori a disposizione per arrivare là dove le gambe non arrivano per età e per il fatto che è la terza partita in sette giorni. Vorrei porre l’accento su un dato per replicare a coloro che vedono pochi titolari fuori: sono infortunati 50 dei 65 gol segnati la scorsa stagione.

Con una formazione obbligata c’è poco da parlare di tattica, ma vorrei soffermarmi sulla prestazione di Emanuelson che è finito, nella scorsa gara, a fare il trequartista. Il suo ruolo deve essere quello di laterale, non certo quanto visto mercoledì sera dove ha tentato di diventare l’eroe della partita segnando gol con doti nascoste (molto bene) di rifinitore che non ha. Tra i buoni propositi aggiungerei una manovra degna di tale nome, non comprendente un innumerevole numero di passaggi alla difesa e dei calci d’angolo battuti lunghi in area come si deve, oltre al voler vedere finalmente Taiwo in campo. Alla fine di questo turno bisognerà trovarsi con cinque punti in classifica, altrimenti tutto può e deve tornare in discussione. Allenatore compreso.

#UPDATE – Pare che giochi Emanuelson e non Aquilani. Di male in peggio.

Mi sono stu-Pato

Inconculudente, abulico e lontano dal gioco. E’ la solita, ennesima, performance negativa di Pato conclusasi con l’ennesimo infortunio muscolare che lo costringerà a stare fuori un altro mese. Non è detto che la cosa sia, per forza, negativa: lo scorso anno andammo in testa proprio dopo Palermo, nella partita in cui il Brasiliano si ruppe, per rimanervi fino alla fine del campionato.

E’ il caso invece che la società si ponga una domanda: è Pato un giocatore da Milan? Se a 18 anni, appena arrivato a Milano, aveva delle potenzialità è immediatamente verificabile come queste siano raramente venute fuori. Attenzione però: i numeri – di 50 gol in 102 partite rossonere, sembrano essere dalla sua parte ma attenzione, molti dei gol sono arrivati a doppiette portando quindi pochi punti in relazione alla media realizzativa. Inutile dire che il ragazzo di Pato Branco se in giornata può essere uno dei pochi fuoriclasse che risolvono la partita ma è altrettanto inutile dire quanto la condizione “in forma” sia capitata rarissime volte. E’ stata paradossalmente meglio la stagione di Leonardo, con i suoi gol scaglionati in più partite ma lì era responsabilizzato al centro dell’attacco.

Se inoltre il Brasiliano era insostituibile solo un anno fa, in panchina dalla scorsa stagione risiede Robinho che ha non solo più talento del brasiliano, ma è anche indubbiamente più continuo come giocatore. La società dovrà quindi decidere cosa farne: continuare ad aspettarne le potenzialità o monetizzare immediatamente per un giocatore che ora è valutato tra i 30 e i 35 milioni di Euro, in futuro non si sa. E quando si tratta di Brasiliani… beh ricordate l’offerta di 100 milioni per Adriano del Chelsea nell’estate 2005? In via Durini si stanno ancora mangiando le mani.

L’incognita rimane legata al fatto che a Gennaio ci si troverebbe con mezzo attacco da rifare, dati per certi gli arrivi di Montolivo e Ganso e la cessione di Cassano. Ma è notizia di ieri l’interessamento del Milan a un’altra punta: Rafael Van Der Vaart. Probabilmente in società, a cederlo, ci stanno pensando eccome: il problema rimane quello amoroso, lo stesso che probabilmente ha impedito la cessione lo scorso gennaio, lo stesso che ha fatto perdere la cattiveria alla nostra punta di riferimento: quanti di voi si sono incazzati mercoledì sera a vederlo in tribuna ridacchiare con Robinho? Procede invece per il meglio il nostro mercato, con Lapaurafa80 che torna ufficialmente da oggi tra redattori di rossonerosemper.

Un passo (e un punto) avanti

Di Milan – Udinese si è giocato solo un tempo, il secondo. Il primo è stato a dir poco inguardabile, da una parte e dall’altra con Guidolin che deludendomi molto sul piano personale schiera la squadra alla provinciale come non l’abbiamo visto fare nemmeno all’Emirates nel preliminare di Champions. Il risultato è un 1-0 friulano, immeritato, su papera di Abbiati – e con questo fanno tre i gol evitabili incassati. Il Milan non solo non scende in campo ma deve anche subire l’infortunio di un Pato, come sempre abulico.

Il secondo offre invece più spunti, con sprazzi di Milan nei primi 20 minuti. Si divora un gol Cassano, lo segna invece – guarda caso – El Sharaawy, entrato al posto proprio di Pato. Il raddoppio sembra imminente, ma, il ritmo cala appena viene inserito Urby Emanuelson, vero e proprio disastro nei minuti in cui è stato chiamato in causa. L‘Udinese giustifica il risultato e la presenza in campo poco dopo colpendo il palo verso la fine della gara. Il risultato è un pareggio forse immeritato ma in una giornata in cui nessuna delle squadre prima di oggi a sei punti vince, il distacco dalla vetta rimane immutato in attesa di tempi migliori.

Dolenti le note tattiche: uno sterile possesso palla inconcludente (ma si sa, ai criticoni del Camp Nou piace così), innumerevoli passaggi alla difesa in assenza di idee (manca la corsa o il coraggio di rischiare?). Assente dal campo Abate e le sue sovrapposizioni mentre Zambrotta ripete una prova tutto sommato buona dopo quella del Camp Nou. Ricette per il Cesena: una idea tattica della circolazione di palla (da destra, da sinistra? chi si inserisce? chi sta alto?), una linea offensiva più bassa, far giocare anche gli altri in modo da poter sfruttare noi stessi le ripartenze, niente passaggi indietro e corner lunghi. Passi avanti invece nella fase difensiva: se contro il Napoli oltre alla direzione arbitrale ci abbiamo messo del nostro, stasera è stata anche e soprattutto sfiga, la stessa che ci ha dato un calendario con 3°, 4° e 5° dello scorso campionato l’una di fila all’altra con una trasferta al Camp Nou di mezzo. Per la cronaca anche lo scorso anno Allegri fece due punti nelle prime tre gare dopo la sosta, poi arrivò Ibra a toglierlo dai guai. E allora aspettiamo Zlatan già contro il Cesena, per ricominciare il nostro cammino verso un titolo che non può e non deve sfuggire. Per il Papero sempre rotto, invece, si consiglia una cospicua cessione a Gennaio.

MILAN-UDINESE 1-1
(Primo tempo 0-1)
MARCATORI: Di Natale (U) al 29′ p.t.; El Shaarawy (M) al 19′ s.t.
MILAN (4-3-1-2): Abbiati; Abate, Nesta, Thiago Silva, Zambrotta (Inzaghi dal 40′ s.t.); Nocerino, Van Bommel, Seedorf; Aquilani (Emanuelson dal 24′ s.t.); Pato (El Shaarawy dal 20′ p.t.), Cassano. (Amelia, Yepes, Taiwo, Valoti). All: Allegri.
UDINESE (3-5-1-1): Handanovic; Benatia, Danilo, Domizzi; Basta, Isla (Abdi dal 40′ s.t.), Badu, Asamoah, Armero; Torje (Pinzi dal 16′ s.t.); Di Natale. (Padelli, Neuton, Ekstrand, Doubai, Fabbrini). All: Guidolin.
ARBITRO: Banti di Livorno.
NOTE – Spettatori 7.194, incasso 188.780,00; abbonati 30.398, quota abbonati 803.579,53. Ammoniti Zambrotta, Abate e Domizzi per gioco scorretto. Angoli 2-1. Recuperi: 1′ p.t.; 4′ s.t.

Sull’orlo del baratro

San Siro, ore 20.45. Nemmeno il tempo di smaltire la sconfitta di Napoli che si torna già in campo per la quarta giornata. Il calendario non aiuta, a San Siro arriva infatti l’Udinese che come tipo di gioco si adatta in tutto e per tutto a quello da provinciale mostrato dal Napoli domenica scorsa. Persi Inler, Zapata e Sanchez la squadra friulana è riuscita a mantenere inalterata la propria competitività nel preliminare perso contro l’Arsenal ma soprattutto nelle prime due giornate in cui ha realizzato sei punti su sei. Non l’avversario migliore dunque, ancora una volta, in questo periodo di strage infortuni da cui recuperano, almeno formalmente, Taiwo e Inzaghi con la convocazione anche se non dovrebbero essere schierati dal primo minuto.

CONFERENZA E FORMAZIONE – Allegri fa capire subito che nonostante la prova incolore di domenica, Pato e Cassano partiranno ancora insieme, l’uno al fianco dell’altro, dal primo minuto. Inzaghi invece potrebbe rivedersi in panchina, pronto a entrare a gara in corso anche se personalmente dubito che la cosa avverrà. Si valuta lo spostamento di Thiago Silva a centrocampo come già accaduto l’anno scorso ma personalmente rimango scettico anche su questo. Sulla fascia sinistra dovrebbe rientrare Zambrotta, mentre al centro dovrebbe essere concesso un turno di riposo a Nesta per fare spazio a Yepes. Davanti invece sarà lo stesso centrocampo di Napoli, chiamato alla seconda occasione. Occasione che, con il rientro imminente di Boateng ed Ibra, potrebbe anche essere l’ultima.

PRECEDENTI – 37 le partite disputate a San Siro contro l’Udinese, 36 in serie A più la sconfitta di Leonardo in coppa Italia dello scorso anno. 20 le vittorie Rossonere, 12 i pareggi, 4 le sconfitte, tre di queste negli ultimi dieci anni: 2001/02, 2003/04 e 2006/07 (quest’ultima ininfluente). Negli ultimi sette precedenti a San Siro abbiamo sempre segnato almeno due gol alla difesa friulana, in particolare è sempre andato a segno Pato da quando è a Milano. Se basterà lo sapremo dalla prestazione della nostra difesa, chiamata a riscattare il fatto di aver già subito, dopo due giornate, più di un quinto dei gol incassati lo scorso anno. Oggi siamo chiamati a conquistare tre punti difficili, che però potrebbero fare la differenza a fine stagione. Non posso non concludere questo post aggiungendo una riga su quanto accaduto ieri sera. Noi andiamo a Novara l’ultima giornata, dopo averci dato un’altra gioia, abbiamo il dovere morale di far salvare questi ragazzi.

Salvate Gasp!

Vi ha fatto ridere come nemmeno le migliori puntate di Zelig

Ha insegnato tattica nelle migliori scuole calcio

Ha regalato al Novara un esordio da sogno in serie A

Ha trasformato il concetto di difesa a tre da “variabile tattica” a “cazzata immane”

Ha fatto beneficenza al mondo turco facendo vincere il Trabzonspor al San Siro

Se anche tu non vuoi lasciarlo al freddo dell’inverno e farlo arrivare a mangiare non dico il panettone, ma almeno le castagne, firma la petizione: Salvate Gasp!

La tua firma potrebbe salvare un posto di lavoro, e le serate di milioni di tifosi italiani. Salva anche tu Gasp!

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Conferma Udinese, tonfo Lazio, sorpresa Cagliari.

E’ sicuramente il 2-1 con cui il Genoa espugna l’Olimpico il risultato più sorprendente della seconda giornata di serie A. Davamo molti, quasi tutti, dopo il pari ottenuto a San Siro la squadra biancoceleste in grado di competere per la lotta scudetto. Una settimana dopo e con la sconfitta di Napoli alle spalle con in mezzo il pareggio casalingo col Vaslui dei biancocelesti sappiamo che probabilmente non è così. La Lazio è ancora troppo simile a quella, seppur buona, che l’anno scorso lottò, fallendo, per il quarto posto. In particolare la Lazio appare ancora provinciale nel chiudersi troppo radicalmente dopo essere andata in vantaggio, presentando una fase difensiva ancora tutta da curare.

La seconda vittoria in trasferta la coglie invece il Lecce, rimasto a secco nella prima giornata. Tre punti pesanti quelli dei salentini sul campo del Bologna, apparso lento, svogliato e troppo distante dal campo concedendo assoluta libertà sulle fasce laterali ai salentini. Bologna che nella prossima dovrà affrontare la Juventus. I bianconeri sono apparsi nettamente indietro rispetto alla prestazione con il Parma ma hanno potuto contare ancora una volta sul decisivo apporto di Andrea Pirlo, a quanto pare sempre più desideroso di accasarsi a Torino date le sue ultime prestazioni in rossonero. Il giocatore rischia di diventare insostituibile, da decidere quindi ancora quanto valga la Juventus senza Pirlo: lo scorso anno il Milan è riuscito a vincere il derby e lo scudetto senza Ibrahimovic. Il campionato italiano si vince da sempre con la panchina, ma la panchina dei bianconeri è pressochè la stessa che lo scorso anno ha colto l’ottavo posto con pochi rinforzi ancora non all’altezza. Attenzione a dare la Juve tra le candidate al titolo troppo presto: Ciro Ferrara due anni fa partì con quattro vittorie consecutive e finì con un esonero due mesi dopo. Non mi convince nemmeno il Napoli messo in campo contro il Milan B di domenica sera, sia per la mentalità da provinciale fatta vedere con giocatori come Lavezzi che hanno simulato dal primo al novantesimo (emblematica l’azione al 20′ del primo tempo quando il Pocho cade tenendosi la gamba, salvo rialzarsi appena il pallone torna in possesso della propria squadra). Il Napoli parte con una rosa inferiore a 4-5 squadre e un pesante impegno infrasettimanale, la sua permanenza in testa è legata proprio a questo e all’onda dell’entusiasmo che li sosterrà finché saranno in alto, tradotta negli arbitraggi casalinghi al San Paolo che hanno già fatto e faranno la differenza.

Delude anche il Palermo di Mangia, seppur con l’attinente di una partita al limite dell’impraticabile sotto il temporale di Bergamo, mentre si conferma l’Udinese vincendo 2-0 la gara casalinga con la Fiorentina: prima a sei punti insieme a Cagliari (2-1 contro il Novara), Juventus e Napoli. Meglio dello scorso anno, quando fece un avvio da dimenticare che gli costò uno dei primi tre posti. A un punto Inter e Roma, nello 0-0 di San Siro con evidenti passi avanti fatti intravedere dalla squadra di Luis Enrique nonostante sia l’Inter a rischiare nel finale di vincerla. Due allenatori che rimangono sulla via dell’esonero nonostante si trovino agli stessi punti di quello campione d’Italia Allegri che nessuno ha pensato minimamente di mettere in discussione dopo Napoli. Eppure, sono andato a risentirmi il video di Federico Buffa, di cui il sottoscritto si sente personalmente orfano a causa dell’abbandono di Sky Calcio Show dopo la prima, straordinaria, puntata. Video che tanto fece scalpore dopo Palermo, video in cui è possibile trovare molte analogie tra quella partita e quella di ieri: evidentemente la lezione non è stata imparata. Milan a un punto, come Inter e Roma. Verrebbe da dire, in questo campionato ancora tutto da delineare: mal comune, mezzo gaudio.

Inguardabili

Cavani, onore al merito

Scriverei un postpartita più lungo, ma in tutta onestà, vista la prestazione di oggi, non ne ho voglia. Delle volte vorresti anteporre la ragione prima di tutto, ma il contesto in cui vedi la partita, la constatazione di quello che sta succedendo e una serie di sfortunati eventi da fare invidia a Lemony Snicket non aiutano certo. Mi ero approcciato alla partita con ben altro stato d’animo, convinto di non avere il gramo compito di scrivere un funerale. Ma poi, alla fine del nono rintocco delle ventuno, avevo già capito tutto. E predisposto l’animo.

Ci sono tre cose che sono vere e che condivido, ma che non voglio sentire come giustificazione. La prima è l’arbitraggio troppo casalingo [ma sappiamo com’è là l’ambiente]. La seconda è Cavani. Già, è fortissimo, un campione, ma in quanto Milan abbiamo il dovere morale di fermarlo. La terza è l’atteggiamento falloso degli azzurri, ma conoscendo bene il loro presidente non mi stupisco più di niente. La quarta sono i tantissimi infortunati. E non nego che abbiamo bisogno come il pane di Ibrahimovic, e che forse con lui avremmo potuto perfino pareggiare.

Ma non possiamo permetterci una prestazione difensiva tanto terribile. In tre gare abbiamo subito quanto in 19 la stagione scorsa, e Nesta e Thiago Silva sembrano i gemelli pippe che tengono segregati i loro fratelli in una cantina. Non possiamo permetterci, pur se manca Ibra, di sbagliare certe occasioni, di fornire in un solo giorno più materiale alla Gialappa’s che in tutta la scorsa stagione. Non possiamo permetterci di venire fisicamente surclassati da una squadra che ha un giorno di riposo – e ci ricordiamo tutti i lamenti di De Laurentiis – in meno di noi. E soprattutto, qua c’è una terza persona ben diretta, non si può permettere di obbedire ai diktat imposti dall’alto.

Qualcosa di positivo? Il solito Abate, che con la sua azione a destra sopperisce al vuoto pneumatico sulla fascia sinistra rallentante la manovra. Un Aquilani che scatta, smanioso e bramante di dire al mondo ma soprattutto a se stesso di essere lui, il Mister X tanto cercato per mesi. Ma poco altro. E proprio quando meno è utile, il turno infrasettimanale. Speriamo che passi presto, questo grande incubo.

NAPOLI-MILAN 3-1
11′ Aquilani (M); 13′ Cavani (N); 36′ Cavani (N); 51′ Cavani (N)
Napoli (3-4-2-1): De Sanctis 7; Campagnaro 6,5, Cannavaro 6,5, Aronica 6; Maggio 7, Inler 6,5, Gargano 7, Dossena 6 (79′ Zuniga 6,5); Hamsik 6 (64′ Dzemaili 6,5), Lavezzi 6,5 (82′ Pandev sv); Cavani 8,5. A disp.: Rosati, Fernandez, Santana, Mascara. All.: Mazzarri.
Milan (4-3-1-2): Abbiati 5,5; Abate 5,5, Nesta 5,5, Thiago Silva 6, Bonera 5 (65′ Antonini 5,5); Nocerino 5,5, Van Bommel 4,5 (65′ Emanuelson 5,5), Seedorf 5; Aquilani 6 (77′ El Shaarawi sv); Pato 5, Cassano 5,5. A disp.: Amelia, Yepes, Taiwo, Valoti. All.: Allegri.

Scudetto con emergenza

https://i0.wp.com/static.fanpage.it.s3.amazonaws.com/calciofanpage/wp-content/uploads/2011/09/Biglietti-Napoli-Milan-2011-20122-300x199.jpg?resize=300%2C199San Paolo, 20.45. Flamini, Robinho, Ibrahimovic, Mexes, Inzaghi, Boateng, Gattuso, Ambrosini. Siamo solo alla terza partita dell’anno ma sono già otto gli infortunati nell’andata dello scontro scudetto, già alla terza giornata, che andrà in scena stasera a Napoli. Fossimo un altra squadra si sarebbero già sprecati i titoloni sull’emergenza infortuni, ma gli eroi del camp Nou hanno altro a cui pensare. Partita che collocata nella stessa giornata di Inter-Roma manifesta un ideale passaggio di consegne tra le due squadre più in forma nell’era calciopoli e il meglio del calcio del momento. Una vittoria oggi spezzerebbe le gambe ai partenopei dando un colpo duro ad un morale alle stelle per aver ripetuto il risultato dell’ottava in classifica dello scorso anno in casa del Manchester City. Sarà durissima non solo per gli infortuni ma perché da sempre quando si va giocare al San Paolo non può mai essere solo calcio, con quel pubblico che tenta di intimidire in tutti i modi – leciti e non – l’operato del direttore di gara. L’anno scorso venne convalidato un gol a Lavezzi nonostante un fallo, due anni fa nella rimonta venne trasformato un rigore netto su Pato in un fallo fuori area. Attenzione.

FORMAZIONE – Un solo cambio nella linea difensiva che ha concesso a Messi e compagni un solo tiro nell’area di rigore. Fuori Zambrotta che partirà dalla panchina e dentro Antonini che torna titolare dopo la gara con la Lazio. A centrocampo dovrebbero essere confermati i due nuovi acquisti Nocerino e Aquilani davanti al punto fermo Mark Van Bommel con Seedorf ad agire dietro le due punte: Cassano e Pato. Potrebbe tuttavia esserci spazio per El Sharaawy in corso d’opera. Dalla parte Napoletana pende l’incognita Lavezzi – a mio parere tutta pretattica. L’argentino sarà in campo dal 1′ di fianco a Cavani nel 3-4-2-1 di Mazzarri. Una vittoria ci porterebbe di nuovo davanti ai Napoletani e farebbe, soprattutto, tanto morale. Secondo Allegri il gruppo ha mostrato la sua qualità: chiunque va in campo riesce a tenere alto il rendimento della squadra. Ed è forse questa la chiave per ottenere successi a lungo termine almeno in italia: una panchina lunga su cui pochi possono contare che dà ricambi all’altezza.

MAZZARRI, WELCOME BACK – Non bastassero le fughe di De Laurentis in motorino, da parte napoletana la buona applicazione del detto chiagn’e fuott. Vittima questa volta – pare – addirittura la UEFA il cui computer calendarizzando Milan – Barcellona di Martedì ha concesso ai rossoneri un giorno in più di riposo. In fondo a questi livelli tra grandi squadre non ci dovrebbero essere problemi – ma il Napoli è una grande squadra, o almeno, lo vuole diventare?

Interferenze tecniche. Il caso Cassano e non solo.

"Gioca lui"

La storia del Milan è il 4-3-1-2. Abbiamo sempre schierato due punte e giocheremo così anche questa sera, Cassano sarà in campo. E’ il diktat presidenziale di Galliani, ore 15 che cambia completamente i piani di Allegri per il Barcellona. Se si pensava di giocare con il 4-4-1-1 con Ambrosini, Boateng, Nocerino e Van Bommel a supporto di Seedorf solo dietro Pato, gli ordini dall’alto non si discutono, si eseguono. Cassano al Camp Nou risulterà l’unico neo di formazione, incapace di dare supporto e di rilanciare l’azione in fase di non possesso. Continuo a pensare che gli imprescindibili in questa formazione siano soltanto due: Robihno e Boateng. Non a caso finché il Ghanese è rimasto in campo il Milan al Camp Nou si è procurato le quattro occasioni più nitide della sua gara fino al famoso corner di Thiago Silva: il gol di Pato, Pato lanciato a rete fermato per fuorigioco, Pato lanciato a rete che viene chiuso perché sbaglia il controllo e Boateng che spara alto.

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4-4-1-1: una occasione persa?

Il risultato è stato comunque quello di una difesa alta, che non voglio chiamare catenaccio o paragonarlo a quello di Mourinho per due semplici motivi: il primo è che il Milan in questa situazione ci si è trovato segnando subito e volendo mantenere il vantaggio lasciando due uomini sulla linea dei difensori mentre quello dell’Inter era premeditato, non lasciando mai nessuno in tale posizione; il secondo è che con tale formazione il Milan è riuscito a bucare due volte la loro difesa mentre Mourinho in 180′ al Camp Nou non aveva non solo mai pareggiato ma nemmeno segnato un gol con l’Inter. Se è stata una versione di catenaccio lo è stata rivedendo e correggendo gli errori lasciati dal portoghese, tanto è vero che il Barcellona ha segnato su una distrazione individuale (Zambrotta che battezza fuori il pallone) e su una punizione inesistente. Rimane comunque l’idea di una presidenza che abbia imposto dall’alto un modo di giocare (lo stesso Galliani aveva annunciato nel Week-end che il Milan avrebbe provato a fare la partita) che poi si è rivelato infruttuoso data la prestazione di Cassano. Non dico che con il 4-4-1-1 avremmo vinto la partita, ma se la fase di non possesso difficilmente poteva peggiorare con un modulo che consente maggior copertura, certamente non poteva non migliorare la fase di possesso palla togliendo dal campo il peggiore della gara. Gara sulla quale vorrei lanciare una provocazione al sig. Rosell: invece di lavorare tutta l’estate per portare un doppione di Xavi in maglia blaugrana, sarebbe stato meglio si fossero cercati un terzo difensore centrale dopo aver perso Milito (non il fratello scarso dell’inter, quello originale) a parametro zero. A dire la verità un tentativo era stato fatto chiedendo al Milan proprio Thiago Silva in cambio del via libera sull’operazione Fabregas, ma dopo l’ennesima prestazione monstre di quello che va sempre più vicino ad essere il miglior centrale al mondo, coronata dal gol del pareggio, la risposta di Galliani – tenetevi Fabregas e tutto l’Arsenal – appare sempre più appropriata.

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Storie di Calcio: Juventus – Liverpool 1-0 (1985)

https://i0.wp.com/4.bp.blogspot.com/_P0wrObPyHow/TABVOpkngiI/AAAAAAAACfA/yx9fiqiVZvQ/s1600/heysel+gazzetta.jpg?resize=223%2C30629 Maggio 1985, stadio Heysel. Va in scena in Belgio la finale della 30° coppa dei Campioni e va in scena nella capitale Bruxelles nel vecchio stadio Heysel: una designazione che fu criticata da entrambe le finaliste per le condizioni fatiscenti in cui versava la struttura che non veniva ristrutturata da ormai dieci anni. I tifosi erano presenti in tribune separate, ma alcuni tifosi della Juventus, organizzatosi comprando i biglietti autonomamente, erano collocati nella tribuna Z, separata solamente da una rete metallica.

I fatti sono noti a tutti: un’ora prima del calcio d’inizio i tifosi inglesi provarono a simulare la carica per spaventare i tifosi Juventini. Il precedente con gli italiani era infatti fresco e risalente alla finale di Roma dell’anno prima quando i reds vennero aggrediti prima e dopo la finale dell’olimpico da un gruppo di romanisti. Proprio credendo che in Italia il tifo organizzato fosse tutto uguale e violento nello stesso modo, stando alle dichiarazioni degli arrestati, si organizzarono per la vendetta l’anno successivo studiando attentamente le vie d’accesso allo stadio. Fu questa incomprensione, oltre alla fatiscenza della struttura, il principale motivo della tragedia.

A dire la verità gli inglesi non avevano nemmeno intenzione di aggredire ma solamente di simulare l’aggressione con una pratica molto frequente nelle terre oltremanica ma sconosciuta in Italia che ebbe il suo peso nella tragedia. L’errore principale fu però legato alla non conoscenza della collocazione dei tifosi: nel famigerato settore Z erano infatti perlopiù famiglie, mentre, come già detto a inizio post, il tifo organizzato era dall’altra parte dello stadio. Con la polizia belga che impediva l’ingresso in campo gli italiani per sfuggire all’orda rossa scapparono verso il muro che li separava dalle tribune il quale crollò a causa dell’enorme pressione. Molte persone scapparono quindi dove poterono, altre rimasero schiacciate e solo mezz’ora dopo arrivò un battaglione di polizia a ristabilire la calma. I morti furono 39, di cui 32 italiani.

Ma la vera vergogna arrivò quando ormai le acque si erano calmate, con la UEFA che decise di far disputare comunque la gara per motivi di ordine pubblico. E fu una partita finta, pro-forma, preconfezionata, con un rigore assegnato due metri fuori area (dato che per ovvi motivi non si poteva permettere che vincesse il Liverpool dopo quanto successo). Platini, non un omonimo, ma l’attuale presidente UEFA segnò ed esultò proprio sotto quel settore dove 39 persone avevano perso la vita poche ore prima. La coppa non fu alzata al cielo in campo, ma fu alzata comunque davanti a tifosi festanti all’aeroporto di Caselle. Nel corso di questi 25 anni Trapattoni ha ammesso che quella coppa doveva essere riconsegnata, Boniek non ritirò mai il premio partita. Eppure oggi è lì, nella bacheca del nuovo stadio come se fosse una coppa come le altre. Di fianco ai presunti 29 scudetti. La coppa di cartone, macchiato di sangue.

LIVERPOOL-JUVENTUS 0-1
MARCATORI: Platini rigore 57
LIVERPOOL: Grobbelaar, Neal, Beglin, Lawrenson (Gillespie 3), Nicol, Hansen, Dalglish, Whelan, Rush, Walsh (Johnston 46), Wark. – Allenatore Fagan
JUVENTUS: Tacconi, Favero, Cabrini, Bonini, Brio, Scirea, Briaschi (Prandelli 84), Tardelli, Rossi P. (Vignola 89), Platini, Boniek. – Allenatore Trapattoni
ARBITRO: Daina (Svizzera)

Destinazione Monaco – 4° puntata: Hanno perso la trebisonda

Gli stiamo dovendo tante gioie: grazie Gasp!

Tre su tre. Facile a dirsi, difficile a immaginarsi questo meraviglioso ruolino di tre sconfitte consecutive su tre impegni ufficiali della grande Inter di Gasperini. Con quella meravigliosa e azzeccatissima difesa a tre, quella giusta assenza di trequartisti che sicuramente non servono a questa grande squadra, con un attacco che pur senza l’unico giocatore a segnare l’anno scorso resta fortissimo, l’Inter, dopo la prevedibile sconfitta col Milan e il comprensibile rovescio col Palermo, perde 1-0 col Trazbonspor. Per capirci, la squadra dell’antica città turca di Trebisonda. Città presente da sempre nei libri di storia e da oggi nei nostri cuori. Squadra che peraltro va in testa al gruppo, pareggiando il CSKA Mosca in extremis col Lille.

Stella del Trazbonspor Robert Vittek, giustiziere dell’Italia agli scorsi Mondiali. Non è però lui a costringere la seconda squadra di Milano a scavare da in fondo al barile: ma Ondrej Celutska, misconosciuto difensore ceco proveniente dallo Slavia Praga. Come a segnare il fil rouge che lega tra di loro le grandi prestazioni dell’Inter, Celutska ha passato sei mesi proprio al Palermo: giocò un quarto d’ora, giusto per infortuni nel suo ruolo. Ma tant’è. Nomi a parte, è comico comunque come le prendano da una squadra che fino a poco prima del sorteggio non era nemmeno certa di essere ammessa: rosicheranno anche per questo? Già sento che si schiariscono la gola, che si sgranchiscono le dita, che pigiano sulle tastiere. Fa rumore, il mourinhiano rumore dei nemici.

Già questo potrebbe bastare e lasciarci ampiamente soddisfatti, ma c’è anche altro da raccontare. Inizio dal gruppo A, quello del Napoli: i piangina più forti del Meridione, dopo un primo tempo sulla difensiva, si svegliano e dopo tante occasioni segnano con Cavani al ’70 [segna quando non serve e non quando mi serve per questioni fantacalcistiche, ndr]. Ma dopo sei minuti, in uno dei pochi sussulti dei Citizens nel secondo tempo, pareggia con l’ex laziale Kolarov. Il Napoli attacca, ma, nonostante le cappellate di Hart e soci, il risultato rimane stabile in pareggio. La testa del girone A viene così presa dal Bayern Monaco, con un facile 2-0 in trasferta sul Villarreal: gol di Kroos e di un Rafinha gemello forte della pippa vista a Genova.

Per concludere le gare del mercoledì, altra sorpresa arriva dal girone C: il Basilea sconfigge l’Otelul Galati, ma quel che colpisce è il pari 1-1 al Da Luz tra Benfica e Manchester United: gol dei Red Devils segnato dal solito, immenso Giggs, in gol per la 15° Champions su 17 disputate (pareggiato il record di Raul). Girone D che vede, in una giornata mediamente profilica, un solo gol: lo fa il Real Madrid, che con Di Maria batte a Zagabria la Dinamo. Unico 0-0 del giorno, l’incontro tra Ajax e Lione.

Ritorno al martedì: gruppo E con Chelsea che batte facilmente 2-0 il Bayer Leverkusen, con Torres che ancora non segna ma serve, agendo in maniera cauta, l’assist vincente per il secondo gol di Mata. Nell’altra partita dell’E il Valencia è fermato dalla sfortuna sullo 0-0, unico del martedì, in casa dei belgi del Genk. L’equilibrato gruppo F vede il Marsiglia imporsi 1-0 a casa dell’Olympiakos, mentre il Borussia Dortmund acciuffa in extremis l’Arsenal che in Germania si era portato in vantaggio con Van Persie. Concludo col gruppo G, l’unico insieme all’H a non presentare una classifica del tipo 3-1-1-0, che ha offerto una grande sorpresa: non certo la prevista vittoria per 2-1 del Porto sullo Shakhtar, ma il successo in rimonta, con due gol in un minuto, dell’Apoel sull’imballato e forse più concentrato sul titolo russo Zenit di Spalletti. Vittoria comunque storica dei ciprioti.

Solamente 32 gol – media esatta di 2 a partita – in questa giornata, contro i 44 della prima giornata dell’anno scorso: si segnala soprattutto l’assenza di goleade. E, faccio notare ai gufi/rosiconi/pseudoanalisti vari che dicono che il Barça all’inizio stecca sempre, contro il Panathinaikos quella giornata vinsero per 5-1. Ma non conta ora: ciò che conta è essere soddisfatti. E penso possiamo esserlo.

La beffettona

Thiago Silva, tra i migliori in campo ed indubbiamente eroe di giornata

Contentissimo di questo pareggio in trasferta, un po’ meno per come è arrivato. Sappiamo tutti che non ci possiamo sempre permettere di lasciare campo solo agli avversari dal quinto all’ottantacinquesimo minuto. Ma sappiamo anche che squadra sono loro e soprattutto quanto sia difficile persino prendersi un solo punto. Un punto, considerate le figuracce al Camp Nou delle squadre con cui ce la giochiamo in campionato, che non può che soddisfarci contro la squadra ora più forte del mondo. Squadra che, peraltro, ha fatto persino turnover nella scorsa giornata: chissà, non ci avessero riservato questo grande onore.

Contentissimo di vedere quanto ci voglia poco, un respiro, un battito di ciglia, per zittire i gufi, per strozzare i cori in gola al più caldo stadio del mondo: diciassette secondi, Nocerino serve Pato; diciannove secondi, Pato si beve Mascherano e Busquets; ventiquattro secondi, Pato scocca il tiro; venticinque secondi, Valdes vede inerme la palla insaccarsi. Zittiti i gufi, irriso un Barça che cercava di farsi beffe di noi mettendo sulla linea difensiva a quattro solo un vero difensore di ruolo (il pericoloso Dani Alves). Facile facile, ora sembra ovvio il catenaccio. Qualche sussulto nei minuti successivi, tra cui un Pato fermato in inesistente fuorigioco mentre era lanciato in porta, poi tanto, troppo blaugrana (come dirà il 75% a 25% nel possesso palla). Segna Pedro, ma non facciamoci illusioni sulla sua prestazione: non ha fatto poi tanto se non essersi trovato là ad un metro dopo una gran giocata di Messi (sola occasione in tutta la partita in cui sono entrati in area palla al piede). Fine della prima frazione, Boateng fuori per un colpo al fianco.

Contentissimo del primo tempo, pressing alto e spesso blocchi della tiki-taka blaugrana, contropiede e anche qualche pericolo, meno contento del secondo. Trentacinque minuti di squadra nella propria area, con l’apogeo arrivato in realtà non dopo molto tempo: Busquets fa quello che sa fare meglio – buttarsi e simulare dolore e disperazione tali a quelle dell’Achille colpito al tallone -, Villa fa un gran gol. Incolpevole Abbiati, anzi niente male stasera. Uscito l’affaticato Cassano, il Milan a una punta inizialmente nei progetti di Allegri inizia a macinare qualcosina, soprattutto sulle palle inattive.

Contentissimo, infine, che la profezia del buon Matto si sia avverata: “Nel calcio non si può mai dire mai – cito a naso – metti ad esempio un colpo di testa su calcio d’angolo”. Così è, minuto 92. Pieno recupero, si torna a sentire la torcida: Abidal fa una cappellata, non protegge bene un pallone giocato da Nocerino e c’è calcio d’angolo. Batte Seedorf, un istante al contempo breve e lunghissimo, Thiago Silva, gol. La beffettona, l’ha chiamata Pellegatti. Venti secondi inutili e poi il fischio finale. L’uscita dall’inferno, la fine della sofferenza contro una squadra ben più forte e rodata: siamo stati italiani. Catenacciari, contropiedari, cinici. Non è bello. Ma non deve essere bello, dev’essere efficace. Così è stato.

BARCELLONA – MILAN 2-2
1′ Pato (M), 36′ Pedro (B), 50′ Villa (B), 92′ Thiago Silva (M)
Barcellona (4-3-3): Victor Valdes; Dani Alves, Busquets, Mascherano, Abidal; Keita (67′ Puyol), Xavi, Iniesta (39′ Fabregas); Villa (84′ Afellay), Messi, Pedro. A disp.: Pinto, Adriano, Maxwell, Thiago. All. Guardiola
Milan (4-3-1-2): Abbiati; Abate, Nesta, Thiago Silva, Zambrotta; Nocerino, van Bommel (33′ Aquilani), Seedorf; Boateng (33′ Ambrosini); Pato, Cassano (62′ Emanuelson). A disp.: Amelia, Yepes, Bonera, Antonini. All. Allegri
Arbitro: Atkinson (Inghilterra)

L’ALTRA PARTITA: pareggio tra Bate e Viktoria a Praga (stadio di Plzen troppo piccolo), gol del centravanti Bakos e di Renan Bressan. Mi sa che entrambe hanno perso l’occasione di mettersi, per una giornata, in testa al girone di due grandi d’Europa.

GODO

Un fuorigioco inventato a Pato lanciato in porta sull 1-0.

Una simulazione di Busquets, e una punizione inesistente che porta al gol del 2-1.

80% di possesso palla sterile. Un solo tiro in porta dall’area, quello del Gol.

E tanta, tanta goduria quando Thiago la mette alle spalle di Valdes.

Ai gufi, rossoneri e non, un bel sucate.