La stagione è appena iniziata, ma nonostante questo tante sono le perplessità attorno all’odierno Milan. Ci troviamo di fronte a una squadra competitiva in termini di terzo posto in campionato e ottavi di Champions League, rinforzata dalla campagna di mercato estiva ma non significativamente migliorata, una squadra che, soprattutto, non riesce ancora a trovare una propria concreta quadratura in termini tattici. Comincio a credere, infatti, che il modulo appena reintrodotto dal diktat presidenziale, che prevede il trequartista dietro alle due punte con centrocampo a tre, non sia una strada credibile e praticabile per l’attuale rosa di giocatori.
Il discorso è semplice: una squadra dovrebbe, per vincere le partite e perché no i trofei, valorizzare i propri punti di forza cercando di esporre il meno possibile i propri punti deboli. Detto questo, trovo assolutamente inutile, oltre che dannoso, insistere nel costruire l’azione partendo dalla mediana: i giocatori in rosa, con l’eccezione del solo Montolivo e forse, forse, del nuovo arrivo Andrea Poli, non sono adeguati a questo tipo di gioco, essendo tutti centrocampisti di quantità piuttosto che di qualità. A questa scelta compiuta dall’allenatore, nelle prime stagioni era stato affiancato uno stile di gioco rapido e verticale, in modo tale da innescare rapidamente un attaccante come Ibrahimovic capace di decidere da solo le sorti di una partita. Il Milan di due anni fa basava il proprio gioco attorno al centravanti svedese, giocando per lui in verticale, avendo pertanto uno stile di gioco chiaro e definito. Con la cessione dello svedese questa idea di gioco si è dissolta, rattoppando qua e la con un improvvisato 4-3-3 e capitalizzando al meglio l’arrivo di Mario Balotelli. Ad oggi, la situazione non sembra minimamente cambiata: escludendo la partita contro il PSV, sembra che i giocatori del Milan si siano incontrati per caso a Milanello qualche giorno fa, come se non si fossero mai visti in faccia l’un l’altro. Niente schemi, niente organizzazione, niente gioco. Il reparto offensivo, in realtà l’unico significativamente, o almeno questo lo deciderà il campo, rafforzato dagli arrivi di Matri e Kakà, rappresenta il punto di forza di questa squadra, a cui si aggiunge, a mio parere, un pacchetto di esterni sottovalutato. Credo che, ripartendo da questi due capisaldi, si possa costruire qualcosa di buono. Come fare?
Tra tanti, il primissimo esempio che mi viene in mente, probabilmente perché più recente, riguarda il Brasile fresco vincitore della Confederations Cup; il 4-2-3-1 attuato da Felipe Scolari si è rivelato lo schema ideale per esprimere al meglio le potenzialità della squadra, ma soprattutto per mettere in pratica una chiara e ben precisa idea di gioco. Esterni bassi rapidi e offensivi, difesa protetta da Paulinho e Fernandinho o Luiz Gustavo, giocatori rocciosi capaci di spezzare il gioco pur non essendo dotati di tecnica divina, esterni offensivi leggeri e molto dotati tecnicamente, il tutto coronato da una punta d’area, Fred, che ha il compito di finalizzare l’azione. Il gioco del Brasile era molto semplice: l’azione partiva dai centrali, Thiago Silva e David Luiz, che cercavano con lanci lunghi gli esterni alti oppure, preferibilmente, scaricavano per gli esterni bassi, che a loro volta triangolavano con i mediani per poi sganciarsi in incursioni offensive. I mediani, in pratica, avevano solamente il compito di spezzare l’azione, senza quasi mai doverla effettivamente impostare. Ovviamente il Brasile qualitativamente è di un altro livello, ma il loro stile di gioco credo che sia perfettamente emulabile dalla rosa attuale di giocatori: Abate e De Sciglio hanno le qualità necessarie per sganciarsi più frequentemente in attacco, e i molti giocatori di quantità in mediana sarebbero sgravati dal compito di iniziare l’azione. Inoltre, questo tipo di gioco avrebbe altri importanti conseguenze: Balotelli, arretrato immediatamente dietro alla prima punta, avrebbe tutta la libertà necessaria per svariare e provare diverse soluzioni da più posizioni, senza essere limitato in area di rigore, ed El Shaarawy potrebbe riprendersi la maglia da titolare largo a sinistra.
Quello del Brasile è un esempio come altri ma, al di là del modulo in sé, credo che abbandonare le sterili verticalizzazioni a favore di un gioco più esteso ed articolato sulle fasce possa essere una buona soluzione, coprendo bene il campo e sfruttando al massimo tutte le risorse che la rosa mette a disposizione. La buona sorte ci è stata favorevole contro Torino e Celtic, possiamo sperare sia così anche contro il Napoli, ma continuare a non giocare a calcio per il resto della stagione potrebbe avere conseguenze disastrose sull’esito finale; il campionato è competitivo, le rivali agguerrite, non possiamo permetterci errori. La cosa che più manca a questa squadra è un’idea di gioco concreta e praticabile: la mia era solo una proposta, poco più che un vaneggiamento, ora la palla passa all’allenatore, a lui l’arduo compito di proporre qualcosa di nuovo, di trovare il bandolo della matassa e finalmente riuscire vedere la luce in fondo al tunnel. Sempre che ne sia veramente capace.