Oriundi si, oriundi no

Una volta tanto la polemica della settimana non è scaturita da qualcuno appartenente alla sfera Milan: è stato infatti Roberto Mancini a far scattare la discussione dopo le sue dichiarazioni. “Penso che un giocatore italiano meriti di giocare in nazionale, mentre chi non è nato in Italia, anche se ha dei parenti, credo non lo meriti. E’ la mia opinione”, queste sono le dichiarazioni dell’allenatore dell Inter. Non so se lo abbia fatto per nascondere un po’ la sua misera media punti alla guida dell’Inter (inferiore a quella di Mazzarri e con gli stessi punti del bistrattatissimo Inzaghi durante lo stesso periodo), ma è una discussione che merita un approfondimento.

Innanzitutto c’è una questione puramente giuridica. Non sono un principe del foro, ma se un calciatore è in possesso di un passaporto italiano ha il diritto di essere chiamato a difendere la maglietta della nazionale e il dovere di rispondere (nel caso in cui non si infrangano le normative FIFA). Fare delle norme ad-hoc per impedire che questo tipo di convocazione sarebbe prima di tutto in problema di discriminazione. Certo, c’è il problema dei passaporti dati con troppa nonchalance, ma questo è un altro problema. Se sembra strano che a Potenza Picena (15mila abitanti) abbia dato i natali ai trisavoli di Gabriela Sabatini, Mauro Germán Camoranesi e Cicinho, magari bisogna cambiare le regole su come si danno i documenti, non sulla convocabilità in nazionale.

Il secondo è un discorso sportivo. Ammetto di avere una visione un po’ liberale della faccenda, ma per me sia Vázquez che Eder hanno tutto il diritto di essere chiamati in nazionale se il CT Conte lo ritiene necessario. Per Vázquez il problema non dovrebbe nemmeno porsi, sua madre è padovana quindi anche chi ha una visione molto restrittiva della cosa dovrebbe prenderne atto. Eder invece gioca in italia dal 2005, quando aveva 19 anni, ingaggiato dal Brasile dall’Empoli per la sua formazione primavera. Si può dire quindi che Eder è un prodotto del sistema calcistico italiano, i suoi 10 anni di carriera tra serie A e serie B avvalorano questa tesi. I club italiani (Empoli, Brescia, Frosinone, Cesena, Sampdoria) hanno investito su di lui, facendolo giocare al posto di altri giocatori e diventando grandi nel nostro campionato. Il movimento calcistico italiano ha aiutato Eder a diventare grande, mi sembra normale che ora Eder aiuti la nostra nazionale a tornare grande.

Tempo fa, fu Arrigo Sacchi ad essere nell’occhio del ciclone per le sue affermazioni sull’abuso di giocatori di colore nelle giovanili. In molti lo accusarono di razzismo, ma per me non lo furono per nulla. Il suo, per me, voleva essere un discorso sulle giovanili che privilegiano giocatori prestanti a discapito di quelli piú tecnici. Quello per me è un problema grave: molti allenatori delle giovanili preferiscono fare qualche punto in più per provare a quadagnare una panchina tra i professionisti invece di curare la crescita tecnica di un giocatore magari meno dotato fisicamente.

Per me la nazionale si aiuta curando i settori giovanili (e negli ultimi tempi quello del Milan sta facendo le cose per bene) e non facendo delle polemiche sterili sul paese di nascita dei calciatori.

2 commenti

  1. Assolutamente d’accordo sul fatto che chi è italiano possa giocare in Nazionale. Chi dice il contrario non si capisce di cosa parli.
    Le regole sulla cittadinanza sono molto chiare e ben precise. Lo dico con cognizione di causa perché fa parte del mio lavoro. Comincerei col dire che quando si dice che Camoranesi, Cicinho, Sabatini da te citati, o anche Eder e Vázquez, sono cittadini “naturalizzati” italiani, è un errore grossolano. La “naturalizzazione” riguarda l’acquisto della cittadinanza italiana a seguito di un decreto del Presidente della Repubblica o della Prefettura e nella stragrande maggioranza dei casi è concessa per residenza (10 anni x gli extracomunitari, 4 per i comunitari) o per matrimonio con un cittadino/a italiano/a. Tutte le persone elencate hanno ottenuto un “riconoscimento” della cittadinanza italiana, il così detto “jure sanguinis”, ossia sono persone discendenti da famiglie il cui capostipite, nato ed emigrato dall’Italia, non aveva mai perso la cittadinanza italiana. La pratica viene espletata dal Consolato Italiano dove risiede la persona o dall’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di residenza in Italia con documenti originali tradotti e legalizzati dai Consolati.
    L’affermazione di Arrigo invece si riferiva proprio alla primavera dell’Inter che è zeppa di giocatori stranieri acquistati da altra società, ma che difficilmente avranno in futuro qualche possibilità di diventare italiani. Date un’occhiata alla rosa dei nostri inferiori e vi renderete conto. Il problema razziale se l’è inventato come sempre qualcuno che parla solo per far polemica.

    • sadyq il 25 Marzo 2015 alle 23:38

    Io non ci farei giocare nemmeno gli italiani. La nazionale l’abolirei del tutto!

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